Mafia - Tribunale - Parla Gianluca Manca, il fratello di Attilio
di Stefania Moretti
 Gianluca Manca, il fratello di Attilio |
 Attilio Manca, il medico trovato morto a Viterbo nel 2004 |
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– “Entro questa settimana il gip deciderà”.
E’ uno strano presentimento, quello di Gianluca Manca. Il fratello di Attilio, il medico 35enne trovato morto a Viterbo nel 2004, sente che la decisione del gip Salvatore Fanti è vicina.
Era il 16 luglio 2010 quando il giudice si riservò sulla terza richiesta di archiviazione della procura. Suicidio, sostiene il pm Petroselli. Omicidio, ribattono i Manca. E per mano mafiosa. Perché Attilio, per i familiari, aveva assistito all’intervento di Bernardo Provenzano a Marsiglia, quando il boss era ancora a piede libero. E questo aveva fatto di lui un testimone da eliminare.
Sono undici mesi che il giudice Fanti ci pensa su. Ma Gianluca è convinto che l’attesa sia quasi finita.
La sua è solo una sensazione. Ma è già molto per chi, come lui, ha passato sette anni a piangere il fratello senza sapere perché.
“Non ho mai avuto certezze, finora – racconta -. Ho sempre vissuto di emozioni e ho sviluppato una specie di sesto senso che, purtroppo, sbaglia raramente”. Gianluca sapeva che le indagini sulla morte del fratello sarebbero state lunghe. E così è stato. Sapeva anche che ci sarebbe voluto del tempo per sciogliere le riserve del giudice Fanti. E anche in questo, il suo sesto senso non lo ha ingannato.
Sono sette anni che lui e la sua famiglia “vivono di emozioni”. Esattamente dal 12 febbraio 2004. Il giorno in cui hanno saputo che Attilio era morto.
Succedeva a Viterbo. Il cadavere del giovane urologo viene trovato alle 11 del mattino, nell’appartamento in cui Attilio abitava, in via Santa Maria della Grotticella.
Era morto da circa dodici ore, per l’effetto combinato di tre sostanze: alcolici, eroina e Diazepam (il principio attivo del sedativo Tranquirit). Sul braccio sinistro, i segni di due iniezioni letali. Il pm chiede per ben tre volte che il caso sia archiviato come suicidio. Ma la famiglia obietta che Attilio era mancino e non poteva aver fatto quell’iniezione da solo. Né aver richiuso la siringa con il tappo salva-ago, dopo l’uso. Né essersi deviato il setto nasale, cadendo sul piumone in cui era riverso. Particolari che hanno convinto per due volte il gip Gaetano Mautone a riaprire le indagini. Ma ora il giudice è cambiato. E Gianluca teme che Fanti possa non avere gli stessi dubbi del suo predecessore.
“Il fatto che stia impiegando così tanto per decidere non depone a nostro favore – dichiara il fratello di Attilio -. Ho paura che Fanti stia prendendo tutto questo tempo solo per poter dire di aver studiato bene le carte e di non aver trovato nessun buon motivo per continuare le indagini”.
Un disincanto che gli deriva un po’ dal “sesto senso” sviluppato in questi sette anni. Un po’ dalla sua esperienza di avvocato, che sa bene che tempistiche così lunghe non preannunciano mai niente di buono. Tra tante sensazioni, comunque, resta una certezza: la famiglia Manca non si fermerà neppure davanti a un’eventuale archiviazione. “Ci ribelleremo ancora, se necessario – promette Gianluca -. E lo faremo nel nome di Attilio. Finché qualcuno non ci dirà precisamente come e perché è morto mio fratello”.
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