Inchiesta per tentata estorsione - La violentissima e incredibile invettiva contro i politici "nemici" attribuita, in una denuncia, al giornalista e direttore Paolo Gianlorenzo
 Piero Camilli |
 Francesco Battistoni |
 Paolo Gianlorenzo |
 Viviana Tartaglini |
|
– “Piero Camilli è un bastardo, un truffatore che ha fottuto ai nostri editori 250mila euro”. “Battistoni è un nostro nemico, però bisogna sta’ equilibrati perché ce po’ fa’ male”.
Così il direttore dell’Opinione di Viterbo e alto Lazio Paolo Gianlorenzo avrebbe definito il sindaco di Grotte di Castro e il consigliere regionale Pdl. Ma che quelle parole siano state davvero pronunciate da lui, al momento, è ancora da verificare e appurare da parte della Procura.
Questa è la versione del gruppo di giornalisti e collaboratori del foglio viterbese che, sul finire del 2011, ha denunciato Gianlorenzo e Viviana Tartaglini, legale rappresentante della cooperativa giornalisti e poligrafici.
I sei collaboratori dell’Opinione hanno sporto querela perché licenziati, dopo il rifiuto di accettare la drastica riduzione degli stipendi, prospettata nell’agosto 2011 da Gianlorenzo e Tartaglini. Entrambi attualmente indagati dalla Procura di Viterbo per tentata estorsione. E due delle potenziali vittime sono proprio Camilli e Battistoni.
Secondo quanto riportato nella querela del gruppo di redattori dell’Opinione, Gianlorenzo avrebbe apostrofato i due politici con espressioni pesantissime nell’assemblea dei soci dell’agosto 2011.
“Abbiamo trovato gente che abbiamo aiutato e supportato che ce lo ha messo bellamente nel culo, come quel figlio di puttana – avrebbe detto Gianlorenzo, stando alla denuncia –. Spero che possa morire presto non di morte naturale, ma l’ammazzasse qualcuno, tipo Piero Camilli che è un bastardo, un truffatore che ha fottuto ai nostri editori 250 mila euro. Imparate a conoscere i nostri nemici”.
Non basta. L’invettiva di inusitata violenza continua.
“Piero Camilli – avrebbe continuato il direttore del foglio locale denominato L’Opinione, sempre stando alla denuncia – è un bandito nostro nemico e se possiamo ammazzarlo e se qualcuno c’ha la possibilità di trovare qualcuno per ammazzarlo, portatemelo a me. Se ci troviamo in questa situazione è perché Piero Camilli c’ha truffato 200mila euro”.
Si arriva alle conseguenze.
“E io adesso – avrebbe concluso Gianlorenzo -, visto che lui s’è comportato così, che poi fondamentalmente un bandito lo so’ sempre stato ma me so’ sempre trattenuto, adesso gli vado a fare le pulci a Grosseto, dove a Grosseto si comporta come un bandito… cominciamo a trova’ tutto quello che c’è e cominciamo a vede’ chi so’ i nostri nemici”.
Una logica ferrea “amico/nemico”.
Più pacati sarebbero stati i toni riservati a Battistoni. Ma solo perché all’occorrenza avrebbe potuto tornare utile: “Battistoni è un nostro nemico, però, bisogna sta’ equilibrati perché ce po’ fa male – avrebbe spiegato il direttore -. Non possiamo prende i soldi delle pubblicità eventualmente dalla Regione”.
Discorsi dal contenuto incredibile, che i redattori attribuiscono a Gianlorenzo, ma che sono ancora al vaglio della magistratura inquirente.
L’annuncio del taglio degli stipendi sarebbe stato dato proprio durante quella stessa assemblea dei presunti attacchi a Camilli e Battistoni. Chi non si fosse allineato, raccontano i redattori, sarebbe stato licenziato.
In seguito, ai soci della cooperativa sarebbero stati mostrati documenti relativi a spese e pagamenti, tra cui una fattura da 18mila euro pagata per prestazioni e servizi all’Agenzia giornalistica Impero Gianlorenzo (nome padre del direttore dell’Opinione, ndr). Ma di quei servizi e prestazioni i sei redattori e collaboratori non avrebbero saputo nulla. Così come sarebbero stati ignari della “situazione economica disastrosa” della cooperativa. “Una mala gestio messa in atto in un contesto di illegalità diffusa (soci occulti, verbali falsi, firme false, minacce, bilanci depositati e mai approvati)”, secondo i querelanti, che il sostituto procuratore Massimiliano Siddi, titolare dell’inchiesta, dovrà accertare.
Nella querela in conclusione si chiede alla Procura di verificare la sussistenza di almeno tre reati: estorsione, truffa e falso ideologico e materiale.
La magistratura, però, almeno per il momento, ipotizza solo la tentata estorsione.
Intanto l’inchiesta va avanti e tutto lascia pensare che quella che emersa è solo la punta di un iceberg le cui dimensioni potrebbero essere di proporzioni non facilmente immaginabili.
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