Caso Manca - Le ha chieste l'avvocato dei familiari del medico - Udienza fiume, cinque ore in aula - La decisione spetta al gip
 Attilio Manca, l'urologo siciliano trovato morto nel febbraio 2004 nella sua casa a Viterbo |
 Il fratello di Attilio, Gianluca Manca |
 Gianluca Manca con l'avvocato Fabio Repici |
 L'avvocato Repici |
 Ugo Manca, cugino di Attilio |
 L'avvocato Bertolone, legale di Ugo Manca, esce dall'aula |
 L'avvocato Bertolone |
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(s.m.) – Due consulenze tecniche: una sull’impronta lasciata a casa di Attilio Manca dal cugino; un’altra sulle siringhe usate per iniettare l’eroina mortale.
A chiederle è l’avvocato Fabio Repici, nell’udienza fissata oggi a Viterbo per il caso Manca.
L’avvocato dei familiari del giovane medico si è opposto per la quarta volta alle richieste di archiviazione della procura viterbese. Il pm Renzo Petroselli vuole chiudere l’indagine sui cinque compaesani di Attilio: Ugo Manca, Angelo Porcino, Salvatore Fugazzotto, Lorenzo Mondello e Andrea Pirri, tutti originari di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). Ma i Manca non sono d’accordo.
Tra gli indagati, infatti, c’è anche il cugino dell’urologo, Ugo Manca, che lasciò una sua impronta in casa di Attilio. Proprio su quella traccia l’avvocato dei Manca chiede di fare chiarezza.
“E’ stata trovata in bagno, il locale più umido della casa, con i riscaldamenti a una temperatura elevatissima – spiega il legale -. Ugo Manca dice di averla lasciata quando è andato a trovare Attilio, due mesi prima che morisse e, quindi, nel dicembre 2003. La traccia, in pratica, si sarebbe conservata per due mesi. Una tesi inaccettabile secondo noi. Proprio per sgomberare il campo da ogni dubbio chiediamo una consulenza”.
L’altro accertamento richiesto è sulle siringhe con cui Attilio si sarebbe iniettato la dose letale di eroina. La procura le ha fatte analizzare dopo otto anni, quando le impronte non erano più rilevabili. “Che significa? – si chiede l’avvocato Repici – Che non ci sono mai state o che si sono cancellate nel tempo? La consulenza potrebbe rispondere a questa domanda. Anche se il pm si è detto disinteressato a chiarire questo aspetto”.
L’avvocato dei Manca parla di “indagine segnata da gravissime anomalie e buchi neri”. “La speranza – dice – è che il giudice voglia colmare questi vuoti e cercare la verità, magari in tempi brevi”.
L’udienza è andata avanti per oltre cinque ore, tra gli interventi di Repici, del pm e dei legali degli indagati. Identica la linea di difensori e pubblico ministero: non ci sono prove che gli indagati abbiano ceduto a Attilio l’eroina che lo ha ucciso il 12 febbraio 2004. Prove che la procura ritiene, invece, di avere a carico di Monica Mileti. Unica donna indagata. Unica romana. E unica destinataria di una richiesta di rinvio a giudizio.
Tra le altre richieste dei Manca, l’acquisizione di una serie di documenti: l’intervista di Ugo Manca a Chi l’ha visto; la testimonianza del dottor Ronzoni, primario di chirurgia urologica al Gemelli, sul mancinismo puro di Attilio; la relazioni dei carabinieri sugli incontri tra l’indagato Porcino e l’esecutore materiale dell’omicidio di Beppe Alfano; il decreto di condanna per falsa testimonianza di un conoscente di Attilio, che avrebbe dichiarato che l’urologo si drogava.
La decisione, ora, spetta al gip.
La morte di Attilio Manca
Il giovane urologo siciliano, in servizio all’ospedale Belcolle di Viterbo, fu trovato morto nella sua casa in zona Grotticella, a Viterbo, il 12 febbraio 2004. Aveva 35 anni.
A causarne la morte, l’effetto combinato di tre sostanze: alcolici, eroina e Diazepam (il principio attivo contenuto nel sedativo Tranquirit). Sul suo braccio i segni di due iniezioni.
La madre, il padre e il fratello di Attilio sono convinti che dietro la morte del giovane medico ci sia la mano della mafia. Attilio, infatti, potrebbe aver assistito all’intervento alla prostata al quale fu sottoposto Bernardo Provenzano, nella clinica di Marsiglia.
Il “capo dei capi”, uccidendo il giovane urologo, avrebbe potuto liberarsi dell’unico testimone italiano del “viaggio della speranza” che il boss compì in Francia nell’ottobre 2003. A rinsaldare la tesi dei Manca, l’improvvisa trasferta in Francia di Attilio, che sarebbe avvenuta proprio nell’autunno 2003.
Il pm Renzo Petroselli ha chiesto per tre volte l’archiviazione del caso, incontrando sempre la dura opposizione della famiglia Manca.
Alla terza richiesta, il gip ha archiviato la posizione di quattro indagati su dieci, ordinando il prosieguo delle indagini per gli altri sei: Monica Mileti, Ugo Manca, Angelo Porcino, Salvatore Fugazzotto, Lorenzo Mondello e Andrea Pirri.
L’inchiesta doveva proseguire non sul filone della mafia, ma su quello della droga, per accertare chi avesse ceduto l’eroina letale ad Attilio.
La procura, adesso, è intenzionata ad archiviare la posizione dei cinque uomini e rinviare in giudizio soltanto la donna, ritenuta la presunta pusher. Le accuse sono acquisto e illecita cessione di droga al medico e omicidio colposo, causato dalla dose iniettata.
Per la Mileti è già stato chiesto il rinvio a giudizio.
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