![]() Gianfranco Fiorita |
![]() L'avvocato Roberto Alabiso |
– “Io non so nemmeno se mio fratello è vivo o morto”.
E’ quanto ha dichiarato, di fronte al giudice Eugenio Turco, Rosanna Fiorita, sorella di Gianfranco, il dentista accusato di appropriazione indebita aggravata che, dopo aver fatto perdere le sue tracce da Viterbo il 14 ottobre del 2010, si troverebbe ora in Paraguay.
“Di lui non ho avuto più nessuna notizia dall’ottobre del 2010 – ha continuato la sorella del dentista durante l’udienza di ieri pomeriggio -. Proprio come tutti gli altri. Del resto, anche prima della sua scomparsa, i nostri rapporti non erano molto stretti. Ci sentivamo raramente e ci vedevamo soltanto quando ci incontravamo a casa dei nostri genitori”.
Sconosciuti alla sorella del professionista scomparso, anche i motivi che lo possano aver spinto a lasciare l’Italia e a sparire nel nulla. “Posso sicuramente affermare – aggiunge Rosanna Fiorita – che mio fratello era molto legato a nostra madre e le è stato vicino fino alla sua morte. Considerando che se ne è andato proprio poco dopo il lutto, immagino che fosse provato, depresso. Altro non so”.
In aula è stato ascoltato anche Sante Calisti, luogotenente della Finanza che, insieme alla squadra mobile, acquisì le denunce e la documentazione presentata dalle parti offese per poi consegnare il tutto ad Alessandra Basile, la consulente nominata dal pm Stefano D’Arma che ha stilato una perizia sul totale delle somme di cui, secondo l’accusa, Fiorita si sarebbe appropriato.
“Nel mucchio – ha spiegato Alessandra Basile – ci sono per la maggior parte i soldi ricevuti dai pazienti, ma anche i pagamenti di alcune forniture e dei tredici biglietti aerei previsti per il viaggio in Bolivia con un gruppo di colleghi con i quali poi Fiorita non è mai partito”.
Dopo la sfilata dei testi, tra cui anche alcuni pazienti del dentista che si sono ritrovati con i denti curati a metà e le rate dei finanziamenti accesi ancora da pagare, l’avvocato Roberto Alabiso legale di Gianfranco Fiorita ha presentato al giudice un’istanza di revoca della richiesta di custodia cautelare per il suo assistito.
“La custodia era stata richiesta due anni fa, il 5 febbraio 2011, dal gip Franca Marinelli – ha spiegato l’avvocato Alabiso -. In questo periodo, a mio avviso, sono decadute tutte e tre le motivazioni per le quali il mio assistito debba essere messo in carcere.
Le prove non può più inquinarle in quanto sono state tutte già raccolte dalla procura, che reiteri il reato mi sembra molto improbabile anche ammesso che torni in Italia e il pericolo di fuga ha poco senso visto che è latitante da più di due anni. Anzi, è più probabile che senza il mandato pendente, forse decida di tornare”.
La richiesta, alla quale il pm Stefano D’Arma si è opposto, è stata rigettata dal giudice Eugenio Turco che ha poi aggiornato l’udienza al prossimo 17 aprile quando saranno ascoltati come testimoni un’altra parte dei trenta, tra pazienti, ex soci e ordini professionali, che si sono costituiti parti civili nel processo.
Francesca Buzzi
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