L'unica indagata, Monica Mileti, davanti al gup per omicidio colposo per cessione di droga - Il fratello: "Inverosimile che sia stata messa sotto inchiesta"
di Stefania Moretti
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 Attilio Manca, il medico trovato morto a Viterbo nel 2004 |
 Il fratello di Attilio, Gianluca Manca |
Viterbo – Si apre un nuovo capitolo nella vicenda di Attilio Manca.
Il 13 gennaio 2014, alle 9,30, inizierà l’udienza preliminare per la morte del giovane medico siciliano. Unica imputata: Monica Mileti, 54enne romana. La sola per la quale la procura di Viterbo ha chiesto il rinvio a giudizio con l’ipotesi di omicidio colposo per cessione di droga.
Sarebbe stata lei, secondo gli inquirenti, a consegnare all’urologo la dose di eroina che lo ha ucciso il 12 febbraio 2004, nella sua casa a Viterbo. Un’idea che fa inorridire la famiglia Manca, impegnata da anni in una lotta per ottenere verità e giustizia per Attilio.
Inconciliabili le posizioni dei Manca con le tesi dei magistrati viterbesi.
Il giovane medico fu trovato con le siringhe iniettate nel braccio sinistro. Ma Attilio era mancino. I familiari parlano di “mancinismo puro”. Per la procura, invece, da esperto chirurgo quale era, Attilio Manca sapeva usare entrambe le mani. E poi, i tabulati telefonici, da cui non risultano le telefonate dalla Francia; le siringhe analizzate dopo otto anni; la rivelazione di un “messaggero” di Bernardo Provenzano che dice che il boss si nascondeva nell’alto Lazio e proprio Attilio potrebbe averlo visitato, magari dopo averlo operato in Costa Azzurra. Tutte “leggende metropolitane” per gli inquirenti viterbesi.
A Monica Mileti, i magistrati di via Falcone e Borsellino sono arrivati dopo quattro richieste di archiviazione che hanno ridotto gradualmente, negli anni, il numero degli indagati. Prima dieci. Poi sei, quasi tutti uomini, originari di Barcellona Pozzo di Gotto. Quasi tutti tranne Monica Mileti.
Proprio su di lei, alla fine, si è stretto il cerchio degli inquirenti. Ma i Manca non sanno neppure chi sia.
“L’ho conosciuta in questi anni, ma non l’ho mai vista di persona – afferma Gianluca Manca, fratello del medico siciliano -. Attilio non me ne aveva mai parlato. Piuttosto, è strano che a dettare la richiesta di rinvio a giudizio siano state le testimonianze di due personaggi ben poco affidabili: un imputato al processo Mare Nostrum, per mafia e droga, e un condannato per falsa testimonianza al processo sulla morte di Beppe Alfano. Solo loro e uno degli indagati barcellonesi, oggi archiviati, fanno il nome di Monica Mileti, come loro conoscente. Noi di lei non sappiamo nulla”.
La richiesta di rinvio a giudizio era praticamente un atto dovuto. Atteso dai Manca, come dagli avvocati della donna che, però, al momento, non hanno ancora ricevuto nulla.
La procura viterbese aveva chiaramente espresso la sua linea nel giugno 2012, durante la conferenza stampa indetta dal procuratore capo Alberto Pazienti: archiviazione per i cinque compaesani di Attilio (compreso il cugino Ugo Manca) e indagini avanti sulla presunta pusher che, infatti, aveva ricevuto, mesi fa, l’avviso di conclusione.
Il 13 gennaio dovrà presentarsi davanti al gup Franca Marinelli. E per il caso Manca inizierà una fase nuova, con il nuovo e illustre avvocato Antonio Ingroia.
“Restiamo convinti che ci sia ben altro dietro la morte di Attilio”. Gianluca Manca si riferisce alla mafia. A quella pista Provenzano rimasta inviolata e sulla quale tante volte la madre Angela ha richiamato l’attenzione. “Questa richiesta di rinvio a giudizio – continua il fratello di Attilio – potrebbe aprire la strada a un eventuale processo, nel quale, sicuramente, porteremo tutte le prove possibili a supporto della nostra tesi, per far emergere una verità giuridica solida e non falsata. Quanto alla posizione di Monica Mileti, anche dalle dichiarazioni che ha reso davanti agli inquirenti, mi sembra inverosimile che oggi rischi di finite sotto processo. Spero solo che questa donna non sia un capro espiatorio. Noi, come sempre, vogliamo solo la verità”.
Stefania Moretti
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