Viterbo – (s.m.) – Poteva arrivare fino a Berlusconi. O almeno così millantava.
La fantasia di Paolo Gianlorenzo andava forse al di là delle sue possibilità.
L’ordinanza che lo ha spedito in carcere mostra il ritratto di un uomo capace di far credere qualsiasi cosa. Persino di poter avere in pugno l’ex presidente del consiglio.
L’episodio è descritto in alcune delle 38 pagine dell’ordinanza del gip Rigato. Lo racconta Samuele De Santis, ex difensore di Gianlorenzo, indagato insieme a lui per estorsione nella stessa inchiesta.
Tra il giornalista e l’avvocato si ipotizza un sodalizio pensato per fare in modo che il primo procacciasse clienti al secondo. Un meccanismo di pressioni e intimidazioni che sembra ritorcersi contro lo stesso De Santis. Il 13 agosto l’avvocato va in procura a spiegare i risvolti inquietanti del suo rapporto con Gianlorenzo. Stando a quanto riportato dall’ordinanza, il giornalista “aveva preso a fare pressione su di lui (De Santis, ndr) affinché incontrasse un giornalista del quotidiano Il Tempo, cui raccontare la vicenda attinente a Natalini”.
Si tratta di Aldo Natalini, pm originario di Viterbo che lavora a Siena, nel pool di magistrati che indagano sullo scandalo Monte dei Paschi. E’ amico fraterno di De Santis dai tempi dell’università. Il 7 agosto “Il Giornale d’Italia” pubblica la notizia di un avviso di garanzia al magistrato nella stessa indagine sull’avvocato e il giornalista.
Dietro la pubblicazione di quell’articolo c’è Gianlorenzo, che a De Santis promette di alzare il tiro “nei confronti della procura della Repubblica di Viterbo e in particolare contro il pm titolare” Massimiliano Siddi, che lo indaga in tre fascicoli diversi, “a suo dire manovrato da noti esponenti politici di area centro sinistra che intendevano in qualche modo ostacolare le indagini condotte da Natalini in relazione alle vicende del Monte dei Paschi di Siena”.
L’obiettivo è “propalare notizie su Natalini per attaccare strumentalmente anche la procura di Viterbo”. Una macchina del fango più sofisticata di quelle per le quali Gianlorenzo è inquisito finora. Fango sul pm che lo indaga. Su un’intera procura. Sull’area politica a lui avversa.
E se si riesce a far passare il concetto che le toghe rosse pilotano l’indagine sull’Mps, la destra ringrazierà. Da quanto racconta De Santis, Gianlorenzo era convinto che “sarebbe stato opportuno fare in modo che della vicenda venisse a conoscenza l’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi cui, per contropartita, sarebbe stato chiesto un contratto di lavoro a tempo indeterminato presso una delle sue aziende e un contratto per la pubblicazione di un libro con la casa editrice Mondadori in favore di De Santis”. Da qui, i solleciti all’avvocato per scrivere una lettera a Berlusconi e spedirla nella sua residenza romana.
Il 10 settembre è già pronta una richiesta di arresto per Gianlorenzo. Ma il gip rigetta: a ricostruire l’episodio è De Santis, coindagato e, quindi, interessato a scaricare le responsabilità sul giornalista.
Il carcere per Gianlorenzo è solo questione di tempo. Due mesi e mezzo e per l’ex direttore di “Nuovo Viterbo Oggi” si spalancano le porte di Mammagialla.
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