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Viterbo – Prime scarcerazioni nell’ambito del blitz antidroga Babele.
Almeno in cinque sarebbero tornati a casa già ieri pomeriggio, autorizzati dal gip Franca Marinelli e su parere positivo del pm Paola Conti. Restano comunque agli arresti domiciliari.
Lo stesso pubblico ministero, titolare dell’inchiesta sullo spaccio a cielo aperto in centro storico, aveva chiesto la sostituzione del carcere con i domiciliari per alcuni indagati nei giorni scorsi. Merito dell’entrata in vigore della nuova normativa sugli stupefacenti, che per i fatti meno gravi prevede una pena massima di quattro anni.
Dalla tarda mattinata di ieri, hanno potuto lasciare il penitenziario femminile di Civitavecchia la 27enne dominicana Angela Hernandez Abreu e la 63enne viterbese Caterina Pierini. Quest’ultima era già stata arrestata a luglio: la finanza la trovò con un trolley pieno di cocaina. Più di un etto di polvere bianca con bilancini, sostanza da taglio e materiale per confezionare le dosi. Lei disse che la valigetta gliel’aveva lasciata il suo vicino di casa: Jonnathan Ysael Batista Cabrera, uno dei dominicani arrestati nella maxiretata antidroga della scorsa settimana.
Gli altri tre mandati agli arresti a casa sarebbero tutti italiani. Il gip non avrebbe ancora finito di valutare le istanze di alleggerimento della misura presentate dai difensori degli arrestati. Oltre ai cinque già spediti ai domiciliari, altre scarcerazioni sarebberi attese in giornata.
Del resto in molti hanno già chiesto il patteggiamento, in continuazione con precedenti condanne per spaccio. Qualcun altro è incensurato e potrà beneficiare della condizionale. Le posizioni dei dominicani e dei tunisini sarebbero le più delicate.
Per gli inquirenti sarebbero stati i due gruppi di stranieri a gestire il traffico di cocaina, marijuana e hashish in entrata a Viterbo. Da qui, il nome del blitz dei carabinieri del nucleo investigativo e dei finanzieri della sezione mobile di polizia tributaria: operazione “Babele” come la “Babele” di etnie coinvolte nello spaccio di droga in centro. Dominicani tra San Faustino e via Cairoli. Maghrebini nella zona di San Pellegrino. Più la metà degli arrestati di nazionalità italiana, cui gli inquirenti riconoscerebbero un ruolo di secondo piano. Molti si sono difesi all’interrogatorio di garanzia dicendo di essere semplici consumatori di stupefacenti, che comprano la droga per tenerla per sé.
In giornata, il gip dovrebbe fare la quadra di tutte le posizioni ed esprimersi definitivamente sulle misure cautelari.
C’è da aspettarsi una piena adesione al parere del pm Paola Conti. Nell’ordinanza, il giudice è stato chiaro e duro nel parlare di “allarme sociale” e spaccio nel “cuore pulsante della città”, come un’offesa a cittadini, turisti e forze dell’ordine. Per i presunti perni del traffico di droga, inoltre, sussistono esigenze cautelari di reiterazione del reato e inquinamento delle prove. Lo stesso gip Marinelli scriveva che il carcere metteva al riparo dal rischio di contatti degli spacciatori con i loro canali di rifornimento che, per i tunisini, sarebbero a Roma, mentre nel caso dei dominicani sono rimasti totalmente nell’ombra.
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