Viterbo – Consumatori di cocaina ma non spacciatori.
Precisa questo il tribunale del Riesame nei confronti di Sergio e Sonia Casagrande. A carico dei due fratelli viterbesi, i giudici romani non hanno trovato traccia di attività di spaccio. Solo telefonate al 29enne dominicano Jonnathan Cabrera.
Sono stati proprio quei contatti a far finire in arresto i due fratelli (lui in carcere e lei ai domiciliari), Cabrera e altre 28 persone per lo spaccio multietnico in centro storico stroncato dall’operazione Babele. Ma per i Casagrande, il tribunale del Riesame di Roma ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare. Significa che l’imprenditore viterbese non doveva stare in carcere e la sorella non doveva stare ai domiciliari.
Il perché è spiegato nelle motivazioni dell’ordinanza, a tre giorni dalla decisione nella tarda serata di venerdì.
Non c’è prova che i contatti con Cabrera avessero come fine la compravendita di cocaina. “Non si traggono infatti elementi per ritenere che lo stupefacente fosse destinato allo spaccio, anziché all’uso personale”, scrivono i giudici nell’ordinanza. Dalle telefonate con il 29enne dominicano “si ricava solo l’intesa per un successivo appuntamento, finalizzato alla consegna della cocaina”. Per il resto, i Casagrande non “sono stati mai controllati in situazioni o trovati in possesso di strumenti da cui potersi evincere un’attività di spaccio”. Al contrario, come spiegano i giudici, il loro stato di “stabili clienti” di Cabrera e “assuntori abituali può dirsi ormai acclarato”. Anche se, per la difesa dell’imprenditore, è comunque acqua passata: “E’ da un anno che Casagrande non tocca più stupefacenti”, afferma il suo avvocato Franco Taurchini.
Da qui, la decisione di annullare l’ordinanza d’arresto per entrambi. Le difese, ora, sono intenzionate a chiedere un risarcimento per ingiusta detenzione.
Il blitz che aveva portato anche all’arresto dei Casagrande era scattato all’alba del 19 maggio: 31 arresti, 61 perquisizioni, 250 uomini di carabinieri e finanza impegnati e tre chili di stupefacente sequestrati dall’inizio dell’indagine.
Un’inchiesta, quella del pm Paola Conti, finalizzata a reprimere il fenomeno dello spaccio a bande nel cuore della città: dominicani a san Faustino e via Cairoli, maghrebini a San Pellegrino. Con una massiccia presenza di viterbesi tra gli arrestati.
Oltre ad azzerare il provvedimento del gip per tre di loro, il Riesame ha alleggerito molte delle misure cautelari, sostituendo il carcere con obbligo di firma e domiciliari ed escludendo l’aggravante contestata per lo spaccio di ingenti quantitativi di droga.
Gli inquirenti, in compenso, hanno portato a casa una decina di patteggiamenti e la collaborazione di almeno un indagato. Ma l’inchiesta non è ancora chiusa.
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