Viterbo – “I ricorsi delle difese sono stati fatti tutti per motivi formali. L’impianto accusatorio sarebbe rimasto solido in ogni caso”.
Il pm Paola Conti non arretra di un passo. Per il magistrato titolare dell’inchiesta sullo spaccio a bande in centro storico, le contestazioni ai 31 arrestati tengono. Anche dopo il verdetto del Riesame.
I giudici romani hanno sciolto la riserva ieri sera, rimodulando alcune posizioni e alleggerendo le misure cautelari. Ma nell’ottica degli inquirenti, un annullamento anche totale dell’ordinanza del gip avrebbe cambiato poco la sostanza delle indagini. Il grosso degli episodi di spaccio resiste nei riscontri incrociati di testimonianze e intercettazioni.
Dall’inizio delle indagini – gennaio 2013 – i carabinieri del nucleo operativo di Giovanni Martufi e le fiamme gialle della polizia tributaria di Domenico Costagliola hanno sequestrato più di tre chili di stupefacente tra cocaina, eroina, marijuana e hashish. Solo nel blitz del 19 maggio, è spuntato un etto e mezzo di polvere bianca, impacchettata e custodita dall’unico arrestato in flagranza.
Con l’ordinanza di ieri il Riesame ha alleggerito la misura cautelare per dieci persone, sostituendo il carcere con i domiciliari. Altre due scarcerazioni erano arrivate mercoledì. Ma, al momento, altrettanti sono gli indagati che hanno già patteggiato la pena col pubblico ministero, ammettendo gli episodi di spaccio. Una conferma della genuinità delle indagini, per chi le ha condotte. Indipendentemente dalle misure cautelari.
“Nessuno vuole il carcere a oltranza per gli indagati – afferma il magistrato -, ma crediamo fermamente che ci siano tutti gli estremi per arrivare a una sentenza di condanna. Almeno per le posizioni più gravi e, quindi, per chi spacciava eroina e cocaina”.
La “Babele” del traffico di droga si componeva di dominicani, tunisini e viterbesi. Ma erano le prime due etnie, secondo le indagini, a spartirsi il centro storico: dominicani a San Faustino e via Cairoli, tunisini a San Pellegrino. Non una vera e propria associazione a delinquere, ma una rete con singoli snodi più importanti di altri a seconda della qualità e quantità di stupefacenti che gli spacciatori riuscivano a piazzare sul mercato.
Ruoli diversi e pene diverse. Nel balletto delle normative sugli stupefacenti, è tornata in vigore la vecchia distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti: per le prime, la pena è da due a sei anni; per le seconde da otto a vent’anni. Ma per il processo c’è tempo. L’indagine è ancora in corso e l’ordinanza in piedi.
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