Caso Manca - I motivi del dietrofront del pentito di camorra Giuseppe Setola secondo i pm di Napoli
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 Giuseppe Setola |
 Attilio Manca con la madre Angela |
Viterbo – Ha ritrattato perché sua moglie non vuole lasciare Casal di Principe.
Sarebbe questo il motivo del dietrofront di Giuseppe Setola, pentito, killer del clan dei casalesi. Lo hanno detto i magistrati di Napoli in commissione antimafia, secondo quanto riporta il quotidiano “L’Ora di Palermo”.
Setola aveva parlato del caso Manca in un interrogatorio davanti ai pm Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia, riaccendendo le speranze di un’apertura di un fascicolo da parte della procura nazionale antimafia.
Il killer dei Casalesi collegava la morte dell’urologo 35enne, siciliano in servizio a Belcolle, con l’operazione al capo della mafia Bernardo Provenzano. In linea con le convinzioni della famiglia Manca, sicura che Attilio sia morto da testimone scomodo, per aver operato o almeno visitato il boss quando era ancora latitante e si faceva chiamare Gaspare Troia. L’unico processo attualmente in corso per la morte del medico è quello a Monica Mileti, cinquantenne romana, accusata di essere la pusher che ha venduto eroina a Manca. Quell’eroina iniettata in endovena che lo ha ucciso la notte del 12 febbraio 2004.
Era il 20 settembre quando si è diffusa la notizia che Setola diceva di sapere qualcosa sulla morte del medico. Nel giro di un mese e mezzo il pentito ha ritrattato, rimangiandosi la rivelazione sul caso Manca e tutte le altre sue dichiarazioni ai magistrati anche per altre vicende.
Secondo il quotidiano “L’Ora di Palermo”, il procuratore capo di Napoli Giovanni Colangeli e il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli attribuiscono la marcia indietro di Setola a motivi familiari. “Ha ritrattato dopo che la moglie ha rifiutato di lasciare Casal di Principe per trasferirsi in una località protetta”, avrebbe detto Borrelli davanti ai parlamentari della commissione antimafia, presieduta da Rosy Bindi.
Per i magistrati partenopei, Setola “è un personaggio molto labile e ondivago”, che “rappresenta il paradigma delle difficoltà nella gestione con i collaboratori di giustizia. Il boss ha praticamente imposto la necessità di essere interrogato perché, andato in aula, si è pubblicamente assunto la paternità di 46 omicidi, a fronte dei 23 che gli erano stati contestati, dunque era disponibile a rendere dichiarazioni su quelli che gli inquirenti non gli avevano attribuito. A quel punto la scelta di sentirlo si rendeva necessaria. Dopo due udienze il suo comportamento è cambiato completamente”. Il motivo, appunto, sarebbe nel rifiuto della moglie di andare via da Casal di Principe, per trasferirsi in una località protetta.
Davanti alla commissione antimafia dovrebbero comparire, a breve, anche il procuratore capo di Viterbo Alberto Pazienti e il pm Renzo Petroselli, titolare dell’indagine sul caso Manca.
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