Condividi:Queste icone linkano i siti di social bookmarking sui quali i lettori possono condividere e trovare nuove pagine web.
Viterbo - Il senatore Santangelo (M5s) chiede al presidente Grasso di sollecitare i ministri della Giustizia e dell'Interno a rispondere alle interrogazioni sulla morte del medico
Il procuratore capo di Viterbo Alberto Pazienti e il pm Renzo Petroselli, titolare dell’inchiesta sulla morte di Manca
Angela e Gianluca Manca con il loro avvocato Antonio Ingroia
Viterbo – Risposte. Risposte che, per ora, non sono arrivate.
Le chiede il senatore Maurizio Santangelo sul caso di Attilio Manca, riportato all’attenzione del Parlamento.
Il senatore dei 5 Stelle si rivolge direttamente alla seconda carica dello Stato: il presidente del Senato Pietro Grasso. Che si era già espresso chiaramente sulla morte del medico 35enne di Barcellona Pozzo di Grotto (Messina): “Abbiamo cercato agganci tra la morte di Attilio Manca e la mafia ma non ne abbiamo trovati”, dichiarava Grasso da Viterbo, quand’era ancora procuratore nazionale antimafia.
Santangelo lo sollecita sulle sue interrogazioni presentate dal Movimento 5 Stelle tra il 2013 e il 2014. La prima, del settembre di due anni fa, per chiedere un’ispezione al tribunale di Viterbo, dopo gli interrogativi sollevati dalla vicenda Manca. La seconda nel novembre 2014 che, oltre all’ispezione, chiedeva se i ministri fossero a conoscenza delle discrepanze tra il verbale della squadra mobile di Viterbo, all’epoca coordinata da Salvatore Gava, e i fogli di presenza all’ospedale Belcolle che, secondo la trasmissione “Chi l’ha visto”, attestano assenze di Manca in un periodo che potrebbe coincidere con quello dell’operazione al capo della mafia Bernardo Provenzano in Francia.
Per Santangelo il presidente del Senato resta l’uomo giusto per interloquire sulla vicenda Manca: “Mentre lei ricopriva quelle funzioni ebbe a dire ai familiari di Attilio ‘Trovatemi le prove’. Ebbene, le prove, probabilmente oggi ci sono”, ha incalzato Santangelo il 31 luglio, nel corso di una seduta in aula.
Il senatore allude a tutto quello che è successo dopo le parole di Grasso. Le dichiarazioni del boss di camorra Giuseppe Setola (poi ritrattate). L’apertura di un fascicolo “modello 45”, nel registro degli atti non costituenti notizia di reato, da parte della procura di Roma. La disponibilità della commissione parlamentare antimafia a ripercorrere le indagini, per capire se e dove ci sono state omissioni. “La morte di Attilio Manca a tutto può essere attribuibile, tranne che a una morte per overdose di eroina”, ha dichiarato recentemente la presidente Rosy Bindi che, con i colleghi, ha ascoltato il procuratore capo di Viterbo Alberto Pazienti e il pm Renzo Petroselli, titolare dell’inchiesta.
Per gli inquirenti viterbesi Manca è morto per overdose da eroina. Un’autoinoculazione di cui la famiglia non è mai stata certa. Archiviate le posizioni dei cinque indagati, ne resta solo una al vaglio del tribunale di Viterbo: quella di Monica Mileti, presunta pusher che avrebbe ceduto ad Attilio l’eroina che lo ha ucciso, nel febbraio 2004. Il processo, in corso per spaccio, è praticamente prescritto.
Per Santangelo, “forse sarebbe il caso di non continuare a lasciare da sola la famiglia Manca e tutti quei cittadini che aspettano un segnale anche dalle istituzioni che lei rappresenta”. Poi, la proposta: “Inviti i signori Manca in queste istituzioni. Gli faccia sentire la vicinanza di uno stato che, in questi anni, non c’è mai stata. Presidente, lei, come i ministri della Giustizia e dell’Interno, non ha dato nessuna risposta e io sono qui per continuare a farle un sano fiato sul collo. E’ inaccettabile che tutti quanti in Italia stiano ancora zitti sul caso di Attilio Manca. Io ho l’obbligo di rammentarle queste cose e, mi creda, lo farò fino a quando sarò senatore. E’ arrivato il momento che si faccia chiarezza”.