Caso Manca - Gli amici del medico trovato morto nel 2004 testimoniano in aula: "Da ragazzo è stato anche arrestato e coinvolto in un'operazione antidroga"
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 Attilio Manca |
 L’aula della Corte d’Assise di Viterbo |
Viterbo – “Attilio Manca faceva uso di eroina”. Lo raccontano in aula due amici del medico siciliano trovato nel 2004 senza vita nella sua casa di Viterbo. Della morte ne risponde Monica Mileti, cinquantenne romana a giudizio per spaccio: il decesso, secondo le indagini, è stato causato da un’overdose e l’imputata sarebbe la pusher che ha fornito a Manca la dose letale di eroina.
Dieci i testimoni ascoltati ieri in due ore d’udienza nell’aula della corte d’assise del tribunale di Viterbo. Tra questi gli amici di infanzia di Manca: Lelio Coppolino e Salvatore Fugazzotto, che si sono sottoposti alle domande del procuratore Paolo Auriemma. Coppolino e Manca si conoscono in terza elementare, negli anni ’70. Con Fugazzotto invece il medico fu compagno di banco alle scuole medie. Poi il liceo classico a Barcellona Pozzo di Gotto. Nasce un’amicizia che dura nel tempo, nonostante dopo la maturità Manca si trasferisce a Roma per studiare medicina.
“Sul finire del liceo – dice Coppolino al giudice Silvia Mattei – ho iniziato a fare uso di marijuana con un gruppo di amici, tra cui Attilio. Abbiamo fumato fino ai 21 anni, per poi provare l’eroina che sniffavamo o ci iniettavamo in vena. Le nostre famiglie lo sapevano: Attilio, ad esempio, durante una gita scolastica a Palma di Maiorca è stato anche arrestato per droga. Era il 1987 e aveva appena 18 anni. Ed è stato grazie ai miei genitori se io sono riuscito a uscire da questo inferno”.
I rapporti tra Cappolino e Manca si diradano con il trasferimento del medico nella capitale. “Durante l’università – continua l’amico – ci siamo visti solo durante le vacanze di Natale: Attilio tornava a Barcellona Pozzo di Gotto e ci incontravamo. E’ in una di queste occasioni che mi ha raccontato di continuare a fare uso di eroina. L’ho anche visto iniettarsi la sostanza nei polsi, così da poter nascondere meglio i segni delle siringhe. Nonostante fosse mancino poi usava entrambe le mani, anche la sinistra”.
Ma chi forniva l’eroina ad Attilio Manca? Alla domanda del procuratore, Coppolino risponde: “Una tale Monik”. Questo, secondo gli investigatori, era il nickname con il quale il medico chiamava e aveva salvato sul cellulare il contatto dell’imputata Monica Mileti. “A Roma Attilio non si riforniva da spacciatori di strada – afferma Coppolino – ma da una certa Monik. Attilio mi ha raccontato che tra loro c’era un rapporto di fiducia e che Monik era la sua unica via d’accesso al mondo della droga. Nonostante facesse uso di eroina, Attilio non ne era dipendente. Era un assuntore sporadico e poteva restare senza dose per due, tre mesi o addirittura un’intera stagione”.
Da anni per la procura di Viterbo la morte di Attilio Manca è una “tragedia di droga”. Ma a questa ricostruzione non hanno mai creduto i familiari del medico: “Attilio non faceva uso di eroina”, ha scritto qualche mese fa mamma Angela in una lettera. Con il marito Gioacchino non ha dubbi: per loro, Attilio è stato eliminato dopo aver visitato e curato il boss della mafia Bernardo Provenzano. Una tesi che non ha trovato conferma nelle aule di giustizia ma di cui ne è convinto il pentito Carmelo D’Amico, secondo il quale Manca sarebbe stato ucciso da un ufficiale dei servizi proprio per aver visitato il capo dei capi.
L’unico procedimento penale aperto è a carico di Monica Mileti. Un processo-farsa, lo hanno più volte definito i familiari di Manca che da sempre battono la pista del delitto di mafia. Una pista che ieri la procura di Viterbo, tramite il procuratore Auriemma, ha voluto allontanare sempre più.
Con Lelio Coppolino, ascoltato anche l’amico Salvatore Fugazzotto. “Con Attilio – spiega Fugazzotto al giudice – ho fatto uso di eroina negli anni ’80. Andavamo a comprare la droga in piazza e, in Sicilia, Attilio è stato anche coinvolto nell’operazione antidroga Mare Nostrum. Negli anni ’90 io ho smesso ma lui ha continuato a farne uso, anche se sporadicamente. Era una persona intelligente e sapeva a cosa andava incontro, ma ogni tanto voleva ‘ubriacarsi’ con quella roba”.
Tra i testimoni sono stati ascoltati anche gli agenti di polizia che il 12 febbraio 2004 trovarono Attilio Manca morto nell’appartamento in cui abitava, in zona Santa Maria della Grotticella. Manca, 35 anni, all’epoca lavorava come urologo all’ospedale di Belcolle.
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