Viterbo - In aula la testimonianza di due poliziotti: ecco come hanno trovato il medico poco dopo la morte
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 Attilio Manca |
 Attilio Manca con la madre Angela |
Viterbo – La mattina del 12 febbraio 2004 Attilio Manca doveva operare al Belcolle ma in ospedale arriverà ore dopo, cadavere.
A trovarlo senza vita nel suo appartamento alla Grotticella due infermieri, preoccupati dall’insolito ritardo del medico e dal suo cellulare che da ore squilla a vuoto.
Alle 11 di mattina Manca non risponde neppure al citofono del civico 10 di via Claudio Monteverdi, dove vive da solo. La chiamata alla proprietaria di casa, l’appartamento che si apre e la macabra scoperta: il medico, neppure 35enne ma con una prestigiosa carriera davanti, è morto. Immediata la chiamata al 118 e alla polizia. In pochi minuti arriva la volante 713, quella di turno.
Mercoledì scorso la soprintendente capo e l’agente di polizia che per primi arrivarono a casa di Attilio Manca hanno testimoniato nell’ultima udienza del processo a Monica Mileti. Cinquantenne romana, risponde della morte del medico siciliano ed è a giudizio per spaccio. Il decesso di Manca, secondo le indagini, è stato causato da un’overdose e l’imputata sarebbe la pusher che gli ha fornito la dose letale di eroina.
Dalle testimonianze fatte in aula, ecco come i poliziotti trovarono il medico nel suo appartamento di via Claudio Monteverdi. “Era riverso sul letto, con il volto schiacciato sul materasso e le mani, i piedi e la faccia sporchi di sangue – racconta la soprintendente al giudice Silvia Mattei -. Manca era nudo, indossava solo una tshirt bianca. La casa era in ordine, così la camera da letto. Qui erano accesi anche il lampadario e il televisore, ma il volume era totalmente muto. I vestiti di Manca erano ben piegati sulla sedia, i documenti riposti nella tasca destra dei pantaloni e la valigetta e le chiavi della macchina sulla scrivania”.
Insomma, è tutto in ordine nell’appartamento in cui Attilio – secondo il medico legale – sarebbe morto da più di dodici ore. E’ tutto a posto, se non fosse per quel paio di siringhe trovate a terra nel bagno e il cellulare del medico che squilla in continuazione.
“Abbiamo sequestrato tutto ciò che era in casa – sottolinea l’agente di polizia -. Le due siringhe sporche di sangue e le tre pulite. Il pc, il portafoglio e il Samsung di Manca. Lo abbiamo tenuto sotto controllo, monitorato e trascritto le ultime chiamate e sms ricevuti. Due i nomi più frequenti: quello di Loredana, la collaboratrice di Manca, e una tale Monique”.
Per gli investigatori, Monique “è l’attrice romana Monica Mileti che, convocata in questura – continua l’agente -, subito dopo la nostra chiamata e ancora all’oscuro della morte di Manca, manda un sms al medico: ‘Che hai combinato? Mi hanno chiamata dalla questura di Viterbo per sapere se ti conosco. Fammi sapere eminenza grigia’.
Poi la perquisizione a casa di Mileti. In quell’occasione non abbiamo trovato droga, ma nel suo appartamento c’erano le stesse siringhe rinvenute in casa di Manca. Erano in un sacchetto, insieme a un paio di cucchiaini sporchi di stupefacente”.
Da anni per la procura di Viterbo la morte di Attilio Manca è una “tragedia di droga”. Ma a questa ricostruzione non hanno mai creduto i familiari del medico: “Attilio non faceva uso di eroina”, ha scritto qualche mese fa mamma Angela in una lettera. Con il marito Gioacchino non ha dubbi: per loro, Attilio è stato eliminato dopo aver visitato e curato il boss della mafia Bernardo Provenzano. Una tesi che non ha trovato conferma nelle aule di giustizia ma di cui ne è convinto il pentito Carmelo D’Amico, secondo il quale Manca sarebbe stato ucciso da un ufficiale dei servizi proprio per aver visitato il capo dei capi.
“Dalle indagini – dice l’agente di polizia – non è mai emerso che Manca abbia avuto rapporti con latitanti né che si sia recato in Francia. Su questo abbiamo prove certe, come il prelievo a un bancomat. Il medico non se ne è mai andato da Viterbo”.
Del caso Manca, l’unico procedimento penale aperto è quello a carico di Monica Mileti. Un processo-farsa, lo hanno più volte definito i familiari del medico che da sempre battono la pista del delitto di mafia. Una pista che nell’udienza di mercoledì la procura di Viterbo, tramite il procuratore Paolo Auriemma, ha voluto allontanare sempre più. Grazie anche all’ascolto di Lelio Coppolino e Salvatore Fugazzotto, amici di infanzia di Manca.
Per Coppolino e Fugazzotto, “Attilio faceva uso di eroina dai tempi del liceo”. Immediata la reazione di Angela Manca. “La procura di Viterbo – scrive su Facebook la mamma di Attilio – continua vergognosamente il processo farsa, senza la nostra presenza in quanto estromessi dal processo. Ieri (mercoledì, ndr) sentiti: Salvatore Fugazzotto, uno degli indagati nonché figlioccio di cresima di Ugo Manca, e Lelio Coppolino, l’amico (?) con cui Attilio ha trascorso molto tempo delle ultime vacanze di Natale e il cui padre Vittorio dopo alcuni giorni la morte di Attilio ci disse che era stato ucciso perché aveva curato Provenzano. Evidentemente entrambi testimoni molto attendibili…”.
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