Caso Manca - Un altro amico del medico trovato morto nel 2004 testimonia in aula: "Gli ho presentato Monica Mileti"
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 Attilio Manca |
Viterbo – “Ho visto Attilio iniettarsi eroina”. Dopo Lelio Coppolino e Salvatore Fugazzotto, anche per Guido Ginebri Attilio Manca faceva uso di droga.
Ginebri, architetto 54enne di Barcellona Pozzo di Gotto, lo racconta in aula, davanti al tribunale di Viterbo. A processo, con l’accusa di spaccio, c’è la 50enne romana Monica Mileti. Secondo gli investigatori, la morte di Manca, il medico siciliano trovato nel 2004 senza vita nella sua casa di Viterbo, è stata causata da un’overdose: l’imputata sarebbe la pusher che ha fornito a Manca la dose letale di eroina.
Ginebri, testimone della pubblica accusa, si è sottoposto alle domande del procuratore Paolo Auriemma. “Conoscevo molto bene Attilio – racconta l’architetto in aula -, dagli anni ’80. Non eravamo amici, ma insieme abbiamo fatto uso di stupefacenti, anche con Coppolino e Fugazzotto. Ho visto Attilio iniettarsi più volte l’eroina, anche se non era un consumatore abituale”.
Tra il ’95 e il ’98, Ginebri si trasferisce a Roma. Nella Capitale c’è anche Manca, che si sta specializzando in medicina. Lì, e grazie all’architetto, il medico avrebbe conosciuto Monica Mileti. “Gliel’ho presentata io – sottolinea Ginebri -, ma non ricordo se per comprare la droga. Non credo però, perché mi pare che Mileti facesse solo uso di droga. Non spacciava”.
Da anni per la procura di Viterbo la morte di Attilio Manca è una “tragedia di droga”. Ma a questa ricostruzione non hanno mai creduto i familiari del medico. Angela e Gioacchino, la mamma e il papà del medico, non hanno dubbi: per loro, Attilio è stato eliminato dopo aver visitato e curato il boss della mafia Bernardo Provenzano. Una tesi che non ha trovato conferma nelle aule di giustizia ma di cui ne è convinto il pentito Carmelo D’Amico, secondo il quale Manca sarebbe stato ucciso da un ufficiale dei servizi proprio per aver visitato il capo dei capi.
Il tribunale ha ascoltato anche un vicesoprintendente della questura di Viterbo. Chiamato dalla volante dopo il ritrovamento del cadavere di Manca, ha analizzato l’appartamento del medico. “Abbiamo cercato le impronte digitali – spiega il poliziotto -, utilizzando anche le polveri d’alluminio. Non abbiamo trovato nulla, così sono intervenuti i colleghi di Roma”. In quell’occasione, sono state trovate tracce di Ugo Manca, cugino di Attilio. Tracce che gli investigatori non sono mai riuscite a datare.
“Oltre ai rilievi, ho anche fotografato il cadavere di Manca. Era disteso sul letto, con la schiena rivolta verso l’alto. Il volto era sul bordo del materasso. Il sangue, che gli era uscito dal naso, gli aveva sporcato la faccia e macchiato il pavimento”.
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