Viterbo – (p.p.) – “Il sacerdote è un padre di famiglia, diamo alla comunità un volto nuovo, un volto cristiano”. Don Angelo Gargiuli è un’istituzione per la città e lui la città la porta nel cuore.
90 anni e 65 anni di sacerdozio nella sua chiesa di santa Maria nuova. E’ lì che ha trascorso e trascorre le sue giornate, ha ascoltato i fedeli e dispensato consigli e parole di conforto.
Ieri la comunità lo ha festeggiato con una messa e un rinfresco. Dice di avere solo ricordi belli di questo lungo periodo e, con tono paterno, sprona i viterbesi a essere più presenti nella comunità.
Come sono stati questi anni di sacerdozio?
“Bisogna chiederlo al Padreterno – scherza don Angelo -, perché è lui che mi ha fatto arrivare fin qui”.
Quando è diventato sacerdote?
“Nel 1952. Sono entrato in seminario molto tardi perché non avevo i soldi per pagare la retta, anche perché c’era pure mio fratello, don Mario, che già lo frequentava. Ho dovuto lavorare e mettere da parte il necessario per poi iscrivermi”.
Dove è stato sacerdote?
“Sempre a Viterbo, prima sono stato per 16 anni assistente nell’Azione cattolica poi con la morte di mio fratello, il vescovo Albanesi quasi mi obbligò a lasciarla per diventare parroco. L’obbedienza è sacra e l’ho fatto”.
La città è cambiata in questi anni?
“Moltissimo, non la riconosco più. Il centro storico sta morendo perché la gente è per lo più anziana, ci sono case poco accoglienti e mancano i servizi. E’ così che moltoi se ne vanno e lo abbandonano. Ho provato a dare il mio contributo per sistemare la chiesa, che era messa male, ma il punto è che bisogna lavorare per la gente più che per le strutture che comunque sono necessarie. La messa era sempre stra piena di persone, ora è spesso vuota”.
Adesso c’è con lei don Mario Brizi…
“Tocca a lui il compito di attirare la gente e richiamare i fedeli”.
Cosa rappresenta il parroco per una comunità?
“Il parroco è tutto, un padre di famiglia che lavora e vuole bene bene ai suoi figli, tenendo sempre a mente le loro esigenze. Si fa presto a farlo per 4 o 5 persone, diventa complicato se poi sono 1200, ma, del resto, è la nostra vocazione. Il problema è che nella comunità di oggi ci sono molti anziani, anche nelle comunioni, pochi giorni fa, abbiamo avuto solo otto ragazzi. Lo sforzo è quello di dare a questa parrocchia un volto cristiano autentico”.
Il ricordo più bello di questi anni?
“Di aver fatto il prete in generale, per cui ogni momento è stato bello… da quelli più difficili, ai funerali, i matrimoni, il battesimo e i discorsi con chi ha bisogno di aiuto”.
Cosa vuole dire ai suoi fedeli?
“Di essere più presenti e vivere di più la comunità – conclude don Angelo -, seguendo le proposte del parroco che sono tante e tutte mirate a risvegliare la vera fede”.
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