Inchiesta per omicidio - L'annuncio dell'avvocato Antonio Ingroia, legale della famiglia del medico trovato morto a Viterbo: "Amareggiati, ci opporremo"
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 Attilio Manca |
 Antonio Ingroia |
 Attilio Manca con la madre Angela  Caso Attilio Manca – Angela Manca, Antonio Ingroia e Gianluca Manca |
Viterbo – “Caso Attilio Manca, anche la procura di Roma chiederà l’archiviazione”. Lo annuncia l’avvocato Antonio Ingroia, legale della famiglia del medico siciliano trovato cadavere, nel 2004, nella sua casa a Viterbo. Una richiesta, quella della Dda capitolina, che non sarebbe ancora stata formalizzata. “Di formale, per il momento, non c’è ancora nulla – spiega Ingroia -. Ho solo avuto un colloquio con il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, che mi ha comunicato che presto avanzerà una richiesta di archiviazione del caso. Secondo Pignatone, le indagini non hanno fatto emergere riscontri sufficienti ad avvalorare la nostra tesi”.
Da più di un anno l’antimafia capitolina ha aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio. Un fascicolo che racchiuderebbe, tra l’altro, le testimonianze di quattro collaboratori di giustizia che circoscrivono la morte di Attilio Manca in un disegno criminoso. Uno di questi pentiti ha anche chiesto e ottenuto il permesso di incontrare, in carcere, l’avvocato Ingroia. “E’ un uomo del barcellonese, che della mafia ha fatto parte – ha raccontato qualche mese fa il legale -. Mi ha scritto una lettera e, durante il colloquio, ha fatto i nomi di chi ha commesso l’omicidio. In un primo momento era stato lui a riceve l’ordine di uccidere Manca, perché Attilio sapeva troppo sulla latitanza di Bernardo Provenzano. Gli erano state date le armi, e il delitto doveva essere compiuto a Barcellona Pozzo di Gotto. Poi è stato fermato, perché era stata trovata una soluzione più ‘soft’. Attilio doveva essere ucciso a Viterbo, senza fare rumore. Ovviamente il verbale dell’interrogatorio è stato consegnato alla procura di Roma per tutti gli accertamenti”.
Ma dalle indagini della Dda non sarebbero emersi elementi sufficienti per avvalorare la tesi della famiglia Manca. Da qui la richiesta di archiviazione. “Quando verrà formalizzata – puntualizza l’avvocato Ingroia -, di conseguenza, ci opporremo”.
Chiuso il caso, a Viterbo, con la condanna a 5 anni e 4 mesi della 50enne Monica Mileti, accusata di aver ceduto al medico l’eroina che lo ha stroncato, a soli 35 anni, nel suo appartamento alla Grotticella, l’antimafia era rimasta l’unica speranza per i familiari dell’urologo dell’ospedale di Belcolle. Vogliono dimostrare che Attilio non è morto per un mix di alcol, tranquillanti ed eroina, ma che è stato ucciso dalla mafia. Una tesi, questa, che non ha mai trovato conferma nelle aule di giustizia. Da qui l’appello ‘Non archiviate l’inchiesta sulla morte di Attilio Manca’ al procuratore capo Pignatone, all’aggiunto Michele Prestipino e al sostituto Maria Cristina Palaia.
Ma neppure questa petizione sembrerebbe essere servita. “La famiglia Manca è amareggiata – rivela l’avvocato Ingroia -. La signora Angela (la mamma di Attilio, ndr) è molto amareggiata per questa imminente, nuova chiusura, di quello che sperava essere, finalmente, un grosso passo verso la verità”.
Attilio, secondo la madre, il padre e il fratello, avrebbe assistito all’intervento alla prostata al quale fu sottoposto Provenzano nella clinica di Marsiglia. Il “capo dei capi”, uccidendo l’urologo, avrebbe potuto liberarsi dell’unico testimone italiano del “viaggio della speranza”, che il boss avrebbe compiuto in Francia nell’ottobre 2003. A rinsaldare la tesi dei Manca, l’improvvisa trasferta in Francia di Attilio, che sarebbe avvenuta proprio nell’autunno 2003.
La procura di Viterbo ha chiesto per tre volte l’archiviazione del caso, incontrando sempre la dura opposizione della famiglia Manca. Alla terza richiesta, il gip ha archiviato la posizione di quattro indagati su dieci, ordinando il prosieguo delle indagini per gli altri sei, tra cui Monica Mileti. Ma l’inchiesta non doveva proseguire sul filone della mafia, bensì su quello della droga, per accertare chi avesse ceduto ad Attilio l’eroina letale.
La procura di Viterbo, nell’ottobre 2012, ha chiesto e poi ottenuto l’archiviazione per i cinque uomini e il rinvio a giudizio della donna, ritenuta la presunta pusher. Ma alla “tragedia di droga”, la famiglia Manca non ha mai creduto. Eppure, stando ai risultati dell’autopsia, a causare la morte del giovane medico sarebbe stato l’effetto combinato di tre sostanze: alcolici, eroina e Diazepam (il principio attivo contenuto nel sedativo Tranquirit). Sul suo braccio i segni di due iniezioni.
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