Viterbo – (r.s.) – Sono bastati due colpi per uccidere Rosa Rita Franceschini, inferti con un attizzatoio di ferro mentre era di spalle. Vicino al tavolo della cucina, dove la scientifica ha trovato la maggior parte di tracce ematiche. Persino sulle piastrelle, e queste erano visibili anche a occhio nudo.
Il medico legale, che ha eseguito l’autopsia sul corpo di Rosa Rita e su quello del marito Gianfranco Fieno, le ha trovato il cranio fracassato, soprattutto nella parte sinistra. L’attizzatoio è invece stato rinvenuto dagli investigatori vicino al camino della sala, sporco di sangue e capelli. Ma insanguinati sarebbero stati anche dei cuscini e una fruttiera, questa nascosta in un armadio del corridoio con dei guanti dentro.
Nessuna traccia ematica invece tra la cucina e la camera da letto, dove Rosa Rita e Gianfranco sono stati trovati cadavere. La donna, 71 anni, morta in cucina è stata poi portata nella camera matrimoniale. Sollevata e non trascinata, poi posta a terra. Il marito, ottantatreenne, era invece disteso sul letto. Ed entrambi erano avvolti in delle pellicole da imballaggio, fissate con dello scotch all’altezza di collo, fianchi e caviglie.
Sono stati trovati cadavere la sera del 13 dicembre, presumibilmente due settimane dopo la morte. Rosa Rita sarebbe deceduta la mattina del 29 novembre. Dodici ore dopo il marito, morto per cause naturali secondo i primi accertamenti del medico legale. Ma i dubbi non verranno sciolti prima di sessanta giorni, quando i quesiti posti dalla magistratura, come gli esami tossicologici, troveranno finalmente una risposta.
Sono stati trovati cadavere dopo l’allarme lanciato da Luciano e Anna Rita, i fratelli di Ermanno. Da giorni, secondo gli inquirenti, stavano tentando di contattare il padre e la madre, ma al cellulare di Gianfranco rispondeva sempre e solo Ermanno, il figlio di 44 anni che viveva con loro. “Sto usando il telefono di papà perché il mio è rotto – si sarebbero sentiti dire i fratelli -. Ma non vi preoccupate, vi faccio chiamare domani mattina. Ora sono ricoverati in una clinica per anziani, a Roma”. Frasi che insospettiscono Luciano e Anna Rita, che si allarmano soprattutto quando un vicino di casa gli dice che sono giorni che non vede più i loro genitori.
Nel frattempo Ermanno si dà alla fuga. Una fuga durata trentasei ore. La polizia di frontiera lo ferma alla stazione di Ventimiglia il 15 dicembre, con in tasca un biglietto per la Francia. Per nove giorni è stato rinchiuso nel penitenziario di Imperia, dove i magistrati (davanti ai quali ha sempre fatto scena muta) hanno prima convalidato il fermo e poi disposto la custodia cautelare in carcere. All’antivigilia di Natale è stato trasferito a Viterbo, nel reparto infermeria di Mammagialla. E per la prima notte, quella tra il 23 e il 24 dicembre, è stato anche sorvegliato a vista 24 ore su 24.
La magistratura di Imperia dopo essersi dichiarata territorialmente incompetente, ha inviato gli atti del caso alla procura di Viterbo. E il 30 dicembre il gip Francesco Rigato ha emesso la sua misura cautelare. Sempre in carcere, come chiesto dal procuratore Paolo Auriemma e dal sostituto Chiara Capezzuto. Fieno, difeso dagli avvocati Samuele De Santis ed Enrico Valentini, è indagato per omicidio volontario aggravato, per aver cagionato secondo la procura la morte di entrambi i genitori. Accusa che potrebbe però cambiare all’esito dell’esame autoptico, qualora venisse confermata la morte per cause naturali del padre, e dell’interrogatorio a cui il 44enne sembrerebbe volersi sottoporre. Intanto tornerà a incontrare i suoi legali.
Multimedia: video: La testimonianza di una conoscente – I funerali dei coniugi Fieno – Le testimonianze dei vicini – La polizia al lavoro – Trovati morti in casa – Fotocronaca: L’addio a Gianfranco Fieno e Rosa Rita Franceschini – L’arresto di Ermanno Fieno – Delitto di Santa Lucia, la polizia al lavoro – Tragedia in via Santa Lucia – Coppia uccisa in casa
Presunzione di innocenza
Per indagato si intende semplicemente una persona nei confronti della quale vengono svolte indagini preliminari in un procedimento penale.
Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.
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