Viterbo – (a.c.) – “Per pagare il padiglione a Vinitaly, Angela Birindelli chiese al commissario dell’Arsial di tagliare gli stipendi ai propri dipendenti”, ha spiegato al collegio nel corso della sua deposizione fiume l’ispettore capo Secondiano Veruschi, che con i colleghi ha indagato a 360 gradi nell’ambito dell’intera maxi inchiesta sfociata nel processo il cui imputato principale è il giornalista Paolo Gianlorenzo.
Si è parlato anche del filone Vinitaly al processo nato dall’operazione “IV Potere” sul giornalista Paolo Gianlorenzo, che tra il 2010 e il 2012 avrebbe orchestrato contro l’attuale senatore Francesco Battistoni e altri soggetti una vera e propria macchina del fango a mezzo stampa, attraverso i due quotidiani da lui diretti. Oltre al cronista, altri sette gli imputati, tra i quali l’ex assessora regionale e attuale funzionaria dell’Ater, Angela Birindelli.
Nel corso delle indagini, coordinate dal pm Massimiliano Siddi, gli uomini del nucleo della polstrada di polizia giudiziaria, intercettando il giornalista, si sono imbattuti in conversazioni sfociate in un secondo filone, legato all’attività dell’assessorato all’agricoltura della Regione Lazio all’epoca della giunta Polverini. Era l’inizio del 2012.
Almeno una volta l’assessora Angela Birdindelli avrebbe scomodato l’auto blu da Roma solo per farsi venire a prendere a Bolsena e avere un passaggio a Viterbo. Niente in confronto alla sua presunta intraprendenza alla Pisana. Non solo i 18mila euro promessi a Gianlorenzo in cambio di articoli celebrativi sul suo conto e al veleno su Francesco Battistoni. Soldi, tanti soldi. Come quelli dell’affidamento a Giuseppe Fiaschetti del servizio comunicazione del padiglione Lazio al Vinitaly: 600mila euro nel 2011, il doppio l’anno successivo. Chiedendo all’Arsial di stornare 200mila euro dagli stipendi dei dipendenti per accelerare i pagamenti alla Assist Group; minacciando l’Ente Fiere di Verona di ritirare la Regione Lazio se il servizio non fosse andato alle ditte “amiche”; facendo perfino pressione personalmente sul direttore generale dell’ente Giovanni Mantovani. E poi il caso del dipendente Arsial Stefano Bizzarri, costretto a chiedere il trasferimento solo perché vicino a Battistoni e “lontano” dal sindaco di Bagnoregio.
“Per pagare il padiglione a Vinitaly, Angela Birindelli chiese al commissario dell’Arsial di tagliare gli stipendi ai propri dipendenti”, ha spiegato al collegio nel corso della sua deposizione fiume l’ispettore capo Secondiano Veruschi, che con i colleghi ha indagato a 360 gradi nell’ambito dell’intera maxi inchiesta.
Sotto i riflettori della procura finirono anche il funzionario regionale Roberto Ottaviani e l’imprenditore Giuseppe Fiaschetti, all’epoca presidente della Viterbese, entrambi imputati nel processo. “Tramite Giuseppe Fiaschetti e sua figlia Floriana – ha proseguito l’ispettore – l’assessora Birindelli avviò le trattative con la società Assist Group per gestire la comunicazione nel padiglione riservato al Lazio di Vinitaly 2012. Assist Group si era occupata di questo servizio anche l’anno precedente, quando l’organizzazione fu curata dall’Arsial”.
L’importo complessivo dell’operazione si sarebbe aggirato attorno al milione e 200mila euro. “Le riunioni – ha continuato Veruschi – non avvenivano negli uffici della Regione: i responsabili di Veronafiere venivano ricevuti direttamente nella sede della società di Fiaschetti, a Roma”.
Secondo il testimone, a pochi giorni dall’evento sarebbero saltati fuori i problemi. “Assist Group si rifiutò di firmare il contratto perché vantava un credito ancora non saldato dall’anno prima. Birindelli riuscì a ottenere un bonifico di 500mila euro dall’Arsial, ma quei soldi furono bloccati da Veronafiere, anch’essa detentrice di un credito. Così l’assessora, che aveva i tempi stretti, chiese al commissario straordinario Mazzocchi di tagliare gli stipendi ai dipendenti, per trovare altri 200mila euro”.
A quel punto, però, le trattative saltarono del tutto. “Dalle nostre intercettazioni – ha spiegato Veruschi – non è possibile risalire con esattezza all’accaduto. Sappiamo solo che Fiaschetti disse a Birindelli che con Assist Group non c’era più niente da fare e che poco dopo Birindelli comunicò a Veronafiere di aver trovato delle nuove società per la comunicazione nel padiglione Lazio. Cosa successe tra una telefonata e l’altra, non lo sappiamo”.
Le nuove società in questione, secondo l’ispettore, erano due srl chiaramente ricollegabili a Giuseppe Fiaschetti. Tuttavia l’organizzatore di Vinitaly non autorizzò l’ingresso sulla scena di questi soggetti. “Veronafiere – ha spiegato – è in grado di fare allestimento e comunicazione per tutti i padiglioni in autonomia. Concede lo svolgimento dei servizi a terzi solo in caso di società di comprovata fiducia, com’era il caso di Assist Group. Evidentemente, i due soggetti individuati da Birindelli non soddisfacevano i requisiti imposti da Veronafiere”.
Alla fine, quindi, non se ne fece nulla e il padiglione del Lazio fu gestito direttamente da Veronafiere, per una spesa complessiva di 600mila euro. “Nelle intercettazioni finali – ha concluso Veruschi – Birindelli si vantò anche di aver risparmiato metà dell’importo previsto. Invece aveva tentato fino all’ultimo di fare le cose in modo diverso”.
Gli imputati e le accuse
Paolo Gianlorenzo risponde di:
tentata estorsione per le “macchine del fango” a Francesco Battistoni, Roberto Angelucci e Piero Camilli e le minacce di licenziamento ai collaboratori del giornale;
corruzione per l’accordo con l’assessora, pubblicità-macchina del fango contro Francesco Battistoni;
minacce a un collaboratore;
detenzione di arma per il tirapugni in redazione;
appropriazione indebita per i 5mila euro della cooperativa editoriale, per pagare spese legali;
tentata concussione e rivelazione di segreti d’ufficio per la vicenda del notaio Fortini;
sostituzione di persona per aver usato un prestanome dell’ex senatore Ciarrapico, durante una telefonata;
Angela Birindelli di:
tentata estorsione e corruzione per la macchina del fango a Francesco Battistoni;
tentata concussione e abuso d’ufficio per la “cacciata” di Stefano Bizzarri;
peculato per la macchina di servizio usata per ragioni private;
abuso d’ufficio e tentata concussione per i presunti tentativi di pilotare l’allestimento dello stand Lazio al Vinitaly;
Viviana Tartaglini risponde di:
tentata estorsione per le minacce di licenziamento ai collaboratori del giornale;
appropriazione indebita per i 5mila euro della cooperativa editoriale, per pagare spese legali;
Luciano Rossini risponde di:
tentata concussione e rivelazione di segreti d’ufficio per la vicenda del notaio Fortini; in qualità di funzionario dell’Agenzia delle entrate avrebbe detto a Gianlorenzo di un imminente controllo sulla categoria dei notai. Informazione che, per l’accusa, è stata usata come strumento di pressione dal giornalista e dal funzionario, per ottenere vantaggi patrimoniali personali
Sara Bracoloni risponde di:
rivelazione di segreti d’ufficio per aver rivelato a Gianlorenzo informazioni sul rapporto di lavoro della figlia di un giudice;
Erder Mazzocchi risponde di:
tentata concussione, concussione e abuso d’ufficio per la “cacciata” di Stefano Bizzarri;
soppressione di atti;
Roberto Ottaviani e Giuseppe Fiaschetti rispondono di:
abuso d’ufficio e tentata concussione in relazione alla vicenda Vinitaly.
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