Viterbo – “Quella di Daniele è una morte assurda, e non riusciamo a farcene una ragione. Non la capiamo, e i ragazzi stanno malissimo. Perché a Daniele, buono e gentile, tutti volevano bene”. A parlare è Stefania Lombardi dell’Afesopsit, e quei ragazzi sono i ragazzi dell’associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia. “Abbiamo conosciuto Daniele tre o quattro mesi fa, portato da un amico. E stava bene. Con noi si sentiva a suo agio, partecipava alla vita dell’associazione e in associazione veniva sempre”.
Multimedia: Uomo ucciso nel centro storico – Omicidio in via Fontanella del Suffragio – Video
Daniele Barchi, 42 anni, è stato trovato cadavere martedì sera, al civico 16 di via Fontanella del Suffragio. “Lì viveva da non più di due mesi – racconta un barista del centro storico -. Era in affitto, e pagava il canone con mille euro che gli arrivavano ogni mese”. Il sospettato numero uno dell’omicidio è il 31enne Stefano Pavani, che avrebbe torturato e ammazzato Barchi con calci, pugni e schiaffi. Ad incastrarlo è stata la fidanzata, che del delitto sarebbe stata almeno testimone oculare o comunque era in casa quando il 42enne “ha smesso di respirare”. Questa mattina l’autopsia sul cadavere, all’obitorio del cimitero di san Lazzaro.
Dall’alba di mercoledì Pavani è rinchiuso a Mammagialla, dove sabato mattina ha incontrato il giudice per le indagini preliminari Rita Cialoni. Ha convalidato il fermo e ha confermare la custodia in carcere, come chiesto dalla procura. Mentre Pavani, al cospetto del suo difensore e anche di fronte al pm inquirente Stefano d’Arma, ha continuato a trincerarsi nel silenzio. “Daniele lo aveva ospitato in casa – continua Stefania Lombardi dell’Afesopsit -, anche se non aveva nulla. Forse mosso da compassione, perché Pavani non sapeva dove andare. Gli dava da mangiare e un divano per dormire, perché Daniele pensava sempre a tutto. Di lui non parlava, né l’ho mai visto. Ma un paio di settimane fa Daniele è venuto in associazione con un occhio rosso, e mi ha detto di aver ricevuto un pugno dall’uomo che aveva in casa. E mi ha giurato che lo avrebbe mandato via”. Di quel garage trasformato in monolocale il 31enne aveva libero accesso.
“Non è mai apparso agitato o preoccupato Daniele, era sempre tranquillo – dice Lombardi -. Era bravissimo, coretto, educato e molto riservato. Di se non raccontava tantissimo, so solo che aveva perso i genitori e che era stato adottato. E poi, abbandonato da questa famiglia, era finito in comunità. Per diverso tempo ha vissuto in alt’Italia per poi arrivare a Viterbo, ma non so come ci sia capitato né quando. Nei particolari non è mai entrato, ma Daniele era speciale. Era colto, perché aveva studiato e frequentato l’università. Non era uno sprovveduto, e si fidava di tutti”. Anche del suo presunto assassino. “E questo ci ha sconvolti”.
Barchi era nullatenente. “Ma forse faceva dei lavoretti e aveva una piccola pensione – racconta Lombardi -. Certo, ogni tanto chiedeva qualcosa da mangiare ma soldi mai. E sembrava avesse anche una storia d’amore. L’ho scoperto quando, in associazione, ha disegnato due cuori: uno rappresentava lui, e l’altro la fidanzata spagnola di cui parlava sempre. Erano in contatto su Facebook, e si scrivevano sempre anche se non si sentivano mai per telefono. Daniele era contento, e sperava di poter andare presto da lei”.
E di Barchi avrà “sempre un bel ricordo” anche Lando, un ragazzo dell’Afesopsit. “Era sempre disponibile – ricorda -. Un uomo dal bel sorriso, preciso e molto attento agli altri. Non chiedeva mai nulla, neppure un caffè. E non è da tutti, soprattuto in un contesto come questo dove a chiedere sono sempre in tanti. E pure con un pizzico di presunzione. Daniele era buono, basti pensare che ha ospitato in casa un ragazzo uscito dal carcere. E gli dava da mangiare e non gli faceva mancare nulla, cose che nessuno è disposto a fare. Ed è terribile quello che ha ricevuto in cambio da questo Pavani, che avevo conosciuto il 10 aprile, quando Daniele ha compiuto 42 anni. L’avevo incontrato al corso e mi ha portato a casa, dove c’era questo ragazzo. Era sdraiato sul divano e dormiva. Si è alzato, ci siamo presentati e siamo stati insieme. Ma non più di cinque minuti, perché io avevo da fare e me ne sono subito andato”.
Raffaele Strocchia
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