Viterbo – Al via giovedì 22 novembre la perizia psichiatrica su Ermanno Fieno, il verdetto a primavera. Sarà trascorso quasi un anno dalla morte dei genitori, avvenuta il 28 novembre 2017, il padre per cause naturali e la madre uccisa dal figlio imputato di omicidio volontario e occultamento di cadaveri.
E’ uscito ieri per la seconda volta da Mammagialla, nel giorno del suo 45esimo compleanno, Ermanno Fieno, nato a Viterbo il 9 novembre 1973, come recita la carta d’identità che il 15 dicembre dell’anno scorso esibì alla polizia di frontiera che lo ha fermato alla stazione di Ventimiglia mentre, con un biglietto ferroviario per Mentone e poche decine di euro in tasca, si apprestava a scappare in Francia.
La prima uscita era stata il 28 settembre, quando per Fieno si è aperto il giudizio abbreviato per l’omicidio volontario della madre e l’occultamento dei cadaveri dei genitori davanti al gip Rita Cialoni, che ieri ha conferito al professor Giovanni Battista Traverso la perizia psichiatrica che dovrà accertare se fosse capace di intendere e di volere all’epoca dei fatti, se sia in grado di stare in giudizio e se sia socialmente pericoloso.
Il 45enne aveva fatto perdere le tracce due giorni prima dell’arresto, la sera del 13 dicembre 2017, quando i cadaveri dei genitori Rosa e Gianfranco, di 77 e 83 anni, morti da due settimane, furono trovati avvolti nel cellophane, lui morto di morte maturale e lei colpita più volte alla testa con un attizzatoio da camino, nella camera da letto dell’appartamento al secondo piano della palazzina del quartiere Santa Lucia, dove convivevano con il figlio.
Il professor Traverso, docente ordinario di psicopatologia forense a Siena, tra gli esperti del pool che si è occupato del delitto di Cogne, si è preso 90 giorni per depositare la sua consulenza, a partire dal 22 novembre, giovedì prossimo, quando si recherà a visitare Fieno nel carcere di Mammagialla. La difesa ha invece confermato la nomina come consulente di parte di un altro big della psichiatria forense nazionale, il professor Alessandro Meluzzi, che affiancherà il collega nel corso degli accertamenti.
Tre mesi dopo il macabro ritrovamento dei corpi senza vita dei coniugi Fieno, l’8 marzo scorso, il figlio, difeso dall’avvocato Roberto Massatani, ha confessato nel corso di un lungo interrogatorio, durato tre ore, di avere ucciso la madre il 28 novembre, poco dopo la morte per cause naturali del padre.
Reo confesso di un delitto per il quale rischia la condanna all’ergastolo, il 24 settembre sarebbe dovuto comparire davanti alla corte d’assise, composta da sei giudici popolari e due togati. Ma la difesa, a quel punto, ha chiesto il giudizio abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica, per cui il procedimento è stato posticipato al 28 settembre davanti al giudice per le indagini preliminari Rita Cialoni la quale, accogliendo la richiesta, ha rinviato per l’appunto a ieri per la nomina del perito indicato dal tribunale.
In virtù del rito alternativo, in caso di condanna all’ergastolo, a meno che non gli venga inflitto anche l’isolamento diurno, Fieno, grazie allo sconto di un terzo della pena, verrebbe condannato in primo grado a un massimo di 30 anni. Ma il procedimento, che si svolgerà interamente a porte chiuse, potrebbe addirittura non cominciare, qualora la perizia psichiatrica dovesse stabilire la non punibilità dell’imputato per totale incapacità di intendere e di volere. O avere in ogni caso una diversa evoluzione, sempre in base alle conclusioni dello psichiatra e naturalmente alle carte in possesso della difesa.
Un’udienza lampo quella che si è svolta ieri all’aula 1, al termine della quale il 45enne è stato riportato a Mammagialla scortato dalla polizia penitenziaria. Tornerà in tribunale, se vorrà essere presente, il prossimo 19 marzo, data fissata per sentire il professor Traverso e per la discussione. Quel giorno, salvo impedimenti, il pubblico ministero Chiara Capezzuto, titolare del fascicolo, dovrebbe giungere alle sue conclusioni, mentre la difesa parlerà dopo un paio di settimane, il 2 aprile, giorno fissato anche per la sentenza.
Gli ultimi istanti di libertà mentre scendeva le scale della stazione
Vistosi scoperto, Ermanno Fieno lasciò in fretta e furia la casa della fidanzata verso le 21 del 13 dicembre dell’anno scorso, mentre scattava l’allarme lanciato dal fratello e dalla sorella che da giorni non riuscivano a comunicare con i genitori, facendo perdere le sue tracce fino alla mattina del 15 dicembre, quando è stato catturato dalla polizia di frontiera alla stazione di Ventimiglia mentre era in fuga verso la Francia.
L’uomo, dall’aspetto curato sia negli abiti che nella barba, giunto a Ventimiglia nella tarda serata del 14 dicembre, sarebbe stato in procinto di prendere il primo treno utile per la Francia, destinazione Mentone, per non essere arrestato.
Ce l’avrebbe fatta, se un agente del settore frontiera della città ligure in servizio di controllo in ambito ferroviario non lo avesse riconosciuto incrociandolo. Erano circa le 9 del mattino quando, terminati i controlli a bordo dei vari treni in arrivo, il poliziotto stava proseguendo con un collega l’attività nell’atrio della stazione, incrociando lo sguardo di Fieno che nello stesso istante si accingeva a scendere le scale che dal primo binario portano ai treni in partenza.
Un attimo che gli è bastato per riconoscere in quel volto lo stesso viso descritto nella nota di ricerca diramata il gorno prima a livello nazionale dalla questura di Viterbo, con l’avviso che il ricercato avrebbe potuto essere armato.
Il 45enne non avrebbe invece opposto alcun tentativo di resistenza. Alla richiesta di mostrare i documenti, senza proferire verbo, ha esibito la carta d’identità e si è lasciato trattenere in stato di fermo di indiziato di delitto come da decreto emesso dalla procura della repubblica presso il tribunale di Viterbo. Portato prima a Imperia e pochi giorni dopo a Viterbo, non ha più lasciato il carcere, se non per il tribunale.
Silvana Cortignani
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