Viterbo – Un paese delle meraviglie a nord di Viterbo. Il regno delle fiabe di Sant’Angelo, Celleno e Roccalvecce. Un quadrilatero della cultura con dentro anche Civita di Bagnoregio. Tre piccole realtà della Tuscia, più la città del sindaco Francesco Bigiotti, che hanno avuto l’audacia di credere ancora nelle favole. In un mondo dove tutti hanno smesso di sognare.
Il progetto ha per nome “Sant’Angelo, il paese delle fiabe”. Murales dipinti sulle case. Finora sono quasi una dozzina. L’obiettivo è superare i quaranta nei prossimi cinque anni. Lewis Carroll, Grimm, Collodi e Le petit prince de Saint-Exupéry. I racconti che hanno fatto addormentare generazioni di bambini nel corso dei secoli. Tra stregatti, bianconigli, burattini e capanne di marzapane. Lupi che si calano giù per il cammino e vecchiette che divorano i ragazzini. Trascinandoli via per i piedi.
A mettere in moto il progetto è stata l’associazione Acas del presidente Gianluca Chiovelli. A crederci Giovangiorgio Costaguti, rampollo di un’antica famiglia di banchieri romani, il sindaco di Celleno Marco Bianchi, il primo cittadino di Bagnoregio e infine la consigliera comunale Chiara Frontini. Perché Sant’Angelo fa frazione, di Viterbo. Assieme a Roccalvecce. Dove i Costaguti dalla seconda metà del seicento i Costaguti c’hanno un castello.
Due realtà spesso ai margini del comune in cui si trovano.
Tant’è vero che quando il presidente Chiovelli telefonò all’amministrazione di Viterbo per proporre il progetto dei murales, “rispose una persona – racconta il presidente dell’Acas – dicendomi: ‘ma lei è sicuro che Sant’Angelo fa parte del comune di Viterbo? Guardi che a noi non risulta’”. Chiovelli l’ha detto qualche giorno fa. All’atelier di Sergio Milioni in via San Bonaventura a Viterbo, dove la sua associazione ha presentato il dodicesimo murales commissionato da Bagnoregio a proprie spese e raffigurante Civita.
“Da allora è passato un anno e mezzo”, ha precisato Chiovelli. E quelli di Sant’Angelo e Roccalvecce, e poi Celleno e adesso pure Bagnoregio e Chiara Frontini si sono mossi per conto loro. Con le loro forze e a spese proprie. Creando una sinergia d’intendi e progetti che sta mano mano configurando la zona della Teverina come zona a se stante della Tuscia. Quasi fosse un’altra provincia, con Civita di Bagnoregio capoluogo e capitale culturale e gli altri paesi a spalmare sul territorio turisti e identità. Quello che sta avvenendo da quelle parti non è soltanto un’operazione culturale, ma dentro un’operazione culturale che sta andando avanti da anni si sta configurando anche un nuovo soggetto sociale ed istituzionale. Che sta inoltre dando vita a vere e proprie infrastrutture di trasporto pubblico per collegare l’intera zona.
Civita di Bagnoregio è il perno, l’asse portante. A valle, già a partire dal confine naturale segnato dai Calanchi, che più che una valle rassomiglia a un monte, sacro a tutti gli abitanti, un “paese delle fiabe” in versione magico mondo di Alice. In sintesi, un territorio nuovo e inesplorato che si sta configurando. Giocandosi la partita in modo del tutto singolare. Un modo che però sta dando a questa parte della Tuscia un volto esclusivo. Difficilmente riscontrabile altrove. La fase due del modello Civita messo in piedi da Bigiotti. Caratterizzare il territorio attorno, creando un circuito turistico con strutture e identità culturali, e non solo, ben salde. Basti pensare che Bigiotti dal luglio del 2019 avrà a disposizione anche una flotta di bus turistici che gireranno per buona parte della provincia. Nel frattempo Bagnoregio sarà diventato un borgo dipinto e i comuni attorno un parco culturale incentrato sui racconti di fiabe. Con Sant’Angelo, il castello dei Costaguti e il borgo fantasma di Celleno a fare da apripista.
Un’operazione culturale che ha portato due realtà culturali sotto l’orbita di Civita, agganciandole a Celleno. Bagnoregio che sta offrendo a questi posti il salto di qualità su un piatto d’argento. E i murales di Sant’Angelo non sono altro che l’inizio.
“Le fiabe – ha detto Chiovelli – fanno parte del folklore europeo”. Ecco perché sui muri di Sant’Angelo ci sono personaggi di fiabe conosciuti da tutti. Perché rappresentare sui muri i racconti locali avrebbe avuto solo una valenza locale. “Le fiabe – ha proseguito Chiovelli – sono un deposito culturale che ha almeno due millenni di storia alle spalle. Dobbiamo solo lustrare ciò che c’è, rimettendolo in piedi nella sua forza primordiale. Questo significa dar vita a una forza attrattiva a livello continentale. Noi stiamo sottovalutando il territorio in cui viviamo e ci troviamo ad agire tutti i giorni. Quando vado a potare gli ulivi percorro sentieri medievali, strade che ci sono da sempre. Questa non è una ricchezza? Ma, soprattutto, ci possiamo veramente permettere di lasciare abbandonato questo patrimonio che tutti ci dovrebbero invidiare? A queste ricchezze noi non facciamo altro che aggiungere la forza culturale della fiaba. Un racconto comune a milioni di cittadini europei. Un unico progetto che riguarda la Tuscia”.
Coinvolgendone gli abitanti. Puntando sulla partecipazione di tutti. Come stanno facendo a Sant’Angelo.
“Volevo fare qualcosa che fosse accettato dagli abitanti – ha raccontato Tina Loiodice che ha dipinto il corpo principale murales a Sant’Angelo – La paura era quella di invadere uno spazio di tutti. E le scelte dovevano essere fatte attentamente. Proprio per creare un consenso forte attorno al nostro progetto. E la scelta è stata quella di ritrarre i bambini del posto nei personaggi dei murales. Il volto di Alice, il primo murales di Sant’Angelo, è di Ambra, una bambina di Sant’Angelo. I bambini sono gli artefici”.
“Tutte queste forze – ha spiegato poi Giovangiorgio Costaguti – sono state messe in moto perché abbiamo scavato nel profondo di una terra che ha una ricchezza infinita. Il paese delle fiabe ha il compito di riattivare questa ricchezza. Chi verrà a vedere il mondo che stiamo creando, andrà poi a vedere il resto del patrimonio storico e naturalistico che lo caratterizza. Quello che faremo nei prossimi anni, questa unità di cultura, di arte e paesaggio, è mettere in gioco la Tuscia nel suo insieme. Creando un tessuto connettivo unico attorno alle realtà di Celleno, Roccalvecce, Sant’Angelo e Civita. Un territorio unito per poter mostrare al mondo la bellezza la sua bellezza”.
Una realtà in atto. Con Celleno che ha già realizzato un sentiero dei Castelli e delle fiabe che unisce il borgo fantasma a Roccalvecce e Sant’Angelo.
“Questo progetto è forte – ha detto infine Chiara Frontini, che ha scelto il secondo murales di Sant’Angelo dedicato al Piccolo principe – perché nasce direttamente dai cittadini che sentivano la necessità di dare un’identità al proprio borgo. A Sant’Angelo hanno deciso i santangiolesi. Adesso dobbiamo fare squadra. Queste realtà devono essere messe in rete. Un brand territoriale, un attrattore per fare economia con il turismo”.
Daniele Camilli
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