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Mafia a Viterbo - Operazione Erostrato - Prestipino della Dda di Roma e il comandante dei carabinieri Palma spiegano come agiva l'organizzazione criminale - FOTO E VIDEO
Viterbo – Carabinieri – Giuseppe Palma e Federico Lombardi
Ismail Rebeshi
Scacco alla Mafia nel Viterbese – Gli arrestati all’uscita dalla caserma dei carabinieri
Scacco alla Mafia nel Viterbese – Gli arrestati all’uscita dalla caserma dei carabinieri
Scacco alla Mafia nel Viterbese – Gli arrestati all’uscita dalla caserma dei carabinieri
Roma – Controllavano compro oro, locali notturni e il settore dei traslochi. Ma anche il mercato degli stupefacenti.
Diversi i reati commessi, dal recupero credito alle estorsioni.
Avrebbero poi inviato messaggi minatori e proiettili, messo teste di animali nelle auto delle vittime, davanti a negozi e discoteche. Pianificato rapine, esploso colpi d’arma da fuoco contro le vetrine dei compro oro e fatto attentati incendiari.
I carabinieri del comando provinciale di Viterbo, del raggruppamento aeromobili di Pratica di Roma, insieme alle unità cinofile e alle squadre del Cio dell’ottavo reggimento Lazio, all’alba hanno arrestato tredici persone. Undici sono finite in carcere e due ai domiciliari.
È l’operazione Erostrato, avviata a dicembre 2017 e coordinata prima dalla procura di Viterbo e poi dalla Dda di Roma.
A illustrarla il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Roma, Michele Prestipino, e il comandante provinciale dei carabinieri di Viterbo Giuseppe Palma.
“Le investigazioni – spiegano gli inquirenti – hanno permesso di accertare l’esistenza a Viterbo di un sodalizio criminale. Un’associazione di tipo mafioso facente capo al calabrese Giuseppe Trovato e all’albanese Ismail Rebeshi. I membri dell’organizzazione criminale hanno commesso indeterminati reati, coinvolgendo diversi settori”. Anche quello economico.
“Il sodalizio – proseguono i carabinieri -, attraverso la violenza sistematica, aveva come obiettivo quello di controllare il territorio della città di Viterbo”.
Secondo gli inquirenti, a capo dell’organizzazione ci sarebbero stati Trovato e Rebeshi.
“L’organizzazione criminale, frutto della fusione tra la metodologia mafiosa calabrese importata a Viterbo da Trovato e l’inclinazione spiccatamente violenta della criminalità albanese, propria di Rebeshi, ha attuato intimidazioni e violenze, capaci di diffondere a Viterbo timore e soggezione”.
Una cinquantina, secondo gli inquirenti, gli atti intimidatori realizzati dal sodalizio da gennaio 2017.
“L’associazione – continuano i carabinieri – gode diffusamente a Viterbo di una propria fama criminale. Diverse persone si sono rivolte all’associazione criminale per risolvere controversie di natura privata”.
Nella popolazione, paura e omertà. “La popolazione non sempre è stata disposta a denunciare le vessazioni subite. Talvolta le vittime hanno ritrattato le dichiarazioni subito, preferendo mutare le proprie abitudini di vita”.
Gli indagati sono:
1. TROVATO Giuseppe, detto “Peppino”, quarantatreenne originario di Lamezia Terme, da anni trasferitosi a Viterbo, dove gestisce tre Compro oro, con un ruolo di vertice nell’associazione oggi smantellata;
2. REBESHI Ismail, detto “Ermal”, cittadino albanese di trentasei anni, domiciliato a Viterbo, dove gestisce una rivendita di autovetture ed un locale notturno, anche questo con ruolo di vertice nel sodalizio;
3. PATOZI Spartak, detto “Ricmond”, cittadino albanese di trentuno anni, residente a Vitorchiano (Vt), operaio, partecipe dell’associazione;
4. DERVISHI Sokol, detto “Codino”, cittadino albanese di trentatré anni, residente a Viterbo, operaio, partecipe dell’associazione;
5. GURGURI Gazmir, detto “Gas”, cittadino albanese di trentacinque anni, residente a Canepina (Vt), operaio, partecipe dell’associazione;
6. LAEZZA Gabriele, detto “Gamberone”, trentunenne, residente a Viterbo, operaio, partecipe dell’associazione;
7. OUFIR Fouzia, detta “Sofia”, cittadina marocchina di trentaquattro anni, residente a Viterbo, compagna e dipendente di Trovato, partecipe dell’associazione;
8. GUADAGNO Martina, trentunenne residente a Viterbo, dipendente di Trovato, partecipe dell’associazione;
9. FORIERI Luigi, detto “Gigi”, cinquantunenne residente a Caprarola, titolare di un bar, partecipe dell’associazione;
10. PATOZI Shkelzen, detto “Zen”, cittadino albanese di trentaquattro anni, residente a Viterbo, operaio, partecipe dell’associazione;
11. PAVEL IONEL, cittadino romeno di trentacinque anni, concorrente in alcuni delitti-fine;
12. PECCI Manuel, ventinovenne residente a Viterbo, titolare di un centro estetico, concorrente in un delitto-fine;
13. ERASMI Emanuele, cinquantenne residente a Viterbo, artigiano, concorrente in un delitto-fine.
“I tredici indagati – si legge in una nota degli investigatori – sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso ed estorsioni, danneggiamenti, danneggiamento seguito di incendio, incendio, furto, tentativi di rapina, favoreggiamento personale, lesioni personali, illecita concorrenza con violenza o minaccia, detenzioni di armi comuni da sparo, con l’aggravante di aver commesso tali delitti per agevolare I’associazione mafiosa e/o avvalendosi del metodo mafioso.
Gli indagati dopo le formalità di rito sono stati portati nelle carceri di Viterbo e Civitavecchia (per le donne), ad eccezione di Pecci ed Erasmi sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Nel carcere di Viterbo, i carabinieri, insieme al personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria hanno eseguito alcune perquisizioni anche nell’istituto”.
Presunzione di innocenza Per indagato si intende semplicemente una persona nei confronti della quale vengono svolte indagini preliminari in un procedimento penale.
Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.