Tuscania – Processo davanti alla corte d’assise per il 77enne di Tuscania, Aldo Sassara, accusato dell’omicidio volontario del cognato, l’agricoltore 83enne Angelo Gianlorenzo. Il suo corpo martoriato fu trovato nelle campagne di Tuscania la vigilia di Ferragosto del 2016.
– Omicidio di Angelo Gianlorenzo, rinviato a giudizio Aldo Sassara
“Contro di me non hanno niente” diceva tra sé Aldo Sassara intercettato in macchina. Per l’accusa un indizio di colpevolezza. Per la difesa lo sfogo di un anziano traumatizzato dall’uccisione del cognato e dal fatto di essere lui l’unico indagato.
Unico indagato per il delitto, Aldo Sassara è stato rinviato a giudizio ieri dopo due anni e mezzo dal gup Francesco Rigato, al termine di un’udienza molto combattuta nel corso della quale sia i legali dei familiari della vittima, sia i difensori dell’imputato sono tornati a ribadire, a tratti con veemenza, le rispettive ragioni. Il processo si aprirà davanti ai sei giudici popolari e ai due togati della corte d’assise il prossimo 3 giugno. Parti civili i familiari della vittima, la vedova e i due figli, assistiti dall’avvocato Giovanni Bartoletti e Francesco Bergamini.
“Non esiste un motivo per processare Aldo Sassara, il cui unico torto, se così si può dire, era avere una causa civile con il cognato, il motivo per cui è stato iscritto nel registro degli indagati. Non hanno dato esito le investigazioni, niente dagli accertamenti tecnici, scientifici e biologici. Niente dai numerosi testimoni sentiti a sommarie informazioni, che nulla hanno potuto dire del fatto”, sono tornati a dire i difensori Marco Valerio Mazzatosta e Danilo Scalabrelli a margine dell’udienza, che si è conclusa, dopo circa tre ore, poco dopo l’una e mezza con il rinvio a giudizio per omicidio volontario dell’anziano indagato.
Ironia della sorte, nell’immediatezza del delitto, l’imputato Aldo Sassara, parlando da solo mentre era alla guida della sua macchina, senza sospettare di viaggiare con a bordo delle microspie messe dalla procura, avrebbe detto frasi tipo “contro di me non hanno niente”. Un indizio di colpevolezza secondo l’accusa, solo uno sfogo per la difesa.
Durante la discussione, il pm Michele Adragna ha parlato delle intercettazioni ambientali autorizzate dal tribunale su richiesta della procura, nel corso delle indagini preliminari, a carico di Sassara.
Il 77enne avrebbe avuto l’abitudine di parlare da solo mentre era alla guida della propria vettura e proprio le captazioni ambientali durante gli spostamenti in macchina avrebbero suscitato l’interesse degli investigatori. In particolare dei soliloqui, durante i quali il presunto omicida avrebbe ripetuto piùvolte a se stesso frasi del tipo “non mi hanno trovato niente” oppure “non c’è niente contro di me”.
“Quelle frasi dette tra sé e sé sono solo lo sfogo di una persona rimasta traumatizzata da tutto quello che gli è accaduto dopo la morte del cognato – secondo i difensori – peraltro si tratta di intercettazioni relative a un periodo precedente alla richiesta di misura di custodia cautelare del pm massimiliano Siddi che è stata rigettata dal gip Stefano Pepe ‘per mancanza di gravi indizi di colpevolezza’, il che vuol dire che nemmeno per il magistrato avevano altro significato se non quello di uno sfogo”.
La ricostruzione dell’omicidio
La mattina del 14 agosto 2016 Sassara, stando a quanto riferito dalla moglie ai carabinieri, “è uscito di casa tra le 7 e le 7,30 per recarsi nel proprio terreno, confinante con quello della vittima, in località San Savino”. In realtà dalle telecamere di videosorveglianza “si rileva che l’indagato è transitato sull’incrocio di via del Pratino (Capodimonte, ndr), poco distante dalla sua abitazione, alle 6,31. Da solo e a bordo del suo motorino bianco”.
Angelo Gianlorenzo viene invece immortalato sulla Martana alle 7,03. Mentre anche lui, a bordo del suo Piaggio Ape, sta raggiungendo la campagna.
“Fondamentale”, come il pm l’ha definita, la testimonianza di un pastore della zona. Alle 9,30, mentre portava le pecore al pascolo, ha “sentito in lontananza delle urla e degli strilli, come di persone che stavano litigando. Più mi avvicinavo al casale – racconta -, più udivo forte la discussione. Le urla e gli strilli sono durati per circa dieci minuti e, secondo me, la discussione era tra due o più persone. Mentre portavo il gregge al fiume, ho sentito in lontananza una voce che diceva: ‘Dai, forza! Vai, vai’. Poi ho udito soltanto dei lamenti provenire da una sola persona. Lamenti riferibili a una persona che era stata picchiata, malmenata o che stava male. Sono durati per circa dieci minuti, poi non ho sentito più nulla”. Se non “un calpestio, desumibile dal movimento di foglie e arbusti, che mi ha fatto ritenere che qualcuno stesse correndo o scappando. Il movimento andava in direzione di alcune piante d’olivo”.
“Alle 11,15 – scrivono gli inquirenti nelle carte d’inchiesta – Sassara viene nuovamente ripreso dalle telecamere”. Questa volta però nel senso opposto di marcia. Ovvero, mentre dalla campagna ritorna a Capodimonte. Dove, verso le 11,30, “si sarebbe recato in un chiosco” e avrebbe anche “consumato un aperitivo”. Tra le 12 e le 12,45 fa “rientro a casa per pranzare. Per poi riuscire alle 14,15, sempre a bordo del suo ciclomotore”.
Il ritrovamento del cadavere
Il ritrovamento del cadavere di Angelo Gianlorenzo avviene alle 12,15. A fare la macabra scoperta è il figlio, allertato dalla madre perché il padre non era rientrato in casa alla solita ora. Tra le 10 e le 10,15. “Giunto sul posto – ricorda il figlio della vittima – ho chiamato a gran voce mio padre, non ricevendo però risposta. L’ho ritrovato alle spalle del casale riverso a terra. In un primo momento ho pensato a un malore, ma poi ho visto la testa piena di sangue, la camicia strappata e graffi sulla pancia e il costato. Chiazze di sangue e oggetti sparsi sul terreno, la dentiera per terra e le scarpe sfilate. Ho provato a soccorrerlo, ma non c’era più nulla da fare. Ho preso un lenzuolo e l’ho coperto”.
Quando i carabinieri arrivano sul luogo del delitto trovano accanto al corpo di Gianlorenzo anche un berretto, un paio di scarpe nere, un mazzo di chiavi, frammenti di tegola e un sasso. “Tutti – sottolineano – con tracce ematiche sopra”. Infine monete e banconote. “Il tutto – continuano gli investigatori – in posizione sparsa e tale da far desumere che ci fosse stata una colluttazione”. E vicino a dei tubi per l’irrigazione notano anche “una grossa tegola rustica, riconducibile ai frammenti rinvenuti vicino al cadavere, con tracce ematiche nella parte in cui era spezzata e dei residui piliferi sul bordo”.
“Prima o poi te la farò pagare”
Sassara finisce nel mirino degli inquirenti dopo alcune dichiarazioni del figlio della vittima. “Da dieci anni – racconta – abbiamo dei dissidi per degli appezzamenti di terreno e alcune proprietà abitative, con causa al tribunale civile di Viterbo, con mio zio Aldo Sassara. Dieci giorni fa, mentre annaffiavo l’orto, ho sentito un’animata discussione tra mio zio e mio padre, che erano arrivati anche alle mani. Dopo averli separati, ho invitato mio zio ad andarsene. E mentre andava via ha proferito a mio padre la frase: Tanto prima o poi te la fo’ pagare”.
“Si è cambiato i vestiti”
“Prima di andare via dal terreno Aldo Sassara si è cambiato. È uscito di casa vestito in un modo e se n’è andato dal terreno con indumenti diversi da quelli con i quali vi è giunto”. Secondo i carabinieri questo cambio d’abito è avvenuto “con assoluta certezza”, nonostante Sassara lo abbia più volte negato. “In maniera insistente e sospetta – sottolineano i militari -, appoggiato dalla moglie”.
Per gli inquirenti la prova regina sono le immagini della videosorveglianza, che immortalano Sassara andare e tornare dalla campagna. Mentre alle 6,31 “indossa il casco, un giubbotto senza maniche di colore verde militare e una camicia a maniche lunghe color granata\terracotta. Un paio di pantaloncini scuri e un paio di scarpe chiare\beige”. Alle 11,15 “indossa una canottiera azzurra e dei pantaloncini”. Ovvero, gli abiti che aveva addosso quando è stato rintracciato dai carabinieri e che sono stati sequestrati.
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