Viterbo – “Un’azienda sull’orlo del collasso”, così l’ha definita Ivan Grazini. La prima è l’Ater Viterbo, l’azienda territoriale per l’edilizia residenziale, case popolari, il secondo è il commissario straordinario che la dirige.
Nel suo ufficio in via Garbini ci sono anche Fabrizio Urbani, Roberto Rondelli e Antonio Iezzi. Rispettivamente direttore generale, responsabile e addetto all’ufficio utenza. Insieme raccontano come funziona l’azienda. Alloggi, occupazioni, affitti e crediti che forse non verranno mai riscossi.
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Un patrimonio immobiliare che sul mercato privato potrebbe valere 18 milioni e mezzo di affitti l’anno. L’Ater fattura invece 3 milioni e mezzo di euro, sempre di affitti, di cui 950 mila euro non vengono pagati. Ogni anno. E probabilmente non lo verranno mai. Perché si tratta di case occupate. Centocinquanta in tutta la provincia, su 4400 unità residenziali.
“Lo Iacp – racconta Grazini – un tempo l’Ater quando non era ancora azienda si chiamava così, veniva aiutato dalla Regione Lazio che ne ripiantava di volta in volta i bilanci. Una vera e propria ancòra di salvezza. Da quando è diventata azienda e quest’ancòra non c’è più, le Ater sono andate in sofferenza. E questo soprattutto perché i canoni di affitto, irrisori, non sono stati più modificati. Sono fermi al 1984. Per fortuna nella Tuscia abbiamo a disposizione anche 1600 unità commerciali, vale a dire garage, magazzini, negozi. Da questi riusciamo a incassare tra i duemila e tremila euro al mese. Molti sono su Viterbo. Ad esempio il supermercato in via Marconi. Se non ci fossero i canoni commerciali l’Ater avrebbe già chiuso”. I locali commerciali affittati dall’Ater sono attualmente 435.
Viterbo – Il commissario Ater Ivan Grazini assieme a Fabrizio Urbani, Roberto Rondelli, Antonio Iezzi
Il patrimonio immobiliare. L’Ater Viterbo conta circa 4400 alloggi di edilizia residenziale che ospitano quasi 14 mila persone. Milleduecento case popolari si trovano a Viterbo. Le zone sono quelle del Carmine, Pilastro, Santa Barbara, Paradiso, Capretta, Salamaro, Bagnaia, San Martino, Roccalvecce, La Quercia. Si tratta soprattutto di appartamenti all’interno di palazzi. Gli occupanti abusivi, nel capoluogo, sono in tutto una cinquantina. Le case popolari nel resto della provincia sono invece 3200. Prevalentemente villette a schiera con giardino. Nella Tuscia, esclusa Viterbo, gli occupanti sono complessivamente un centinaio.
In tutto il Lazio, come riporta il sito internet della Regione (dati 2015), le abitazioni gestite dall’Ater sono 83 mila e “rappresentano circa il 3% del patrimonio alloggiativo complessivo nella regione (comprese le seconde case), quindi nella locazione residenziale, una abitazione ogni cinque è gestita dalle Ater”. Il 57% degli immobili si trova nella capitale (47 mila abitazioni), il 13% in provincia di Roma. Il rimanente nel resto del Lazio.
Gli appartamenti Ater sono infatti così distribuiti. In ordine. Comune di Roma (47.714 unità abitative pari al 57,15% del totale), provincia di Roma (10.863, 13,01%), provincia di Latina (8302, 9,92%), Frosinone (7137, 8,76%), Viterbo (4122, 4,94%), comprensorio di Civitavecchia (2772, 3,32%) e Rieti (2428, 2,91%).
“Dalle attività di screening delle banche dati ricevute dalle Ater – spiega il sito della Regione Lazio – si riscontra che il quadro riferito all’età del costruito è perlopiù stato realizzato tra gli anni ’60 e la metà degli anni 80 (40%). Solo il 3% dopo il 2000”. Per l’esattezza, il 12% degli appartamenti è stato costruito prima della seconda guerra mondiale, il 21% tra il 1946 e il 1960, il 42% tra il 1961 e il 1985, il 22% tra il 1986 e il 2000 e il 3% tra il 2001 e il 2014.
Per quanto riguarda infine l’anagrafe del patrimonio immobiliare Ater, nelle case popolari della regione abitano in tutto 200.000 persone di cui solo un 5% di cittadinanza non italiana. La composizione dei nuclei familiari presenti è poi rappresentata per il 37% da una persona ultra settantenne, per il 30% da una famiglia di due persone, per il 23% da disabili e per il 6% da più di 4 persone. In media vivono 2,35 persone per alloggio.
Viterbo – Il commissario dell’Ater Ivan Grazini
Come vengono assegnate le case popolari dell’Ater. “Le case popolari – spiegano i dirigenti dell’Ater Viterbo – vengono assegnate tramite un’unica graduatoria comunale. La graduatoria Erp, edilizia residenziale pubblica. Il comune assegna poi la tipologia in base alla superficie. Fino a 45 metri quadrati, fino a 60, 75 e da 75 metri in su. Le metrature vanno a seconda del nucleo familiare ed è l’inquilino che sceglie fra gli appartamenti disponibili in base alla tipologia assegnata. Una volta assegnato l’alloggio, l’inquilino assegnatario fa un giro, vede quelli disponibili a seconda della tipologia assegnata e fa la sua scelta”. Le utenze (luce, gas, ecc.) sono tutte a nome dell’inquilino.
C’è quindi una graduatoria Erp gestita dal comune. Le case tuttavia non vengono assegnate sulla base della posizione, pura e semplice, in graduatoria. Ciò che conta è la tipologia di casa in quel momento disponibile.
“Le metrature – continuano i dirigenti Ater – vanno a seconda del nucleo familiare. E questo già crea un problema. Se un nucleo familiare composto da una sola persona è primo in graduatoria, ma la casa disponibile è di 85 metri quadrati, non sarà lui a prenderla ma il primo nucleo familiare in graduatoria che ha cinque persone o più. Quindi, magari il cinquecentesimo in graduatoria prende casa e i primi 150 no. Ad esempio, i primi centoventi in graduatoria sono nuclei familiari composti da uno o due persone. Attualmente nella Tuscia ci sono 800 nuclei familiari in graduatoria. Per nucleo familiare si intende anche una famiglia composta da una sola persona”.
Viterbo – Case popolari Ater a Bagnaia
I canoni d’affitto. “L’Ater è un’azienda – dice subito Grazini – e un’azienda produce qualcosa. L’Ater produce canoni, ma questi canoni sono irrisori. Dal 1984 non sono stati più modificati”. Ogni anno l’Ater Viterbo fattura 3 milioni e mezzo di euro di canoni d’affitto. Circa 950 mila euro sono però crediti che probabilmente non discuterà mai, perché si tratta di appartamenti occupati, dove l’affitto non viene pagato. Quindi, dati alla mano, ogni anno, al netto di tutto, l’Ater viterbese può contare su 2 milioni e mezzo di euro derivanti dai canoni d’affitto delle case popolari. A questi vanno aggiunti i 470 mila euro che entrano in cassa grazie all’affitto di 435 locali commerciali. Dunque l’incasso reale dell’Ater non è di 3 milioni 970 mila euro ogni anno, ma di 3 milioni tondi tondi. Perché ci sono sempre i 950 mila euro non incassati dagli alloggi occupati.
Con gli incassi l’Ater deve poi fare fronte alle spese di gestione dell’azienda. “L’Ater di Viterbo – ha già raccontato Grazini in un suo intervento sulle pagine di questa testata – spende ogni anno circa 550 mila euro in manutenzione, con una media di oltre 120 interventi. L’Ater ha poi costi di personale, che attualmente è sotto organico di ben 8 unità, che si aggirano, contributi inclusi, attorno ai 2.250.000 euro”. Ci sono inoltre “250.000-300.000 euro di tasse e imposte (Imu, Tasi, ecc.), e costi di gestione e struttura dell’ordine dei 250.000 euro all’anno”.
Quanto incassa in media l’Ater ogni mese? Oltre 2700 persone (67,5% dell’intera utenza) pagano in media 33 euro ogni mese. Spacchettando il dato, 1180 persone pagano 7,75 euro al mese, 562 versano 28 euro, 180 49 euro, 156 59 euro e 641 persone 72 euro. Poco più di mille persone (26%) pagano in media 105 euro al mese e 177 persone (4,4%) 376 euro ogni 30 giorni. In media, da tutte le case popolari a disposizione l’Ater ricava tra i 67 e i 69 euro al mese di canone.
Immaginando che le case Ater fossero sul mercato privato e calcolando un canone mensile medio di 350 euro per ciascun appartamento (in tutto sono 4400, nel 2015 erano poco più di 4100), l’azienda incasserebbe ogni mese oltre un milione e mezzo di euro, fatturando ogni anno non 3 milioni e mezzo, bensì 18 milioni e 400 mila euro.
“Irrisori”, per dirla con Grazini, sono anche i canoni derivanti mensilmente dai locali. Da 358 “garage” l’Ater tira fuori ogni mese 35 euro. Da 77 locali commerciali porta a casa 343 euro. Mediamente, ogni mese, da 435 locali commerciali l’Ater guadagna 90 euro di canone.
I 950 mila euro non pagati. “L’Ater – commentano Grazini e i dirigenti dell’azienda – fattura ogni anno 3 milioni e mezzo di canoni, ma 950 mila euro non vengono pagati. Chi non paga, al 90%, sono gli occupanti senza titolo. Ma quando si è occupanti senza titolo, per legge, i canoni applicati sono molto più elevati perché si tratta di canoni sanzionatori. Quindi dobbiamo in qualche modo iperfatturare mettendo anche questo canone sanzionatorio che ci gonfia i bilanci, perché esponiamo dei crediti importanti che probabilmente non verranno mai pagati. Viviamo quindi questo fenomeno, fatturati importanti ma inesigibili”.
“In questi anni – sottolineano i dirigenti – abbiamo stretto la cinghia e siamo arrivati al pareggio di bilancio. Tagliando tutto quello che era possibile tagliare. Non abbiamo assunto per anni, abbiamo tagliato il personale e investito su chi è rimasto. Abbiamo anche fatto attività imprenditoriale con la progettazione. Il tutto con mille difficoltà”.
Viterbo – Le case popolari del Pilastro
La vendita degli alloggi. L’Ater può vendere le case popolari, seguendo però delle procedure particolari. “Abbiamo fatto un importante piano di vendita – commentano Grazini e dirigenti Ater -. Per legge, però, non possiamo vendere più del 30% del patrimonio. Attualmente abbiamo un pacchetto di 750 alloggi proposti alla vendita. Con una risposta che si aggira attorno al 20%”.
I prezzi alla vendita sono decisamente agevolati. “Per una casa di 70 metri quadrati al massimo si spendono 40 mila euro”. Di fatto 571 euro al metro quadrato a fronte dei 1300 euro del mercato privato. “Possiamo tuttavia venderla soltanto agli inquilini. Se l’inquilino non la vuole acquistare non la possiamo mettere in alcun modo sul mercato privato, perché si tratta di garantire un diritto”.
Ciononostante, “le persone – sottolineano i dirigenti dell’azienda – non hanno nessun interesse a comprare, questo perché il canone è molto basso, e se i requisiti non cambiano, una casa può passare anche ai figli, a patto che questi rientrino nelle graduatorie Erp”. In sintesi, perché una persona dovrebbe spendere 40 mila euro quando paga invece un affitto di 7 euro e mezzo al mese?
“Infatti le case vengono comprate soprattutto da persone anziane, che ci tengono ad avere una casa, oppure da genitori che poi la lasciano a figli che non hanno più diritto a stare nelle graduatorie Erp”.
Daniele Camilli
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