Viterbo – Più di nove ore per passare al setaccio quella che l’avvocato Fausto Barili, legale della famiglia di Norveo Fedeli, ha definito “una scena del crimine drammatica. Come poche se ne vedono”. Ieri la scientifica è entrata nella jeanseria di via San Luca alle 9 ed è uscita alle 18,20. La pm Eliana Dolce, che coordina le indagini della polizia sull’omicidio del negoziante di 74 anni ucciso il 3 maggio scorso dal 22enne Michael Aaron Pang, ha disposto rilievi, campionamenti e anche un’analisi trigonometrica del luogo del delitto. Con un macchinario collegato a un computer, gli investigatori hanno effettuato una serie di misurazioni all’interno della boutique per poi ricostruirla graficamente. Dieci le zone di interesse rilevate, la maggior parte contenenti tracce ematiche. Nella jeanseria del quartiere San Faustino, nel cuore del centro storico di Viterbo, il sangue era ovunque: ai piedi del bancone e lungo tutto il pavimento del negozio. Pang, omicida reoconfesso, ha trascinato il corpo di Fedeli dalla cassa, dove lo ha colpito alla testa con un piccolo sgabello bianco di ferro, a un appendiabiti mobile dietro al quale lo ha nascosto.
Con il luminol la scientifica ha cristallizzato la scena del crimine. Dall’esterno erano ben visibili due impronte di scarpa. Quelle che il 22enne ha lasciato sull’uscio della boutique dopo essersi sporcato di sangue la sneaker sinistra che indossava durante il delitto. Per evitare di lasciare ulteriori tracce sulla strada per il bus che lo ha riportato a casa, il giovane l’ha avvolta in una busta. I carabinieri, fermato Pang a meno di 24 ore dall’omicidio, hanno trovato la scarpa la mattina del 4 maggio nella sua camera a Capodimonte. Era ancora sporca di sangue. Ieri gli investigatori hanno invece portato via dalla jeanseria diversi oggetti. La maggior parte sono tamponi, soprattutto di sostanze ematiche. Ma ora analizzeranno anche le tracce di sangue trovate su una maglietta grigia indossata da un manichino e quelle rinvenute su uno sgabello d’arredamento di legno. Che non è quello ritenuto l’arma del delitto, già sequestrato durante il sopralluogo effettuato subito dopo l’omicidio. I risultati dei rilievi della scientifica verranno poi incrociati con gli esiti dell’autopsia eseguita sul corpo di Fedeli dal medico legale Maria Rosaria Aromatario il 4 maggio, ma la relazione non verrà depositata prima di luglio.
Al sopralluogo, oltre al capo della squadra mobile Gian Fabrizio Moschini, al quale sono state affidate le indagini, hanno preso parte anche gli avvocati Remigio Sicilia e Lilia Ladi, difensori di Pang, e il legale della famiglia Fedeli Fausto Barili. “Una scena del crimine drammatica – la descrive l’avvocato Barili -. Come poche se ne vedono. Una scena del crimine drammatica che giustifica tutti gli approfondimenti scientifici e tecnici disposti dalla pm affinché si possa cristallizzare la dinamica di un delitto che è stato efferato. L’attività svolta dagli investigatori, che hanno operato in un luogo incontaminato perché posto sotto sequestro subito dopo l’omicidio, è stata altamente professionale. Come è di spessore il lavoro che stanno svolgendo tutti gli inquirenti. Lavoro che chiarirà molti aspetti di questa tragedia. La famiglia Fedeli continuerà ad affidarsi alla procura e alla polizia, ed è pronta ad assecondare eventuali ulteriori accertamenti che il pubblico ministero dovesse far espletare per ricostruire i fatti”.
L’avvocato Remigio Sicilia, difensore del 22enne, rivela invece di aver “avanzato una serie di istanze alla pm, tra cui – spiega – la richiesta di poter effettuare un sopralluogo difensivo nel negozio di via San Luca. Affinché, prima che venga dissequestrato, possa essere fotografato e cristallizzato anche da noi”. Pang è rinchiuso nel carcere di Mammagialla da più di quindici giorni. “Lo andiamo a trovare quasi quotidianamente – afferma l’avvocato Lilia Ladi -. Ieri, essendoci i rilievi della scientifica, non è stato possibile. Ma gli faremo visita oggi e gli spiegheremo il lavoro degli investigatori nella boutique”. Nato in Corea del Sud ma residente negli Stati Uniti, il 22enne era in Italia da febbraio. Sarebbe venuto nel Viterbese per rilevare un ristorante a Vetralla. Secondo gli inquirenti, il 3 maggio avrebbe ucciso il 74enne durante una rapina. Ma lui dice di aver “reagito a un’aggressione di Fedeli. Sono entrato nel negozio – ha spiegato al gip – per comprare 600 euro di vestiti, ma la carta di credito continuava a non funzionare. Non volevo ucciderlo ma Fedeli, che fino ad allora è sempre stato molto gentile, mi ha aggredito e io ho reagito”. Prima dell’omicidio il giovane era entrato nella jeanseria il 30 aprile e il 2 maggio, quando i tentativi di pagare la merce erano andati a vuoto.
Ieri ad assistere ai rilievi della scientifica c’era anche il figlio della vittima, Pierluigi. Non ha messo piede nella boutique, ma è rimasto a lungo nello spazio antistante delimitato dal nastro segnaletico. Da poco diventato papà di una bambina, aveva gli occhi ancora segnati dal dolore. In disparte, pure la moglie di Fedeli e la figlia Nathalia. Il negozio resta intanto sotto sequestro. Al termine del sopralluogo gli investigatori hanno rimesso i sigilli al cancello ed è ancora troppo presto per poter sapere quando verrà restituito alla famiglia del 74enne. Dalle 9 alle 18,20 di ieri via San Luca è rimasta chiusa al traffico, presidiata dalla polizia locale.
Raffaele Strocchia
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