Acquapendente – Il tempo delle ciliegie ha fatto dimenticare quello della pioggia che domenica pomeriggio per un istante, un istante solo, ha messo da parte quello, bellissimo, dei pugnaloni. Ad Acquapendente, paese magnifico, troppo spesso dimenticato, ai confini della Toscana. Un’emozione, salvata da un prete, don Enrico, del duomo cittadino, che a un certo punto ha preso in mano il microfono e ha consolato tutti.
Acquapendente – I vincitori, Via del fiore
“Le preghiere non hanno potuto nulla – ha detto don Enrico -. Ma siete stati bravissimi”. E ha poi chiamato l’applauso per i 15 gruppi, 1500 ragazzi, che per un anno intero si sono sacrificati. Con passione e bellezza. Amore per il posto dove vivono.
Multimedia: Fotogallery: I Pugnaloni sotto la pioggia – La festa – Video: Vince Via del fiore – La festa dei pugnaloni
Belle persone ad Acquapendente. Tra le vie del centro storico, con la pioggia battente, che dio l’ha mandata per tutto il pomeriggio, dalle 4 alle 8. Tutto il tempo. Con la gente lì in attesa, dentro al duomo, mentre i giovani si caricavano sulle spalle i pugnaloni e li portavano all’interno. Proteggendoli, come cosa preziosa. A costo di non farli sfilare, come avrebbero voluto. Lì, dove c’è, e c’è stata, vita. Piena, intensa, entusiasmate. Tanto da dire grazie. La pioggia non importa. Chi è stato ad Acquapendente, domenica, ha vissuto un momento particolare in un posto speciale di cui è valsa la pena farne parte. Uno di quei posti dove si è stati talmente tanto bene da dire bene. Tra una sigaretta e l’altra. Con l’acqua come cristo comanda. Sei stato bene. E non importa se è piovuto.
Acquapendente – Don Enrico
La processione s’è fatta lo stesso. Anche questa a tutti i costi. Davanti la banda. “Te sei scordato pure la cravatta”, ha detto uno dei musicanti scherzando con gli altri, vestiti come un tempo. Tutti ridono e si divertono. Come quando questo posto era contadino. Contadino come l’immagine che campeggia, immensa, su un murales prima di piazza del comune dove, sembra proprio Giordano Bruno a Campo de’ Fiori a Roma, sta dritto a capo chino Girolamo Fabrici, anatomista del XVI secolo, d’Acquapendente, che ha insegnato a Padova, antichissima università, così come Bonaventura da Bagnoregio, dottore della chiesa, alla Sorbona di Parigi quasi tre secoli prima. Terra di Tuscia che segna le mani. I palmi. Gente che parla di storia, della chiesa e d’Europa. Maestri di libertà.
Acquapendente – I vincitori, Via del fiore
“Non mettete stendardi e bandiere sopra la statua di Girolamo”, ricorda Loriano Ronca, la voce che legge vincitori e classifica dei pugnaloni. “Un’ordinanza del comune lo vieta”. Ma Loriano, che lo dice ai ragazzi, lo fa con dolcezza e comprensione tali che sembra, quasi, invece, un invito. E probabilmente pure lui l’ha fatto qualche anno addietro.
Acquapendente – I pugnaloni
Pugnaloni, mosaici realizzati con foglie e fiori. Un anno di lavoro. Il ricordo di una battaglia antica. Quella contro Federico Barbarossa. Anno domini 1166. Quando, questo popolo a nord della provincia, sollevò il volto dalla polvere e sconfisse il tiranno, in armi, con quei pungoli con cui sollecitavano un tempo i buoi ad arare i campi. E non se lo dimenticò mai più. Tanto da ricordarselo ogni anno. Per “mezzomaggio”, come si chiamava un tempo la festa.
Acquapendente – Il murales con il contadino
Il tempo delle ciliegie. Perché la festa è stata, e si rifà, anche a questo. Probabilmente più antica di quanto si creda. Le ciliegie che si mischiano alle ginestre. “La social catena”, quella richiamata dal poeta Giacomo Leopardi. Nella poesia, appunto, “La ginestra”. Popoli uniti contro una natura “madre e matrigna”, come lo è stata domenica ad Acquapendente. Popoli uniti contro la tirannide. Con il tiranno che va combattuto. Sempre e ovunque. E la battaglia che lo sconfisse ricordata. Ogni anno. Sempre e comunque. Come fanno da queste parti. Ad Acquapendente. Tutti gli anni.
I pugnaloni sono una lezione, di bellezza e ribellione.
Acquapendente – I pugnaloni
Il tempo delle ciliegie e dei pugnaloni. A Maggio. Un’antica tradizione medievale. Vietata in seguito dal concilio di Trento nel XVI secolo. Perché, con la scusa di raccogliere il “maggio”, la ginestra con i suoi petali giallo inteso e meraviglioso, i contadini, poveri e oppressi, s’appropriavano di tutto.
Acquapendente – I pugnaloni
Domenica scorsa questo posto, che non ha mai dimenticato l’anima contadina che l’ha caratterizzato, è stato un palcoscenico privilegiato. Senza turisti. Solo gli acquesiani. E quando viene letto il nome del vincitore. “Via del fiore”. Tutti corrono. Un fiume di gente. Dritto verso la porta del municipio. Gli altri lì a guardare. Il rispetto è totale. Lo spicker Ronca dalla finestra è bravo. Veramente bravo. Aspetta alcuni secondi prima di leggere il nome. E’ solenne, come il momento richiede. Prova pure a coinvolgerti. “Sono stati bravi, tutti quanti bravi. Vero? Vero?”. Insiste. Ti prende di sorpresa. Dici sì. E’ vero. Questa festa è bella. Non è bugia. “E quando mai il centro storico vince”, ricordano un paio di ragazzi in piazza. Il centro storico, il cuore della città, dove ci stanno pub che ti preparano piadine che non scordi più. Bicchieri di vino e porchetta, in questa terra che ha una tradizione enogastronomica che ti porti appresso per una vita, dove ogni cosa ha un senso. E il contadino del murales, con la zappa in mano, l’esprime.
Acquapendente – Il sindaco Angelo Ghinassi
Quando il vincitore viene proclamato, e in video si vede, ed è bene insistere, qui, su questo punto, tutti corrono, a gambe levate, verso il palazzo del comune, a conquistarlo e farlo proprio. Arrivano poi alla porta che dà sulla finestra. E fanno prendere uno spavento a tutti, perché afferrano la coppa del primo classificato al volo e battono il petto sulla ringhiera che al sindaco Angelo Ghinassi quasi gli si prende un colpo perché sembra che le persone cadano di sotto. Invece non è vero. E’ solo entusiasmo. Emozione. La coppa sventola come le bandiere in piazza. Tra canti e parole, cose, mischiate a canzoni. Una di queste è un canto, d’un tempo, “Bandiera rossa”, che da queste parti ha risuonato con forza, nel secolo passato.
Acquapendente – I pugnaloni
“Ave oh Maria, piena di grazia”, ha chiamato tutti quelli in chiesa don Enrico. Poggiando la mano destra di lato al volto. Per incanalare la voce. Si vede in video. Anche questo. Un gesto simpatico, di quelli che vogliono entrare in sintonia con il sentire comune attorno. Per dire, forza, la pioggia è soltanto un momento. Ribellarsi anche ad essa. Per ribellarsi a ciò, che inaspettato, si impone. Ed essere, uomini e donne. Un passo, oltre le bestie.
Daniele Camilli
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