Tuscania – “Angelo Gianlorenzo vittima di morte violenta, ma nessun riscontro scientifico riconduce all’mputato”.
E’ stata la stessa presidente della corte d’assise, giudice Maria Rosaria Covelli, a sintetizzare la prima testimonianza dell’accusa al processo contro Aldo Sassara quella del comandante del Norm dei carabinieri di Tuscania, sentito ieri assieme al collega Lorenzo Valeriani della scientifica.
L’imputato è il 77enne di Tuscania accusato dalla vigilia di ferragosto di tre anni fa dell’omicidio volontario del cognato Angelo Gianlorenzo, l’agricoltore di 83 anni il cui cadavere massacrato di botte fu trovato dal figlio Mario, verso l’una del 14 agosto 2016, in un terreno isolato nelle campagne in località San Savino.
“Chi se non lui?”, insistono i figli e la vedova, nipoti e sorella dell’imputato. “Un processo indiziario, ma dall’impianto accusatorio solido”, insiste il pm Massimiliano Siddi. “Si è indagato in una sola direzione, quella indicata dal figlio della vittima”, insiste la difesa.
“Vicino al cadavere banconote e spicci per 20 euro, il movente dell’omicidio”
Il ritrovamento e le successive indagini sono stati ricostruiti ieri in aula dal maresciallo Paolo Clementucci, comandante del Norm di Tuscania, cui il corpo della vittima apparve “riverso a terra nel sangue”. Era la tarda mattinata di una giornata caldissima, con una temperatura di 38° e a terra addirittura di 50°. La prima ricognizione sul cadavere fu effettuata solo diverse ore dopo che era rimasto sotto il sole: “Era la vigilia di ferragosto e non fu subito disponibile il medico legale reperibile”, ha spiegato. “Il sangue appariva in parte già assorbito dalla terra arida”, ha proseguito.
Il corpo era supino con la camicia slacciata, ma lo aveva mosso il figlio provando a rianimarlo. Vicino c’erano degli oggetti, la dentiera del poveretto, il cappello, un falcetto, una fascina di erba per governare gli animali e dei soldi in contanti, banconote e spicci per circa 20 euro”, ha spiegato il militare. Il movente, secondo la procura.
“Si è disfatto degli abiti indossati al momento del delitto”
Oltre alla vittima e al presunto assassino, sul posto sono state individuate solo altre due persone: un agricoltore che avrebbe visto Sassara uscire col trattore dal cancello del suo terreno, adiacente a quello del cognato, e un pastore macedone, espatriato nel frattempo, che avrebbe udito un violento litigio da dietro un canneto.
Poi ci sono gli occhi delle telecamere lungo il percorso, a circa 5 chilometri dal luogo del delitto le più vicine, all’isola ecologica di Marta, che hanno ripreso entrambi verso le 7 del mattino mentre andavano in campagna. Gianlorenzo non è più tornato indietro. Sassara invece lo ha fatto verso le 11,30, con lo stesso motorino, ma vestito diversamente: senza più il gilet marroncino e la t-shirt rossa a maniche corte, mai rinvenuti dagli investigatori, ma solo con una canottiera azzurrina.
La stessa canottiera che portava ancora la sera quando, dopo 10-12 ore di ricerche, i carabinieri lo hanno rintracciato in un oliveto di Capodimonte e portato in caserma per sentirlo come indagato, avendolo indicato subito il nipote Mario come principale sospettato, tanto che si è potuto avvalere della facoltà di non rispondere.
“Sarebbe bastato sentirlo a sommarie informazioni e sarebbe stato obbligato a rispondere alle domande”, ha sottolineato la difesa. “Si era disfatto degli abiti che indossava al momento dell’omicidio, in oltre dieci ore ha avuto tutto il tempo di disfarsi delle prove”, ha ribadito l’accusa.
“Nessun riscontro scientifico a carico del 77enne”
Nessun riscontro scientifico a carico del 77enne. Né dai campioni prelevati sotto le unghie al momento del fermo. Né dall’esame del suo corpo per vedere se avesse graffi o altri segni di lotta. Né dal raffronto del Dna coi reperti sequestrati. Né dalla ricerca di sangue del presunto assassino mescolato al sangue della vittima. Né dai suoi attrezzi passati al luminol. Né dal motorino passato al setaccio dal Ris. Né dall’esame ematico e dattiloscopico sulle banconote vicino al cadavere. Niente sulla canottiera, sui pantaloni, sulle scarpe che indossava al momento del fermo. Nessuna traccia riconducibile all’efferato delitto.
Su di lui il peso di vecchi rancori familiari, di un contenzioso civile per l’eredità, di un processo penale per presunti abusi edilizi a carico di Sassara, di una recente multa di circa 40 euro da parte dei vigili di Capodimonte per un terreno cointestato che secondo lui il cognato avrebbe dovuto pagare per metà, per la quale pochi giorni prima tra i cognati era già scoppiato un violento alterco. Il movente dell’ennesimo scontro, sfociato stavolta in tragedia, secondo l’impianto accusatorio del pm Massimiliano Siddi, cui il gip Francesco Rigato a suo tempo ha negato l’arresto dell’attuale imputato.
“Se m’avevano trovato la maglietta… meno male che l’ho buttata fuori”
Rimasto sempre a piede libero, Sassara avrebbe inconsapevolmente confessato, parlando da solo in auto, senza sapere che oltre ad essere intercettato al telefono aveva anche delle microspie in macchina. Mentre i carabinieri subacquei cercavano i suoi abiti nel fiume Marta, distanza poche decine di metri dalla scena del crimine, e le unità cinofile passavano al setaccio in cerca di tracce i terreni, lui si sarebbe vantato con se stesso: “Se m’avevano trovato la maglietta… meno male che l’ho buttata fuori”.
“Potenzialmente potrebbe essersi trattato di un incidente”
Nessuna traccia nemmeno dell’arma del delitto. Si era pensato a una grossa tegola, un tavellone, con dei peli sopra, ma erano peli di animali. Si è pensato a un grosso sasso, ma sulla scena del crimine non è stato individuato. “Nessun riscontro scientifico relativo all’imputato”, ha confermato il maresciallo Clementucci alla precisa domanda della presidente Covelli.
“Potenzialmente potrebbe essersi trattato di un incidente, potrebbe essere caduto su un sasso, ma potrebbe anche avere ricevuto una spinta, un pugno, nel corso di un violento litigio”, ha detto sposando quest’ultima tesi il militare, pungolato dai difensori Marco Valerio Mazzatosta e Danilo Scalabrelli e incalzato dagli avvocati di parte civile della vedova e dei due figli, Corrado Cocchi, Giovanni Bartoletti e Francesco Bergamini.
Il 16 settembre saranno sentiti i consulenti delle parti. Un’udienza importante, in vista della quale le parti promettono battaglia.
Il video di Chi l’ha visto? e il dialetto lacustre stretto
Il difensore del figlio Mario Gianlorenzo, avvocato Bartoletti, ha depositato il dischetto della trasmissione “Chi l’ha visto?” con la trascrizione dell’intervista all’imputato. Il video potrebbe essere proiettato in aula nel corso del processo.
Via libera nel frattempo alle trascrizioni delle intercettazioni di Aldo Sassara e dei familiari che secondo il pm si sarebbero chiusi a riccio nel tentativo di coprirlo.
Con le insolite richieste delle parti civili di indicare anche lo stato d’animo dell’imputato (“i toni e gli umori, se piange o se ride”) e di disporre la traduzione dal dialetto lacustre stretto di Marta e Capodimonte alla lingua italiana. La corte d’assise per ora si è riservata.
Silvana Cortignani
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