Viterbo – Se non sarà estradata da Londra, la madre sarà interrogata dal carcere inglese in videoconferenza. Nel frattempo potrebbero passare mesi prima che il processo all’infermiere accusato di omicidio volontario in concorso giunga alla sentenza.
Non promettono niente di buono, sul fronte dei tempi, gli ultimi colpi di scena al controverso processo al presunto complice di Elisaveta Alina Ambrus, la mamma 29enne che sei anni fa gettò tra i rifiuti del Salamaro il cadavere della figlia appena data alla luce. Secondo l’accusa inducendo il parto, al settimo mese di gravidanza, assumendo il Cytotec, un farmaco usato per gli aborti clandestini, acquistato con una ricetta falsa procurata dall’infermiere Graziano Rappuoli.
Ad allungare ulteriormente i tempi ci si è messa anche la perizia collegiale sul farmaco disposta dalla corte d’assise, che ha deciso di affidare la superconsulenza a tre esperti, che saranno nominati però soltanto tra quattro mesi, alla ripresa del processo.
Estradizione o rogatoria? Ci vorranno mesi per sciogliere il nodo
La prossima udienza del processo è stata rinviata al 28 gennaio.
In quella data si saprà se per Elisaveta Alina Ambrus sarà arrivata prima l’estradizione chiesta dal pm Franco Pacifici, che vuole interrogarla di persona in Italia, oppure l’accoglimento della richiesta di rogatoria internazionale del tribunale, secondo cui può essere sentita a Mammgialla, in videonferenza dal carcere londinese (non si sa quale dei tanti) dove è reclusa da un anno, la 29enne che ha gettato il corpicino senza vita della figlia nata settimina in un cassonetto del Salamaro il 2 maggio 2013.
Una ipotesi, questa, che non piace né all’accusa, né al difensore dell’imputato Graziano Rappuoli, l’avvocato Samuele De Santis, perché dalla Gran Bretagna hanno fatto sapere che, in caso di rogatoria, sarà un giudice inglese a interrogare la donna, cui i magistrati e gli avvocati italiani dovranno consegnare in anticipo le domande, compromettendo il controesame della teste, citata a suo tempo sia dal pm Pacifici che dal legale dell’infermiere.
Disposta una superperizia sul farmaco abortivo
Nessuna perizia tossicologica è stata effettuata per accertare se la Ambrus abbia veramente assunto il Cytotec, quanto ne abbia assunto e se abbia fatto effetto, inducendo il parto precipitoso che, secondo la difesa, essendo la donna al settimo mese di gravidanza e avendo giù partorito appena nove mesi prima, potrebbe essere stato del tutto naturale e avere casualmente coinciso con la nascita, a prescindere dall’assunzione o meno del Cytotec.
Si capisce l’importanza della superconsulenza, una perizia multidisciplinare, che il 28 gennaio la corte d’assise affiderà a tre esperti nell’ambito del processo all’infermiere che ha procurato la ricetta del Cytotec alla Ambrus. Per questo Rappuoli, che rischia l’ergastolo, è finito a processo con l’accusa di omicidio volontario in concorso.
Il pm Pacifici non era d’accordo, mentre la difesa ha sempre chiesto una perizia sul medicinale, dal momento che non esisterebbero ad oggi fondamenti scientifici corredati da ricerche ad hoc e dati statistici sui suoi presunti effetti abortivi e che non ci sono prove che la donna lo abbia effettivamente assunto.
Londra vuole vederci chiaro sullo sconto di un terzo della pena
Fermata a Londra dall’Interpol a settembre dell’anno scorso, la Ambrus da allora è in carcere in Inghilterra, dove, in base alla normativa britannica, che non prevederebbe il rito abbreviato con lo sconto di un terzo della pena, la 29enne starebbe scontando la condanna inflitta in primo grado in Italia a dieci di reclusione per omicidio e non la condanna d’appello a cinque anni per feticidio, come accadrebbe nel nostro paese.
Avendo già scontato un anno all’estero, più i sei mesi di carcere preventivo a Citavecchia dopo l’arresto e prima di rendersi irreperibile, qualora rientrasse in Italia, forte di un anno e mezzo di reclusione già scontato, la 29enne potrebbe arrivare in breve a metà pena e chiedere i benefici di legge previsti per i detenuti nel nostro paese.
Per questo Londra, prima di concedere l’estradizione, vuole vederci chiaro. A tal proposito il giudice inglese che deve autorizzare il provvedimento di estradizione, lo scorso giugno, ha chiesto e avuto ragguagli sul processo d’appello e lo sconto di un terzo della pena dell’ordinamento italiano. E il tribunale è tuttora in attesa di una risposta.
Nel frattempo è stato deciso di chiedere anche la rogatoria internazionale, per stringere i tempi e arrivare al 28 gennaio finalmente con la Ambrus come testimone. In videoconferenza oppure dal vivo.
Silvana Cortignani
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