Viterbo – “Pjia e non pija”. E’ il cellulare, quello che vi portate in tasca ogni giorno, davanti agli occhi e quasi per tutto il tempo. Almeno 5-6 ore al giorno, spostandosi da un capo all’altro della stanza o della via con voci e volti che, a volte, vanno e vengono facendovi disperare. E in alto a sinistra una serie di colonnine che a volte ci sono, altre volte no. Il 4 G, dove per G si intende generazione.
Ecco, la quarta è ormai quasi superata e si va dritti dritti verso la quinta. Come le marce dell’automobile quando quest’ultima era simbolo e manifestazione evidente della modernizzazione in corso. Con tanto d’inquinamento e gas di scarico al seguito. Per non parlare poi delle guerre per il petrolio “necessarie” per permettere a ciascuno d’arrivare con l’auto fin sotto casa, senza fare nemmeno un passo una volta usciti da scuola o dal posto di lavoro.
Cellulari 5 G. Da qualche tempo è in corso la sperimentazione. Dove? Milano, Piemonte, Prato, Roma, Bari e Matera.
“Il termine 5G – spiega Giuseppe Marsico dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, sulla rivista Ecoscienza dell’Arpa Emilia Romagna – fa comunemente riferimento alle nuove tecnologie di telefonia mobile di quinta generazione, le quali rappresentano l’evoluzione di quelle attualmente utilizzate nel campo della telefonia mobile. Il 5G, infatti, consentirà sia di incrementare le prestazioni dei servizi già presenti, in termini di velocità e tempi di latenza della connessione, sia di implementare nuovi servizi – come ad esempio i sistemi di guida autonoma delle automobili, i servizismart city, i dispositivi smart home esmart agrifood – ma anche di supplire a situazioni di digital divide, ovvero alle di coltà da parte di singoli individui o di gruppi sociali ad accedere ai servizi online. Inoltre, tutto ciò consentirà di implementare il cosiddetto Iot (Internet of things), che porterà a una rivoluzione negli ambiti di energia e servizi, produzione, sicurezza pubblica, sanità, trasporto pubblico, servizi nanziari, agricoltura e in de nitiva nel modo di vivere quotidiano di ciascuno.
Relativamente alle emissioni della tecnologia 5G, si prevede l’utilizzo di bande di frequenza più elevate rispetto a quelle attualmente in uso per la telefonia mobile. Ma la caratteristica che distingue il 5G dalle tecnologie precedenti “consiste – prosegue Marsico – nell’adozione di sistemi che consentono di ottenere fasci direzionali di emissione d’antenna con caratteristiche spaziali di tipo ‘dinamico’”. Una modalità di esercizio consente di fatto di “seguire” l’utilizzatore del servizio in tempo reale e nello spazio. “Pertanto – spiega il dirigente dell’Ispra – nell’ambito dell’esposizione ai campi elettromagnetici, si pone il problema di riconsiderare i criteri di valutazione rispetto alle normative in attualmente in vigore, in quanto le caratteristiche peculiari della rete 5G suggeriscono l’utilizzo di metodi basati su modelli statistici”.
Per quanto riguarda poi il controllo ambientale di questi impianti, “la valutazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici è una delle competenze delle Agenzie regionali e delle Province autonome, che svolgono attività inerenti al rilascio delle autorizzazioni e alle verifiche dei livelli di emissione. In particolare – sottolinea Marsico – le agenzie verificano già in fase progettuale il rispetto dei livelli di campo elettromagnetico, confrontando i valori dichiarati dai gestori degli impianti con i limiti di legge stabiliti a livello nazionale, per poi effettuare i relativi monitoraggi strumentali una volta che gli impianti stessi siano messi in esercizio.
Intanto il ministero dello sviluppo economico (Mise) il 2 ottobre ha chiuso la procedura per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze per il 5G avviata il 13 settembre.
“Le procedure di gara – fa sapere il Mise – hanno portato ad una competizione vivace, conclusasi in 14 giornate di miglioramenti competitivi e con 171 tornate. L’introito raggiunto ha superato del 164% il valore delle offerte iniziali e del 130,5% la base d’asta. L’ammontare totale delle offerte per le bande messe a gara ha raggiunto i 6.550.422.258 euro, superando di oltre 4 miliardi l’introito minimo fissato nella legge di bilancio”.
Per quanto riguarda infine l’assegnazione dei lotti, quello “riservato ai nuovi entranti di 10 MHz in banda 700 MHz FDD – dichiara il Mise – è stato aggiudicato dal remedy taker Iliad Italia per 676.472.792 euro, mentre Vodafone si è aggiudicato 2 lotti generici in banda 700 MHz FDD, per un totale di 10 MHz alla cifra complessiva di 683.236.396 euro. I restanti 2 lotti generici in banda 700 MHz FDD, per un totale di 10 MHz, sono stati aggiudicati da Telecom Italia per un importo complessivo di 680.200.000 euro”.
“I 5 lotti in banda 26 GHz – prosegue il comunicato del ministero – sono stati aggiudicati uno per ogni società. In particolare Telecom Italia si è aggiudicata un lotto per 33.020.000 euro, Iliad Italia si è aggiudicata un lotto per 32.900.000 euro, Fastweb si è aggiudicata un lotto per 32.600.000 euro, Wind 3 si è aggiudicata un lotto per 32.586.535 e Vodafone Italia si è aggiudicata un lotto per 32.586.535 euro”.
“La fase dei miglioramenti competitivi – conclude la nota del Mise – ha visto una vivace competizione da parte delle società partecipanti in particolare sulla banda 3700 MHz. A valle di tale competizione la società Telecom Italia si è aggiudicata il lotto specifico (C1) di 80 MHz per 1.694.000.000 euro, la società Vodafone Italia si è aggiudicata il lotto generico di 80 MHz per 1.685.000.000 euro, la società Wind 3 si è aggiudicata un lotto generico di 20 MHz per 483.920.000 euro e la società Iliad Italia si è aggiudicata il secondo lotto generico di 20 MHz per 483.900.000 euro”.
Daniele Camilli
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