Tuscania – “Aldo non è un fratello, ma un animale, una belva feroce, un killer. Pensammo avesse ucciso anche nostro padre”. Una testimonianza shock quella di Impera Sassara, 82 anni, vedova dell’agricoltore 83enne Angelo Gianlorenzo e sorella di Aldo Sassara, il 77enne imputato del brutale omicidio del marito, avvenuto nelle campagne tra Marta e Tuscania la mattina del 14 agosto 2016. Movente una eredità indivisa fatta di terreni e alcuni fabbricati.
Il fratello non solo le avrebbe ucciso il marito, ma 51 anni fa fu sospettato in famiglia di avere ucciso anche il padre. Un sospetto mai sopito anche se il caso, dopo un’inchiesta sommaria, mezzo secolo fa fu archiviato come infortunio sul lavoro.
E’ ripreso con un’udienza fiume, ieri, il processo per omicidio a Angelo Sassara, in corso davanti alla corte d’assise presieduta dalla presidente del tribunale Maria Rosaria Covelli.
“Aldo che hai fatto al babbo, lo hai ammazzato?”
Era la mattina del 10 settembre 1968 quando un giovanissimo Aldo Sassara, all’epoca 26enne, tornò a casa dalla campagna, dove era andato col padre, dicendo alla madre e alla sorella che l’uomo era morto.
“Aldo tornò da solo e ci disse che nostro padre era morto schiacciato sotto il trattore. Gli dicemmo: ‘Che hai fatto al babbo? Lo hai ammazzato?”. La sera prima avevano litigato per la roba. Non abbiamo mai saputo come sia morto il babbo”, ha raccontato la vedova di Angelo Gianlorenzo, spiegando che ci fu un’inchiesta, finita con la generica archiviazione del caso come infortunio sul lavoro.
“Mio nonno nella bara era intatto, a parte una piccola infrazione alla testa. Non l’ho mai dimenticato”, ha confermato il figlio Mario Gianlorenzo, 61 anni, maresciallo della finanza in pensione, che aveva dieci anni quando morì il nonno.
“Stai attento Angelo, oggi ti possono ammazzare”
Così avrebbe detto Impera al marito la mattina del 14 agosto di tre anni fa, mentre usciva di casa. Le ultime parole.
“Una decina di giorni prima mio fratello aveva aggredito e minacciato mio marito in campagna, lo voleva strozzare, per una multa di 55 euro dal comune per il mancato sfalcio dell’erba su una piccola striscia di terreno indiviso”, ha proseguito.
“Quel giorno c’era nostro figlio Mario, che lo ha cacciato dalla proprietà, per cui è finita lì. Ma la domenica mattina Angelo andava in campagna da solo, solo per governare gli animali, per cui gli dissi di stare attento che potevano ammazzarlo”, ha detto la donna, raccontando dei dubbi che non l’hanno mai abbandonata sulla morte del padre.
“Sempre affamato di roba e di quatrini”
La donna, parte civile al processo con i due figli, oltre al maschio una femmina, non ha risparmiato aggettivi nel descrivere il fratello presunto omicida del marito.
“Freddo, prepotente, avido, sempre affamato di roba e quatrini, si sente il padrone”, ha detto. Tra loro una decina di cause civili e penali che vanno avanti da anni per la divisione dell’eredità paterna.
“Mio marito ha pagato al posto mio. E adesso potrebbe toccare a mio figlio. A 82 anni, vado tutte le mattine in campagna con lui, perché temo che, se lo trovano da solo com’è successo al padre, possano uccidere anche lui “, ha concluso.
“Mica avrò ammazzato qualcuno?”
Quando i carabinieri, al termine di una gigantesca caccia all’uomo, sono andati a prenderlo nelle campagne scoscese di Malorto, Aldo Sassara, riuscito a far perdere le sue tracce fino alle quattro del pomeriggio, senza sapere in teoria cosa fosse successo, avrebbe detto ai militari che lo stavano registrando mentre lo portavano in caserma: “Mica avrò ammazzato qualcuno? Io non ho ammazzato nessuno, io non ho fatto niente”.
“Pareva che avessero ammazzato una pecora”
L’allarme è scattato verso mezzogiorno del 14 agosto di tre anni fa, quando Angelo Gianlorenzo, solito rientrare a casa verso le 10, non si era ancora visto.
Alle 12,20 il figlio lo ha trovato morto in località San Savino. “Sembrava dissanguato, pareva che avessero ammazzato una pecora, chissà quanto ha ruspato e fiottato, sotto le unghie era pieno di sangue e terra”, ha detto Mario Gianlorenzo.
In aula sono state proiettate su maxischermo una serie di foto della scena del crimine, su richiesta dei difensori di parte civile dei familiari della vittima. Nessuna prova è emersa, dai rilievi del Ris, che l’imputato fosse sul luogo del delitto, ma non sarebbe stato difficile per il presunto omicida.
“L’ho coperto con un panno e ho aperto un ombrello”
“Mio padre era riverso a terra a pancia in su, con le braccia e le gambe aperte, immerso in un lago di sangue. Ho chiamato mia sorella e le ho detto ‘gli hanno fatto la festa’. Non aveva le scarpe, slacciate e lontane dal corpo. Come se qualcuno gliele avesse tolte. Come se lo avessero finito bastonandolo perché fiottava. Gli hanno fatto saltare la dentiera. Gli hanno fracassato lo sterno, tutte le costole, due vertebre. Gli hanno anche fatto saltare la dentiera, era su una chiazza di sangue sotto un albero”, ha testimoniato il figlio.
“Ho provato a spostarlo all’ombra, ma era troppo pesante. Allora l’ho coperto con un panno e gli ho aperto sopra un ombrello. L’hanno ammazzato come un animale, poi è come se avessero predisposto una scena mafiosa. Come per fare capire. Gli oggetti sembravano messi apposta in un certo modo. Attorno al corpo c’erano le banconote e gli spicci, soldi per circa 55 euro, quanto la multa per cui lo zio lo aveva aggredito pochi giorni prima”.
Secondo il pubblico ministero Massimiliano Siddi il movente e la firma del delitto.
Dentro l’Apetto la colazione della vittima
Un dettaglio importante per risalire all’ora del delitto che non è stato possibile accertare attraverso esame esterno e l’autopsia sul cadavere della vittima.
“Nell’Apetto c’erano il pane e il pezzo di parmigiano che mio padre aveva portato per colazione. Era abitudinario e poi soffriva di diabete, per cui tutte le mattine alle sette beveva un po’ di latte prima di uscire di casa e poi verso le 9 faceva colazione, quando era già in campagna, appena governato gli animali”, hanno detto il figlio e la moglie dell’83enne.
La colazione era ancora nell’Ape quando Gianlorenzo è stato ucciso e all’arrivo del figlio le galline erano ancora nel pollaio. Aveva fatto in tempo a far uscire le pecore e a raccogliere col suo falcetto una fascina di sorbo per svezzare gli agnelli. Ma non aveva finito di governare gli animali. Motivo per cui il delitto risalirebbe alla prima mattinata, compatibilmente gli orari in cui anche il presunto omicida si sarebbe trovato anche lui al Castellaccio.
Silvana Cortignani
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