Viterbo – Era il figlio della vittima l’uomo a bordo del misterioso furgone bianco che ha avvicinato il testimone chiave del delitto. Lo ha detto lui stesso, su richiesta dei difensori di parte civile, in seguito alla diffusione della notizia sulla stampa (Omicidio Gianlorenzo – Furgone sul luogo del delitto, è giallo). In aula, a sorpresa, anche il supertestimone del quale sembrava si fossero perse le tracce. “Due voci maschili hanno detto l’un l’altro ‘scappa’ dandosi alla fuga”, ha detto. La vittima sarebbe stata abbandonata agonizzante.
La vera novità, emersa durante l’udienza di ieri del processo, è che sulla scena del crimine, oltre alla vittima, potrebbero esserci state non una ma due persone che, dopo avere colpito la vittima, potrebbero essersi dette reciprocamente “scappa” prima di darsi alla fuga tra gli alberi di olivo. Due uomini.
E’ ripreso con la testimonianza di Mario Gianlorenzo e del pastore macedone che ha sentito le urla mentre si trovava con le pecore di là dal fiume Marta, il processo in corte d’assise per l’omicidio di Angelo Gianlorenzo, l’agricoltore 83enne barbaramente assassinato nelle campagne in località San Savino la mattina del 14 agosto 2016. Del crimine è accusato il cognato 78enne Aldo Sassara, il cui movente sarebbe stata una multa da 50 euro per l’erba alta in una striscia di terreno indivisa di una eredità da anni al centro di contese tra le rispettive famiglie.
“Due voci maschili hanno detto l’un l’altro ‘scappa’ dandosi alla fuga”
Tre persone sulla scena del crimine? Il supertestimone, rintracciato nelle campagne di Latina dove lavora facendo sempre il pastore di pecore, sentito con una interprete, non avrebbe udito una sola voce dire “Dai forza, vai vai” prima dei flebili lamenti, presumibilmente di Gianlorenzo agonizzante.
Le voci sarebbero state due, di persone che si sarebbero dette reciprocamente “scappa”. Due uomini, l’assassino e la vittima? Oppure due uomini più la vittima?
“Le voci erano due, maschili. Questi qua, che sono scappati, hanno detto l’un l’altro ‘vai, scappa’. Poi ho sentito ‘ohi, ahi’ e loro che scappavano tra gli olivi”, ha tradotto l’interprete dalla lingua albanese-macedone parlata dal 41enne.
Ha sempre parlato al plurale il testimone, che non può dirsi oculare, avendo solo sentito le grida, durate per una decina di minuti, senza capire le parole e vedere i presunti contendenti.
“Ero dalla parte opposta del fiume con le pecore. Dopo le grida durante una decina di minuti, ho sentito chiaramente solo ‘vai, scappa’ e i lamenti di una persona che sono durati un’altra decina di minuti. Poi più niente”, ha ribadito durante una sofferta deposizione, a causa delle difficoltà linguistiche.
“Io sono il figlio, il figlio del morto”
“Io sono il figlio, il figlio del morto”, gli avrebbe detto, chiedendogli informazioni su cosa avesse visto, l’uomo “alto e di corporatura robusta sulla cinquantina, con i capelli brizzolati e un accenno di baffi” sceso dal furgone. Mario Gianlorenzo lo avrebbe avvicinato il giorno successivo, a Ferragosto, ma il pastore macedone non è stato in grado di dire se la mattina, a pranzo o nel pomeriggio.
Non ha risolto il punto Mario Gianlorenzo, 62 anni, richiamato a testimoniare, dal momento che il particolare non era emerso durante la sua deposizione del 25 novembre scorso. Anzi. Non sarebbe stato nemmeno Ferragosto.
“E’ vero, sono andato a cercarlo 3-4 giorni dopo, ci ho parlato due minuti. Siccome sono un ex maresciallo della guardia di finanza, ho pensato che quel pastore poteva avere visto qualcosa e di collaborare coi carabinieri andando io a cercarlo. A me ha detto che non sapeva niente che non aveva visto niente, per cui ho avvisato i militari”, ha detto.
“La Punto grigia era dei carabinieri”, ha aggiunto infine il teste, forse in riferimento all’auto grigia, condotta da un altro uomo misterioso, che il 22 agosto avrebbe nuovamente avvicinato il supertestimone.
“Nel bauletto del motorino c’era una camicia, l’hanno presa i carabinieri”
“Ho consegnato io il video di papà che portava i pomodori al chiosco di mia sorella”, ha testimoniato in aula Pietro Sassara, il figlio 35enne dell’imputato, rivelando l’esistenza di un ulteriore filmato del 78enne la mattina del delitto.
Si parlava ancora una volta dell’abbigliamento. Poi il colpo di scena. “Quando abbiamo rintracciato mio padre a Malorto, nel bauletto del motorino c’erano una zappa e una camicia, che hanno preso i carabinieri. Mio padre non indossava alcun gilet, faceva caldo, aveva solo una canottiera blu o celestina”, ha detto il figlio, svelando un altro particolare inedito allo stesso pm Massimiliano Siddi.
Se così fosse, l’imputato potrebbe semplicemente essersi tolto la camicia indossata nelle riprese della videosorveglianza del mattino. Per l’accusa si è disfatto dei capi che indossava al momento del delitto, perché macchiati di sangue, ambiandosi prima di tornare a casa.
No alla fonoregistrazione del dialogo tra moglie imputato e carabinieri
Molto aggressivi i difensori di parte civile dei figli e della vedova della vittima – Corrado Cocchi, Giovanni Bartoletti e Francesco Bergamini – che hanno sottoposto il figlio dell’imputato a un fuoco di fila di domande sul presunto tentativo di depistaggio, sulle intercettazioni dei dialoghi tra i familiari durante le indagini preliminari e perfino sui dialoghi relativi alle ipotesi difensive sulla dinamica dei fatti.
La volta scorsa, nell’udienza del 16 dicembre, gli avvocati di parte civile avevano concordato col pm Siddi nel chiedere di acquisire nel fascicolo del processo la fonoregistrazione del dialogo intercorso tra la moglie di Aldo Sassara e i carabinieri durante la perquisizione del 24 agosto 2016. ma ieri, sciogliendo la riserva, la presidente della corte d’assise Maria Rosaria Covelli ha rigettato la richiesta.
“Trattasi di prova illeggittimamente presa – ha detto Covelli – improducibile in aula, le sommarie informazioni si mettono a verbale, ci sono delle regole imprenscindibili che vanno rispettate, il dialogo in questione è stato registrato clandestinamente”.
L’imputato pronto a farsi interrogare
La prossima udienza promette scintille. Fra meno di un mese, il 17 febbraio, sarà infatti la volta dell’imputato, che ieri ha giù preannunciato di volersi fare interrogare per fornire alla giuria popolare la sua versione dei fatti. Come si ricorderà, lo stesso pm alla prima udienza ha sottolineato come si tratti di un processo indiziario, non essendo state rinvenute prove a carico del 78enne, né sulla scena del crimine, né altrove. La vittima, inoltre, non sarebbe deceduta a causa delle lesioni riportate, ma a causa di un arresto cardiaco.
Silvana Cortignani
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