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Corte d'assise - Commerciante ucciso in centro - Parla l'avvocato di parte civile dei familiari di Norveo Fedeli - I parenti della vittima: "In quel negozio solo un feroce omicidio"
I rilievi della polizia scientifica al negozio Fedeli di via San Luca
Viterbo – I rilievi della polizia scientifica al negozio Fedeli di via San Luca
Omicidio in via San Luca – Il magistrato Eliana Dolce
Viterbo – (sil.co.) – “Sulla scena del crimine non è stata trovata neanche una goccia di sangue dell’assassino”, dice il difensore di parte civile dei familiari di Norveo Fedeli, il commerciante viterbese 74enne barbaramente ucciso nella sua jeanseria di via San Luca, in pieno centro, attorno all’una del 3 maggio dell’anno scorso.
Non ha dubbi l’avvocato Fausto Barili, che assiste la vedova, i figli e i nipoti della vittima. “Ben venga la perizia medico-legale sulle lesioni riscontrate il giorno dopo, al momento dell’arresto, sul 23enne americano reo confesso dell’omicidio, che la difesa vuole far passare per ‘coltellate’. Si tratta di piccolissimi segni sulle dita, taglietti infinitesimali, tipo graffi, che l’omicida potrebbe essersi procurato anche successivamente, ad esempio aprendo una scatoletta di tonno a cena la sera del delitto, mentre tutti gli davano la caccia”, sottolinea il legale della famiglia in vista della ripresa, oggi, del processo in corte d’assise a Michael Aaron Pang, difeso dagli avvocati Remigio Sicilia e Giampiero Crescenzi.
“Non ci sono stati né accoltellamenti, né colluttazioni, c’è stato solo tanto un feroce omicidio in quel negozio. Il povero Norveo non ha aggredito nessuno, è stato vittima di una brutale aggressione. E tutti i dati scientifici lo dimostreranno. Uno su tutti, nella bottega di Fedeli è stato trovato, in gran quantità, solo il sangue della vittima. Del sangue di Pang non c’era traccia, neanche una goccia. Dovrà invece spiegarci, Pang, perché dandosi alla fuga sia scappato portandosi via il portachiavi di Fedeli cui era attaccato il coltellino tascabile trovato a casa sua, a Capodimonte, sporco del sangue della vittima. E se fosse suo l’altro coltello trovato dalla scientifica all’interno del negozio, che non apparteneva invece al 74enne”, la conclusione del legale.
Pang, nato in Corea del Sud e cresciuto nello stato americano del Kansas, è detenuto ormai da quasi nove mesi a Mammagialla. I familiari non sono mai venuti a trovarlo in Italia. In carcere gli hanno fatto visita diplomatici statunitensi. Sarà giudicato per omicidio volontario, accusa per la quale rischia l’ergastolo, da una giuria composta da sei giudici popolari e due togati, la presidente Silvia Mattei e il collega Giacomo Autizi. Titolare dell’accusa è la pm Eliana Dolce.
Il giallo del movente, per la difesa non fu la rapina
Per gli investigatori movente dell’omicidio è stata la rapina. La carta di credito del 23enne, che da giorni voleva acquistare dei capi d’abbigliamento, non avrebbe voluto saperne e lui, in preda all’ira, il terzo giorno di inutili tentativi, avrebbe ucciso il commerciante per appropriarsi di un pugno di vestiti del valore di poche centinaia di euro. Fedeli, nei giorni precedenti, insospettito forse dall’insistenza del giovane, gli aveva anche scattato delle fotografie col cellulare.
Per la difesa, almeno secondo quanto emerso nell’immediatezza, il movente non è stato la rapina. E non sarebbe stato neanche un gesto premeditato. Pang sarebbe stato convinto di avere i soldi. In base ai documenti inviati in Italia dalla famiglia, i soldi sulla carta di credito dovevano esserci. Per questo la finanza è stata incaricata di indagare sul denaro, perché Pang avrebbe avuto la possibilità di pagare, per questo aveva fatto mettere da parte i vestiti.
Cristallizzata col luminol la scena del crimine
Nel negozio è stata ritrovata una lunga scia di sangue. Per ritardare il ritrovamento del cadavere, la vittima era stata trascinata dalla cassa dietro un appendiabiti.
Dall’esterno erano ben visibili due impronte di scarpa. Quelle che il 22enne ha lasciato sull’uscio della boutique dopo essersi sporcato di sangue la sneaker sinistra che indossava durante il delitto. Per evitare di lasciare ulteriori tracce sulla strada per il bus che lo ha riportato a casa, il giovane l’ha avvolta in una busta.
La pm Eliana Dolce, che ha coordinato le indagini della polizia, ha disposto rilievi, campionamenti e anche un’analisi trigonometrica del luogo del delitto. Con un macchinario collegato a un computer, gli investigatori hanno effettuato una serie di misurazioni all’interno della boutique per poi ricostruirla graficamente. Dieci le zone di interesse rilevate, la maggior parte contenenti tracce ematiche.
Scena del crimine senza segreti con la Bpa
Nel fascicolo del processo, oltre alla relazione dell’accertamento autoptico effettuato dalla dottoressa Mariarosaria Aromatario e agli esiti degli accertamenti della polizia scientifica, c’è anche l’esito della Bpa relativo alla dinamica.
Bpa è l’acronimo di “Bloodstain pattern analysis”, ovvero la disciplina che si occupa dello studio delle macchie di sangue (bloodstain), delle traiettorie delle gocce di sangue che le generano e la morfologia dopo la loro deposizione (“pattern”).
Le informazioni raccolte possono così essere poi usate per la ricostruzione della scena del crimine e per verificare l’attendibilità delle dichiarazioni rese dai soggetti coinvolti.