Viterbo – Spesa, lavoro e salute. Sono gli unici tre motivi che autorizzano la popolazione a uscire nei giorni della serrata anti Coronavirus.
E i farmacisti si sono attrezzati con misure stringenti per difendere se stessi e gli utenti dal rischio di contatti troppo ravvicinati.
Ecco allora spuntare anzitutto il cartello che dispone l’ingresso di “massimo tre persone alla volta”, con “distanza 1 metro”, sulla vetrina della farmacia del quartiere di Santa Lucia, nell’immediata periferia del capoluogo, tra l’Ellera e la Teverina.
Una volta all’interno, ci sono ulteriori misure di sicurezza: la grossa catena posta davanti al bancone per evitare passi “falsi” e il vetro protettivo che separa il personale dai clienti.
Difficile riconoscere le facce solitamente familiari dei farmacisti, i cui volti sono travisati da imponenti mascherine che sembrano scafandri, guanti di lattice alle mani.
In tre come il numero degli ingressi consentiti verso le dieci di lunedì mattina. “Ore e ore col volto coperto, è dura ma necessario”, spiegano, parlando del volto costretto nell’ingombrante “maschera di ferro”. Non è il momento, non si dovrebbe, ma il pensiero corre a Hannibal Lecter.
“Consideri che indossiamo questa mascherina super protettiva per tutta la durata della giornata lavorativa, così come i guanti. Non è una passeggiata, dopo un po’ stringe, sembra che manchi l’aria, lascia i segni. Ma è indispensabile per la tutela nostra e dei clienti. Così come gli ingressi contingentati, la catena, il vetro separatore”, spiega il personale della farmacia Caprio & Rossi.
“Ci sentiamo in seconda linea, rispetto agli operatori sanitari che passano la giornata a stretto contatto con i malati e con chi teme di avere contratto il Covid-19”, sottolineano.
“Ma ci sentiamo lo stesso responsabili nei confronti della gente, che spesso si rivolge a noi per un consiglio o per sentirsi confortare”, dicono.
“Crediamo che in un momento difficile e delicato come questo, chiunque lavori al pubblico, non solo i farmacisti, abbia il dovere di essere più sollecito, più gentile, più umano che sia possibile, perché chi è smarrito ha bisogno di solidarietà e di sentire che siamo tutti vicini e uniti, in attesa che tutto questo passi e si possa tornare alla normalità”, l’ultima riflessione, mentre anche il cronista se ne va, dopo essersi trattenuto solo il tempo necessario a prendere le medicine.
Silvana Cortignani
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