Viterbo – “Segregato in casa e in isolamento. Questa è la mia condizione di vita nel corso dell’emergenza Coronavirus. Non è piacevole e si sente un forte senso di solitudine. Manca il contatto sociale. Mancano parola, dialogo e conversazione. Non vedo l’ora che tutto questo finisca”.
Alessandro Arcidiacono è un paziente psichiatrico di Viterbo. “Sono stato diagnosticato – spiega – come bipolare di tipo uno, con up and down celebrali e una forte componente borderline”. Beneficia solo di una piccola pensione, 300 euro, un sussidio Asl e qualche aiuto che gli arriva dalla famiglia. E’ disoccupato, e quello che ha lo spende per affitto e la sopravvivenza quotidiana. “Il Coronavirus – evidenzia – dovrebbe farci meditare e apprezzare meglio quello che abbiamo nella quotidianità”.
Alessandro Arcidiacono
Alessandro Arcidiacono fa vedere dove vive, i suoi lavori, i quaderni di una vita. E due piccoli pesci rossi che ospita nel “solarium”, così lo definisce, dove ogni giorno si chiude per comporre musica. Si siede infine sul divano del salotto. I soffitti sono alti e a dominare è il verde, uno dei suoi colori preferiti. Tutt’attorno il silenzio la fa da padrone. Ogni tanto si sente qualche rumore dalla camera accanto, dove c’è il suo coinquilino, che non si fa vedere.
Viterbo – La casa di Alessandro Arcidiacono
“Sono nato a Napoli, dalle parti di Scampia – racconta Arcidiacono – e ho visto veramente pistole e droga, con cui ho avuto seri problemi”. Ha visto anche diversi ospedali psichiatrici, a partire dal San Gennaro, nel capoluogo partenopeo.
Alessandro Arcidiacono
Arcidiacono ha 54 anni e vive nella città dei papi, ha due diplomi di scuola superiore ed è assistito da Agatos, cooperativa che opera nell’ambito della riabilitazione psichiatrica. Come tutti è chiuso in casa da marzo. Con tutte le attività che prima svolgeva, letteralmente interrotte. Da Agatos ad Alice, altra cooperativa che frequentava, fino ai laboratori di musica e ceramica cui partecipava. “Una situazione difficile da gestire – dice Arcidiacono -. Alla fattoria di Alice ci ritrovavamo spesso per discutere e suonare insieme”.
Viterbo – La casa di Alessandro Arcidiacono
Alessandro Arcidiacono è un paziente psichiatrico abbandonato, in questo momento, a se stesso dallo stato. Un’emergenza Covid che sta trascinando un intero paese verso il baratro, non solo economico e occupazionale. Un vero e proprio collasso che rischia d’essere, prima o poi, innanzitutto morale, emotivo, sociale ed esistenziale. L’anticamera del peggio che potrebbe accadere da qui in avanti. Quando tutti i nodi verranno al pettine.
E abbandonate lo sono state anche le cooperative e le associazioni che si occupano di riabilitazione psichiatrica.
Viterbo – I dipinti
Stando ai dati del ministero della salute, in tutto il paese le persone che soffrono di una malattia psichiatrica, assistite dai servizi specialistici, sono sono più di 850 mila. Solo nel 2017, sono state 335 mila quelle che per la prima volta hanno varcato la porta dei dipartimenti di salute mentale. Molti soffrono di depressione, schizofrenia o sindromi nevrotiche. Per loro la vita, durante l’emergenza Coronavirus, potrebbe essere cambiata radicalmente in peggio.
Viterbo – La chitarra
Alessandro Arcidiacono è un artista, suonava la batteria, adesso la chitarra, classica ed elettrica, e dipinge. Soprattutto volti di donne e paesaggi. La casa in cui abita è enorme, con lui c’è anche un’altra persona ed entrambi sono in attesa di un nuovo arrivo. Una casa appartamento che gli ha trovato Agatos, funzionale alla riabilitazione.
Viterbo – La casa di Alessandro Arcidiacono
“Bipolarismo di tipo uno con up and down celebrali – aggiunge Arcidiacono – significa andare su o giù con l’umore. Una instabilità morale. Borderline vuol dire invece sentire una miriade di sensazioni che possono variare da un momento all’altro. Da una fase euforica a una depressiva. La fase up può anche sforare in una sorta di aggressività e in una rabbia sfrenata dove manca l’autocontrollo. E su questo ho dovuto lavorare per tutta una vita, migliorando moltissimo. Anche se la guarigione è utopia. Però ci si può migliorare – sottolinea – e questo è il mio messaggio di speranza. La fase down è invece la fase nera, scura quella depressiva, dove si hanno sensazioni spregevoli che pregiudicano l’autostima. E vivere non è affatto facile”.
La musica è stata la sua salvezza. Lì ha incanalato tutto quello che sente, scrivendo testi ispirati al cantautorato e alla musica rock.
Viterbo – La casa di Alessandro Arcidiacono
Arcidiacono, quand’era bambino, ha vissuto anche il colera a Napoli. Nel 1973. “Mi ricordo le vaccinazioni – commenta -, ma non c’è mai stata la quarantena. Con questo non voglio dire che non sia una buona precauzione. C’erano allarme e paura. La vita però proseguiva tranquillamente. All’epoca allestirono pure i depositi degli autobus per fare le vaccinazioni e c’era tantissima gente, tanti bambini che andavano”.
“Attualmente mi curo con il litio – prosegue -. Una sorta di riequilibratore dell’umore. Certo ci sono degli effetti collaterali. Non proprio devastanti, ma ogni volta mi fanno male i muscoli e ho un forte senso di torpore. In passato ho fatto uso di tanti altri farmaci, che in alcuni casi mi davano un effetto freddo, di impermeabilizzazione. Non riuscivo nemmeno a carpire la bellezza dei colori, la gioia di vivere”.
Viterbo – I pesci rossi
Sono lontani, in Italia, i tempi di Franca Ongaro e Franco Basaglia. Quelli di David Cooper e dell’antipsichiatria che, assieme ai manicomi, fortunatamente poi chiusi, si spera per sempre, mettevano in discussione tutti i rapporti sociali di forza e produzione che gli ruotavano attorno. Lontani anche quelli di Lacan e della “lettera rubata”, oppure dei legami d’amore, dipendenza e inquietudine di Ronald Laing. E quelli del viaggio dalla molteplicità all’unicità dei diagrammi e delle mappe del Living theatre.
Ma nonostante tutto, Alessandro Arcidiacono è lo stesso un artista. Un uomo coraggioso. Innanzitutto. Un “verniciaro”. Alla Gianni Nebbiosi, psichiatra e cantautore. “Senza azzurro che l’incanti. E la consapevolezza che il cielo nasce dalla rabbia de noantri”.