Viterbo – (sil.co.) – Supercar col trucco dalla Germania, al rush finale il processo a Elio Marchetti.
Si svolgerà “in presenza” la discussione del processo scaturito dall’operazione Déjà vu del 3 maggio 2017, per la quale l’appuntamento in aula è stato fissato per domani martedì 19 maggio.
Sono passati nel frattempo tre anni da quando l’imprenditore del settore auto Elio Marchetti fu arrestato nel corso di un blitz congiunto di polizia e finanza, assieme a cinque presunti complici tra cui due dipendenti, Carla Corbucci ed Emilia Tiveddu. Gli altri sono Domenico Sordo (responsabile di un’agenzia di pratiche auto di Foggia), Giuseppe De Lucia (a capo di una società di autotrasporti, sempre del comune pugliese) e Simone Girolami (titolare di un’srl con sede fittizia in provincia di Latina).
Al centro dell’inchiesta 92 supercar
Al centro dell’inchiesta 92 veicoli, tutte supercar, tra le quali Mercedes, una Land Rover e una Jeep da 25mila euro. Le vetture, comprate da due società cartiera di Latina, intestate a due fratelli che facevano tutt’altro nella vita (movimento terra e la gestione di una lavanderia), venivano in realtà scaricate direttamente a Viterbo, di notte, nel piazzale della concessionaria, intestata alla sorella di Elio Marchetti. Marchetti aveva conosciuto Simone Girolami sulle piste di motociclismo, sport praticato da entrambi.
Marchetti, nell’ambito del procedimento in corso, deve rispondere di associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale sulle vetture di grossa cilindrata importate dall’estero in concorso con la dipendente Carla Corbucci e l’imprenditore pugliese Domenico Sordo, titolare dell’agenzia di pratiche auto di Foggia coinvolta nell’inchiesta. Corbucci è difesa da Michele Ranucci e Giuliano Migliorati, Sordo dall’avvocato Francesco Paolo Ferragonio del foro di Foggia. Fuori dal processo principale gli altri due arrestati e l’altra dipendente di Marchetti.
Lo scorso 17 settembre, davanti al collegio presieduto dal giudice Silvia Mattei, è stato sentito dai difensori Roberto Massatani e Marco Valerio Mazzatosta il commercialista viterbese Lorenzo Ciorba, secondo il quale ci sarebbero diverse lacune nelle carte dell’inchiesta, che ha portato gli investigatori in Germania, dal fornitore tedesco di Marchetti, Adrian Glowats, gestore della First Trade, anche lui indagato, la cui posizione è stata stralciata dal filone principale.
Esattamente un anno fa le prime condanne
Un anno fa, il 6 maggio 2019, Girolami è stato condannato a sei mesi in continuazione con l’abbreviato in quanto presunto prestanome. E lo stesso giorno, il gup Francesco Rigato, sempre con lo sconto di un terzo della pena, ha condannato a due anni e mezzo il pugliese Giuseppe De Lucia, un pregiudicato di Foggia che l’imprenditore viterbese potrebbe non avere mai incontrato. L’uomo avrebbe sbrigato le pratiche all’agenzia delle entrate del capoluogo pugliese in cambio di una ricompensa. Ma Marchetti ha sempre negato di averlo mai incontrato.
“Mi appoggiavo ad altre società perché in quel periodo io non potevo importare”, ha spiegato Elio Marchetti nel lungo interrogatorio cui si è sottoposto il 19 marzo 2019. “Ordinavo le auto al broker tedesco presso il quale mi fornivo, appoggiandomi ad altre società, perché in quel periodo non potevo importare vetture dall’estero, essendomi stato revocato il permesso nel 2013-2014 “, ha spiegato l’imprenditore, che in seguito ai guai giudiziari derivanti dall’operazione Red Zoll del 2014 si era trovato in difficoltà nel gestire le sue attività nel settore auto.
Io avevo contatti col fornitore e col cliente finale, le società effettuano i bonifici al posto mio. Con Simone Girolami ci conoscevamo da 30 anni, abbiamo avuto anche un team insieme, lui a Latina aveva una concessionaria di moto e una lavanderia industriale, mentre il fratello si occupava di edilizia. Il suo margine di guadagno era del 2-3 per cento per ogni auto”, ha proseguito. “Le pratiche per la nazionalizzazione, invece, le facevamo presso l’agenzie delle entrate e la motorizzazione di Foggia, tramite un’agenzia di pratiche auto locale, perché giù bastavano un paio di settimane, mentre a Viterbo ci volevano due-tre mesi”, ha sottolineato, interrogato dai pm Stefano D’Arma e Eliana Dolce.
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