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Il giornale di mezzanotte - Viterbo - Gaetano Labellarte è presidente dell'associazione dei commercianti Facciamo centro: "Il Covid è stata una catastrofe e adesso navighiamo nel buio"
Viterbo – “Navighiamo nel buio. Un tempo la nostra prerogativa era saper fare previsioni. Adesso, dopo l’emergenza Coronavirus, non possiamo fare più nessuna previsione. E’ stata una catastrofe. Però, se il commercio muore, muore pure la città”.
Gaetano Labellarte è presidente dell’associazione Facciamo centro e titolare di uno storico negozio d’abbigliamento per abiti da cerimonia. Punto di riferimento per il mondo del commercio viterbese. Tra le famiglie che lo hanno caratterizzato nel corso degli ultimi decenni.
“Le amministrazioni – aggiunge Labellarte – devono fare qualcosa di concreto. Il comune non ha più alibi”.
Viterbo – Gaetano Labellarte
“Se muoiono i negozi, le città muoiono – sottolinea Labellarte -. Le amministrazioni questa cosa la devono capire e metabolizzare. Non ci sono più alibi. Serve studiare qualcosa di concreto”.
Una città, Viterbo, che per Gaetano Labellarte è fondata innanzitutto sul commercio. Più che sul turismo. Ed è dal mondo del commercio che il centro storico deve trarre immagine e sostentamento. “La nostra non è una città turistica – commenta Gaetano Labellarte -. E lo vediamo dai flussi turistici. I nostri, rispetto a quelli di altre città, sono ridicoli. Il nostro è un turismo mordi e fuggi, con la bottiglietta dell’acqua sottobraccio e il caffè al bar”.
Viterbo – L’attività di Gaetano Labellarte
Un turismo mordi e fuggi. Con la bottiglietta dell’acqua sottobraccio e il caffè al bar. Una definizione che più schietta non si può.
Schiettezza e parlar chiaro. E’ quello che, secondo Labellarte, richiede la situazione. Pericolosa, per la tenuta degli assetti economici e di conseguenza sociali. Grave, per l’imprevedibilità del tutto. “Noi commercianti – dice Labellarte – eravamo abituati a fare previsioni. E sulla base di queste a investire migliaia e migliaia di euro. Investimenti importanti. Adesso non possiamo fare più nessuna previsione. Il Covid non l’ha proprio previsto nessuno. E nessuno di noi l’avrebbe mai potuto prevedere. E’ stata proprio una bella catastrofe”.
Viterbo – Corso Italia
A Viterbo ci sono circa 1500 attività commerciali. Un intero tessuto socio economico investito dal maremoto Covid. Prima l’emergenza sanitaria, con la chiusura delle attività. Poi l’emergenza economica. A causa della chiusura delle attività. Quasi tre mesi con conseguenze di lunga durata.
Viterbo – L’attività di Gaetano Labellarte
“Chi ha più locali e poteva spostare tutto in un unico negozio – spiega Labellarte – l’ha fatto. Alcuni hanno spostato l’attività da altre parti. E c’è ancora qualche negozio chiuso. Stiamo comunque navigando nel buio. Non abbiamo risposte concrete da parte di nessuno e il settore dell’abbigliamento non è stato per niente preso in considerazione”.
Un settore, quello dell’abbigliamento, che ha subito un colpo durissimo nel momento in cui avrebbe invece dovuto fare i migliori guadagni. “Io tratto al 70% abiti da cerimonia – sottolinea Labellarte -. Ecco, a causa del Covid, le cerimonie sono state tutte sospese o annullate. Oppure rimandate direttamente al prossimo anno. Non solo, ma l’approccio all’abito da sposa si svolge proprio nei mesi di marzo, aprile e maggio. Bloccandosi poi le cerimonie, s’è bloccato pure tutto quello che è legato al mondo dei matrimoni come la ristorazione, il settore alberghiero, l’abbigliamento”.
Settori già di suo pesantemente provati dalla crisi. “La ristorazione – prosegue Labellarte – è stata molto penalizzata. La riduzione dei tavoli significherà riduzione dei guadagni e quindi taglio dei posti di lavoro. La ristorazione nel momento in cui è stata ordinata la chiusura ha perso anche quello che aveva nei frigoriferi. Perché il cibo lo devi vendere fresco. E se non lo vendi lo butti”.
Viterbo – Corso Italia
Nei magazzini dei negozi d’abbigliamento invece la merce resta. “Abbiamo i magazzini con tutta la merce di gennaio e febbraio – aggiunge Labellarte – e non l’abbiamo potuta lavorare perché siamo stati chiusi per il Coronavirus. E questi erano i mesi focali per le vendite e le prevendite. I fornitori sono nelle nostre stesse condizioni e battono cassa. lo spostamento di due mesi del pagamento non ci risolve niente. Le perdite accumulate in questi tre mesi di emergenza, se va bene, le ammortizzeremo non prima di un anno”.