Soriano nel Cimino – Molti anni fa, eravamo ancora negli anni ’70, partecipai a un convegno di Italia Nostra dove si discuteva della tutela dei beni storici e artistici da parte dei privati. Il tema allora sembrava scottante per l’influenza di una deriva di ispirazione statalista; tuttavia esso è tuttora all’ordine del giorno, perché presenta problematiche e interrogativi irrisolti che chiamano anche in causa il ruolo delle Sovrintendenze e, forse soprattutto, la cronica mancanza di risorse destinate alla cultura.
Un fatto è certo. Per tanti motivi storici, politici, economici, di opportunità una cospicua parte dei beni storici e artistici del paese è in mano a privati. Non può essere diversamente, sia chiaro, ma ne vengono inevitabili criticità.
Recentemente alcuni fatti di cronaca hanno riportato la questione all’attenzione del pubblico, ma non è che essa avesse mai realmente goduto di un periodo di “remissione”. Citerò quattro casi, non so se siano da considerare emblematici, ma comunque possono essere interessanti da valutare.
Iniziamo con il caso salito recentemente alle cronache nazionali, quello della vendita dell’Isola Gallinara, in Liguria, ad un magnate ucraino. Apriti cielo, l’opinione pubblica si indigna, lo stato blocca tutto per sostituirsi nell’acquisto esercitando il diritto di prelazione Non è il solo caso, sia chiaro: di isole e isolotti sul mercato ve ne sono parecchi, ma qui il progetto è quello di sostituire il salone delle feste sognato dal magnate con un centro di osservazione della fauna marina.
A proposito di isole, restiamo a casa nostra: l’Isola Bisentina, che dopo la morte del Principe Del Drago versava in condizioni critiche, viene acquistata dalla famiglia Rovati, con l’intento di restaurarne i preziosi monumenti e la ricca vegetazione. L’idea originaria, dibattuta anche durante una presentazione pubblica alla Rocca di Montefiascone, è quella di farne, piuttosto che un buen retiro familiare, un centro culturale e convegnistico internazionale. I tempi, ovviamente, non sono brevissimi; c’é chi storce il naso e chi si entusiasma. Dipende dall’evolversi degli eventi.
Il terzo caso, che personalmente forse enfatizzo più del dovuto, ma che a me sembra sintomatico di una criticità non risolta, riguarda Castel Firenze a via della Grotticella. Una abitazione che ricordava Palazzo della Signoria di Firenze, ispirata ad un tardo liberty che trova riscontri nel quartiere Coppedé a Roma, di cui è coevo. Castel Firenze, certo un pochino malridotto, viene abbattuto qualche anno fa per farne un condominio. Non ha protezione da parte della Sovrintendenza, anche se ha un valore documentale, paesaggistico, urbanistico e storico perché parte integrante dello sviluppo architettonico e culturale della città. Per molto meno, il Casale Federici, di fine ottocento, trecento metri più oltre, viene restaurato e rigenerato come civile abitazione, mantenendo intatta la sua fisionomia originaria e allo stesso tempo rispondendo in pieno alle esigenze abitative del XXI secolo.
Il quarto è per l’appunto il complesso residenziale di Pasolini a Torre di Chia, messo in vendita come “casale” a una cifra tutto sommato neppure così alta, ottocentomila euro, e oggetto della preoccupazione di chi ha a cuore le memorie dello scrittore e della sua presenza nella Tuscia.
Tutte le questioni ruotano intorno al ruolo delle istituzioni pubbliche. Perché se un luogo è vincolato per le sue qualità storiche, artistiche, culturali o paesaggistiche, certamente viene protetto contro la speculazione, lo straniamento, la distruzione che un privato potrebbe avere in mente di compiere.
Tuttavia per la salvaguardia occorrono almeno due condizioni. Innanzitutto, che le istituzioni applichino il vincolo con criteri non solo condizionati da parametri standardizzati di carattere temporale, funzionale o estetico, ma anche da considerazioni socioantropologiche legate al profilo del territorio e della città. In secondo luogo, studiando e monitorando il territorio ed esercitandovi il dovuto controllo.
Ma è anche vero che le istituzioni pubbliche devono disporre delle risorse finanziarie per acquistare, intervenire, progettare, manutenere, valorizzare; altrimenti, tanto vale affidarsi alle solerti e amorose cure di un privato innamorato del luogo e disposto a metterlo in comune con il pubblico, almeno in certi periodi e a certe condizioni.
Prendiamo il caso dell’Isola Bisentina: lo stato, la regione Lazio, sarebbero intervenute per risollevarne le sorti? E prendiamo il caso del Casale Pasolini; ammesso (e non concesso) che il Castello e la Torre siano di per sé protetti dalle leggi dello stato (ma Pasolini dovette intervenire su quei ruderi in disfacimento), gli ambienti –moderni! – in cui il poeta, scrittore, regista dimorò e lavorò, sono passibili di riuso e di trasformazione privata o meriterebbero di diventare la sede di un progetto di comunicazione culturale legato alla figura di Pasolini? Lo stato, la regione avrebbero le risorse, non solo finanziarie, ma anche progettuali e culturali per intervenire?
Insomma il problema è tutto qui: attenzione, sensibilità, certo, che possono essere anche stimolate dall’opinione pubblica; ma poi anche disponibilità finanziaria, progettualità, vigilanza, capacità di valorizzare stabilmente il luogo. Altrimenti ci prendiamo tutti quanti in giro, magari facendo riaffiorare limitatezze ideologiche, burocratiche e intellettuali.
Francesco Mattioli
Multimedia: La Torre di Pier Paolo Pasolini – Pier Paolo Pasolini nella casa studio di Chia – Video: La casa dove Pasolini visse i suoi ultimi anni
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