Tuscania – Omicidio di Angelo Gianlorenzo, negata l’assoluzione post mortem al cognato imputato del delitto. Dopo un’udienza fiume di cinque ore, la corte d’assise ha dichiarato il non luogo a procedere per morte del reo. Per pm e parti civili l’anziano agricoltore è stato ucciso dal fratello della moglie, che dal canto suo si è proclamato innocente fino alla morte. Un giallo per chi non sa da che parte schierarsi.
Nessun colpo di scena. Dopo un’udienza fiume durata quasi cinque ore, il processo per il delitto di ferragosto a Tuscania si chiuso per la morte dell’imputato Aldo Sassara, cui non è stata riconosciuta la sperata assoluzione post mortem sui cui contavano i familiari.
Perché venisse assolto, ci sarebbe voluta la prova evidente della sua innocenza, che per la corte d’assise non è emersa. Almeno non “a colpo d’occhio” come la norma richiede.
Come preannunciato, si è tenuta però lo stesso la discussione, che ha impegnato pm, parti civili e difese per oltre tre ore. C’è poi voluta un’ora e mezza di camera di consiglio prima che la corte d’assise presieduta dal giudice Maria Rosaria Covelli (Silvia Mattei a latere), poco dopo le 14, dichiarasse il non luogo a procedere per estizione del reato in seguito alla morte dell’imputato, prendendosi sessanta giorni per le motivazioni.
Aldo Sassara, deceduto il 17 novembre all’età di 76 anni per un tumore, era accusato dell’omicidio volontario del cognato 83enne, il cui corpo massacrato di botte, dall’osso del collo rotto all’intera cassa toracica fracassata, fu ritrovato dal figlio nelle campagne tra Marta e Tuscania, in località San Savino, all’ora di pranzo di domenica 14 agosto 2016.
Dopo 13 udienze, il processo, cominciato il 17 giugno 2019, si è concluso ieri con la discussione di tutte le parti, come da programma, per decidere se ci fossero gli estremi per un’assoluzione dell’imputato, come chiesto dai difensori Danilo Scalabrelli e Marco Valerio Mazzatosta, mentre i difensori di parte civile dei familiari (Francesco Bergamini, Corrado Cocchi e Giovanni Bartoletti) hanno già dato appuntamento in sede civile agli eredi dell’imputato per la richiesta di risarcimento dei danni.
Lunga e articolata la discussione del pm Massimiliano Siddi, che ha difeso le indagini insistendo sui gravi indizi di colpevolezza che, se non in prigione, hanno condotto Sassara a processo davanti alla corte d’assise.
Il pm: “Vittima abbandonata in un campo agonizzante”
“Per una assoluzione post mortem, ex articolo 129, serve l’evidenza della prova assolutoria”, ha ricordato il magistrato. Il pm Siddi ha quindi sottolineato come, oltre all’efferatezza del delitto in sé, la vittima sia stata abbandonata in un campo agonizzante. “E’ stato un omicidio volontario non un omicidio preterintenzionale. Lo ha detto il pastore che ha sentito i rumori di una colluttazione tra due uomini, poi la vittima che diceva all’altro ‘che fai, scappi?’ prima di rantolare per altri dieci minuti”, ha sottolineato. Chi altri se non lui: “Sassara aveva un movente ed era sul luogo del delitto tra le 7 e le 11, in orari compatibili con l’omicidio”. Ha insistito sull’altra “prova regina” per la procura, ovvero il cambio d’abito dopo avere gettato il giubbino sporco del sangue di Gianlorenzo. “Sassara ha avuto ore per eliminare le tracce, liberandosi degli indumenti e facendo sparire anche l’arma del delitto”. “La verità processuale coincide con la verità storica”, ha concluso.
Le parti civili: “Soldi attorno al cadavere come in un macabro rituale”
Di “soldi attorno al cadavere come in un macabro rituale” ha parlato il difensore di parte civile Giovanni Bartoletti spiegando l’evidenza del movente. “Dopo venti anni che non si parlavano, quella multa da poche decine di euro da pagare a metà, seguita dieci giorni prima dell’omicidio di Gianlorenzo da un asprissimo diverbio, è stato il fatto scatenante”. Nessun giallo relativamente all’ora del delitto: “Gianlorenzo non aveva ancora fatto colazione, pane e formaggio erano sull’Apetto, quindi deve essere avvenuto tra le 7,13 e le 8,39. Sassara ha avuto tutto il tempo di uscire col trattore”. Cocchi, invocando il rispetto sia per la vittima “trovata dal figlio trucidata a terra” che per l’imputato appena morto, ha puntato sull’assenza della prova d’innocenza. Durissimo nei confronti dell’imputato deceduto da meno di una settimana l’altro legale, Bergamini, che ha parlato di “indecente negazione della verità” e “dichiarazioni vergognose di Sassara e dei suoi parenti”, sostenendo che “non sono emerse ipotesi alternative alla ricostruzione della procura durante il processo”.
La difesa: “Aldo Sassara era il candidato omicida ideale”
“Mandate assolto Aldo Sassara”, hanno chiesto alla corte d’assise i difensori Scalabrelli e Mazzatosta. “E’ evidente che non c’è prova piena di colpevolezza – hanno detto – non vediamo altro che indizi incerti, contraddittori e non concordanti, frutto di indagini a senso unico, indirizzate da persone terze. Il pm parla, ad esempio, di un assassino così scaltro da cancellare tutte le tracce, perfino il sangue della vittima sotto le sue unghie. I legali degli eredi, invece, di un ‘macabro rituale dei soldi’ che sarebbe la firma dell’omicida, dicendo ‘quale traccia più vistosa’?”. Mazzatosta ha ricordato come il gip Stefano Pepe abbia rigettato la richiesta di arresto da parte del pm Siddi proprio”per mancanza di gravi indizi di colpevolezza”. “Cosa è cambiato? Nulla dal punto di vista scientifico, captativo e dell’esame dei testi. Sassara era il candidato ideale”.
Silvana Cortignani
Multimedia: I Ris sul luogo del delitto – slide – video – I Ris setacciano il luogo del delitto
Copyright Tusciaweb srl - 01100 Viterbo - P.I. 01994200564Informativa GDPR