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Federica Angeli: “Vivo sotto scorta da sette anni, la mia vita era già in lockdown”

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Viterbo – In bilico tra libertà e restrizioni, tra riaperture e lockdown, il 2020 passerà alla storia come l’anno del Coronavirus. Una pandemia che ha colpito il mondo intero, lasciando dietro di sé morti, insicurezze e nuove abitudini.
Con un ciclo di interviste, Tusciaweb propone un’istantanea di ciò che è stato e ciò che sarà, attraverso le parole e gli occhi di grandi personaggi pubblici. 


Federica Angeli


Federica Angeli è una giornalista italiana conosciuta per le sue inchieste sulla mafia romana per le quali, in seguito alle minacce ricevute, vive sotto scorta dal 17 luglio 2013. Dal 1998, sulle pagine del quotidiano La Repubblica, si occupa di cronaca nera e giudiziaria. Come risultato di una sua inchiesta del 2013, realizzata insieme al collega Carlo Bonini, sul legame tra i vari gruppi della criminalità organizzata di Ostia e la pubblica amministrazione, viene aperta un’indagine che si conclude con una maxi operazione di polizia, in seguito alla quale vengono arrestati esponenti dei clan Fasciani, Triassi e Spada. L’accusa è di corruzione, infiltrazione negli organi amministrativi e nell’assegnazione di alloggi popolari, sottrazione di attività commerciali alle vittime di usura e possibili collegamenti con l’omicidio di Giuseppe Valentino, avvenuto il 22 gennaio 2005 all’interno del suo bar a Porta Metronia nel quartiere San Giovanni a Roma. Minacciata di morte, dal 17 luglio del 2013 Federica Angeli vive sotto scorta permanente. Il 21 dicembre 2015 le è stato conferito dal presidente Sergio Mattarella il titolo di Ufficiale dell’ordine al merito della repubblica italiana per il suo impegno nella lotta alle mafie. Tra i libri che ha scritto Il mondo di sotto. Cronache della Roma criminale, edito da Castelvecchi nel 2016 e A mano disarmata, edito da Baldini & Castoldi nel 2018, che un anno dopo finisce sullo schermo in un film diretto da Claudio Bonivento.


Angeli, vive sotto scorta e sa bene cosa significhi veder limitata la propria libertà, ma come ha vissuto il lockdown di marzo e le restrizioni regionali successive? Ha avuto esperienze dirette col Covid?
“Vivo sotto scorta da sette anni e mezzo, giro continuamente con due persone armate al mio fianco, per questo il Covid e le restrizioni imposte dal governo non hanno fatto per me molta differenza. Io e la mia famiglia meno usciamo e meglio è. E quando lo facciamo, siamo comunque blindati. Ecco perché le misure le ho vissute in continuità con la mia vita da sette anni e mezzo a questa parte: siamo ed eravamo già in lockdown. Fortunatamente non ho avuto né parenti, né amici che hanno contratto il Covid”.

Con la pandemia è nata una nuova ed inedita normalità? Come si immagina il futuro?
“Per me, data la particolare condizione in cui vivo, non è nato nulla di nuovo. Tantissime persone però, nei mesi scorsi, mi hanno scritto. Hanno capito cosa significhi stare nei miei panni. Questa normalità, inedita e del tutto inaspettata, ha creato molta sofferenza e si è innescato un nuovo meccanismo. Lo sento, lo percepisco. Io, certo, ho anticipato i tempi di sette anni e mezzo, ma anche a me uscire e trovare tutto chiuso con le strade e le piazze deserte ha creato un senso di angoscia. Sembrava di stare in un film di fantascienza”.

Ha sperimentato, dunque, sulla sua pelle la solidarietà degli italiani?
“Sì, molte persone hanno cominciato a chiedermi, attraverso social e messaggi, se la mia vita fosse come quell’esperienza che l’Italia stava sperimentando. E hanno cominciato a capirmi. Nonostante non abbia provato lo stesso senso di angoscia e oppressione di migliaia e migliaia di italiani nel dover star rinchiusa in casa, ho comunque percepito la durezza del momento”.

Farà il vaccino?
“Si. Aspetto che venga dato spazio a tutte le priorità, come il personale sanitario, gli anziani e le persone a rischio. Sarò una degli ultimi, quasi sicuramente, ma mi vaccinerò. Sono ipocondriaca, porterò pazienza e aspetterò il mio turno, poi lo farò”.  

Ha mai avuto tentazioni negazioniste?
“No, però all’inizio, verso marzo e aprile, facevo fatica a credere che potesse essere vero. Da giornalista di cronaca nera, quale sono sempre stata, ogni anno con l’arrivo dell’inverno e della seconda ondata di febbraio, ho scritto dei morti per l’influenza. I primi dati del 2020 erano specchio di quello che accadeva in passato e mi sono chiesta perché il mondo si stava serrando. Ero incredula, alla luce di numeri che rispecchiavano il trend degli anni precedenti, pensavo che fosse stato tutto troppo enfatizzato. Poi ho dovuto ricredermi: mentre nelle influenze stagionali c’è un picco, destinato a scendere, qui i numeri hanno continuato a salire. Marzo, aprile, maggio. E l’intelligenza vuole che ad un certo punto ci si convinca”.  

Cosa pensa delle teorie complottiste o negazioniste?
“Purtroppo la scarsa preparazione, accompagnata alla presunzione, porta chiunque a parlare di qualunque argomento, sentendosi esperto in materia. Basterebbe ammettere la propria ignoranza e non andare dietro alle alternative che oggi il web ci offre. Devo tristemente notare che sempre più spesso l’autorità viene riconosciuta in chi non ne ha. Sarebbe necessario farsi un bagno di umiltà e convincersi che persone che hanno studiato non hanno alcun interesse ad ingigantire o distorcere una situazione che non è”.  

Come giudica l’azione del governo Conte? E Salvini, Meloni e Berlusconi?
“Secondo me si poteva programmare meglio settembre. Durante il primo lockdown il governo ha saputo fronteggiare la situazione, ma non ha saputo pianificare bene l’estate. L’esperienza non gli ha insegnato nulla. Per far contenti gli italiani che rivendicavano la loro libertà, la voglia di andare in vacanza e tornare alla normalità, non hanno fatto i conti con le conseguenze a cui saremmo andati incontro. Conseguenze che, poi, abbiamo visto e pagato tutti. Per quanto riguarda l’azione di Matteo Salvini o Giorgia Meloni credo che abbiano solamente soffiato sul fuoco, con una polemica poco costruttiva. Esattamente come oggi sta facendo il leader di Italia Viva Matteo Renzi. Le destre non stanno facendo opposizione, il loro comportamento è funzionale solamente a quei giochi politici di potere che poco hanno a che fare con il bene degli italiani”.

Lo stato decide per tutti cosa è importante e cosa non lo è. La salute viene prima e prevarica libertà essenziali, tradizioni, economia, cultura… Ma quanto si possono comprimere le libertà? Lo stato di diritto è in pericolo?
“Io, i miei figli e mio marito, siamo la dimostrazione tangibile che l’uomo può arrivare a sopportare una compressione della propria libertà fino a dei limiti immani, se in ballo c’è la sopravvivenza. Credo che le costrizioni che ci hanno imposto siano state funzionali alla nostra salute. Per questo la libertà, secondo me, si può comprimere fino a quando la posta in gioco è alta e cioè c’è in ballo la morte. O la vita. Addirittura, dal mio punto di vista, hanno sbagliato a farci tornare in estate alla normalità. Poteva essere anche meno e sarebbe andato bene lo stesso. Invece la gente è partita ed è tornata con il Covid”.

Cosa cambierà sul piano economico dopo l’onda d’urto del Covid? Chi secondo lei pagherà il prezzo più alto per la crisi?
“A perdere sarà la classe media. A pagare il prezzo più alto saranno quelle persone che per anni hanno investito in progetti e che ora si vedono tremare la terra sotto i piedi. Ma sicuramente, se non stiamo attenti, chi vincerà sarà la mafia, purtroppo”.

In che modo?
“Non solo la mafia si è reinventata, ma sta sfruttando il disagio economico di molti. Rilevando attività, infiltrandosi in appalti appetitosi. Si presenta come il buon samaritano, dando quelle sovvenzioni e quella liquidità che lo stato non ti dà e poi ti incastra nella morsa dell’usura, non mollandoti più. Le mafie tentano sempre di mettere le mani sul business del momento. E al momento quello che fa più gola è la distribuzione del vaccino anti-Covid. Sono sempre dieci passi avanti a noi. Mentre noi facciamo la legge, loro hanno già trovato i modi per oltrepassarla”.

Il Covid è una rivincita della natura sull’uomo? È stato una sconfitta della scienza? La tecnologia, soprattutto in occidente e nel nord est asiatico, ci aveva illuso di aver posto una grande barriera culturale tra l’uomo e la natura…
“Si. È dall’inizio della pandemia che ci penso. Credo davvero che sia una rivincita della natura. Le abbiamo fatto talmente tanto male che siamo arrivati a toccare il punto di non ritorno. Eravamo convinti di poterla plasmare a nostro piacimento: dalla banalità di una spiaggia modificata con le palestre di cemento costruite sopra gli arenili all’inquinamento dei nostri mari. Ce ne siamo approfittati. E in questo braccio di ferro la natura ora ha deciso di mettersi di punta…”.

Cosa rimarrà nella storia? Come sarà il mondo dopo la pandemia? Il Covid può essere considerato uno spartiacque? Uno di quegli avvenimenti per cui – come guerre e grandi scoperte – si crea una netta separazione tra il “prima” e il “dopo”?
“Rimarrà la storia. Questi mesi finiranno nei libri che i miei figli e i figli dei miei figli studieranno a scuola. Mi si conceda la metafora: è una sorta di selezione naturale fortissima, non solo a livello fisico, ma anche per chi non riuscirà a superare il trauma psicologico. Questa micidiale pandemia servirà a far andare avanti i più forti, quelli più temprati. E questo è un peccato, perché, per come concepisco io la società, bisognerebbe evolversi insieme, andare avanti tutti. Secondo me invece lascerà indietro molti”.

Come valuta i cambiamenti nel mondo dell’informazione? E in quelli dello spettacolo e della cultura?
“La pandemia ha cambiato il modo di approcciarci al teatro o alla cultura, con gli spettacoli trasmessi in diretta streaming e senza pubblico. Ma sarà un periodo, una parentesi. Quando torneremo alla normalità, i teatri e i cinema riprenderanno a riempirsi perché il mondo non può rinunciare veramente all’arte e alla condivisione. Non vinceranno la modalità Covid e la fruizione dal divano di casa, ma tornerà la fame di cultura. E io già la sento questa necessità: mi manca persino il fastidioso vicino di poltrona che mastica i pop-corn. So per certo che, se prima lo detestavo con tutta me stessa, quando sarà di nuovo seduto accanto a me, lo sentirò e sorriderò…”

Come ha passato il Natale?
“In famiglia. Eravamo noi cinque: io, mio marito e i miei tre figli. Ed è stata un’ulteriore occasione di riflessione e piacevole scoperta. Abbiamo aperto ogni regalo, ci siamo filmati, abbiamo riso, scherzato. Ricordiamoci di assaporare le cose veramente essenziali. Perché da un momento all’altro potrebbero sparire. Come è stato per me con la scorta, e per il mondo con il Covid”.

Quale è stata per lei la lezione del Covid?
“Apprezzare ancora di più le cose che hai. Fare una passeggiata nella via principale della città con i negozi aperti. Cose di cui, vivendole quotidianamente, si perde il gusto. L’importanza di essersi fermati e di aver avuto tempo per riflettere sulle cose davvero importanti. Ridimensionando anche la nostra idea di invincibilità”.

Barbara Bianchi


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