Viterbo – Quattro milioni di euro. È la cifra massima che la Asl di Viterbo è disposta a impiegare per un anno di tamponi da usare nella lotta al Coronavirus. “La procedura – spiegano i vertici aziendali – è indispensabile per l’erogazione delle prestazioni sanitarie atte a un’immediata determinazione di positività o meno al gene Covid-19. Quindi, a determinare la necessità di porre in quarantena o meno i soggetti sottoposti a tampone orofaringeo al fine di ridurre le percentuali di contagio tra la popolazione”.
Tampone per il Coronavirus
La base d’asta è di 945mila euro a semestre, iva esclusa. Mentre il massimo, complessivo, è di 3 milioni 969mila euro, sempre senza iva. La gara prevede la fornitura di tamponi nasofaringei e orofaringei rapidi per la diagnosi molecolare del virus Sars-Cov-2 per la durata di sei mesi più sei. Al temine dei primi 180 giorni, infatti, la Asl potrà prorogare il contratto per un secondo semestre. “Ma – puntualizzano dall’azienda sanitaria – alle stesse condizioni economiche o con condizioni migliorative a nostro vantaggio”. Il contratto, inoltre, potrebbe subire delle modifiche “in caso di un considerevole incremento delle attività sanitarie che prevedono l’utilizzo dei dispositivi”.
Al bando hanno risposto due ditte: la A. Menarini Diagnostics e la Diagnostics Project. Ora l’ultima parola spetta al seggio e alla commissione giudicatrice nominati dalla Asl, che dovranno decidere anche in base all’offerta economica più vantaggiosa. L’azienda sanitaria di Viterbo è stata costretta a indire due gare: la prima, datata 12 ottobre 2020 e dal valore massimo di 2 milioni e 58 mila euro, era andata deserta.
La seconda e ultima procedura è partita il 15 dicembre scorso. Questa volta da quattro milioni di euro perché si è reso “necessario – spiegano dalla Asl – aggiungere h24 i test per i pazienti che accedono al pronto soccorso, tenuto conto nella fase tre dell’emergenza Covid di eseguire in via urgente e\o prioritaria il tampone nasofaringeo per la ricerca del virus a tutti i nuovi ingressi in ospedale, sia per il ricovero ordinario che per eventuali interventi chirurgici”.
Raffaele Strocchia