Viterbo – (sil.co.) – Criminalità organizzata a Viterbo, il rapporto della Dia (Direzione investigativa antimafia) relativo al primo semestre 2020 parte ancora una volta dall’operazione Erostrato per arrivare allo spaccio di stupefacenti e al caporalato tra i braccianti agricoli.
Mafia viterbese – Una delle vetture date alle fiamme (nei riquadri i presunti boss Giuseppe Trovato e Ismail Rebeshi)
Secondo la Dia, la criminalità organizzata continua a cercare nuovi spazi, che non ricadano già sotto l’egemone proiezione di interessi di altre mafie, per perseguire, senza concorrenza e possibili frizioni, le proprie mire “espansionistiche”.
In primis viene ricordato il sodalizio criminale italo-albanese dei boss Giuseppe Trovato e Ismail Rebeshi.
“L’indagine – si legge nel rapporto della Direzione investigativa antimafia – ha permesso di accertare la costituzione a Viterbo di un’associazione di tipo mafioso capeggiata da un soggetto contiguo alla ‘ndrina Giampà di Lamezia Terme. L’organizzazione descritta è stata collocata da parte del gip nelle cosiddette ‘piccole mafie’, ovvero ‘…organizzazioni con un basso numero di appartenenti e non necessariamente armate (…), che si avvalgono della forza di intimidazione non in via generalizzata, ma in un limitato territorio o settore”.
“L’indagine – sì ricorda – ha permesso di evidenziare, oltre al convincimento da parte della popolazione viterbese che il capo del gruppo criminale fosse un appartenente alla ‘ndrangheta, l’indiscutibile utilizzo del metodo mafioso. La particolarità di questa ‘nuova mafia’ a Viterbo è quella di operare in maniera indipendente rispetto alla ‘ndrangheta calabrese, senza però perdere né contatti, né le tipiche modalità operative che, anzi, cerca di replicare”.
Risale all’11 febbraio 2020 il maxisequestro, a Monterosi, di soldi, Rolex, auto e una villa per complessivi 3 milioni di euro a carico dell’imprenditore romano 41enne Riccardo Radicchi e delle società nella sua disponibilità.
“Personale della polizia di stato e della guardia di finanza di Viterbo – ricorda la Dia – ha dato esecuzione all’applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale. L’attività investigativa ha fatto emergere come il prevenuto avesse connivenze con esponenti della ‘ndrina Vadalà e appartenenti alla famiglia Casamonica. Si tratta di un chiaro segnale che il territorio viterbese non è più immune dall’infiltrazione della criminalità organizzata”.
Significativo, a tal proposito, l’arresto ai domiciliari, il 16 giugno 2020, di un autotrasportatore 36enne di Tuscania, nell’ambito delle nove misure di custodia cautelare dell’operazione Aquarius della Dda di Bologna. Al centro un presunto traffico di droga dal Sudamerica gestito da persone legate alla ‘ndrangheta.
“Nel territorio della Tuscia – si sottolinea la Dia – risultano attivi altri piccoli gruppi criminali dediti alla commissione di reati comuni. Si tratta dello spaccio di stupefacenti ad opera di sodalizi autoctoni, albanesi, marocchini, nigeriani e senegalesi, nonché dei reati contro il patrimonio, quali furti in abitazioni isolate e presso esercizi commerciali, commessi da romeni ed albanesi. Lo sfruttamento della prostituzione risulta appannaggio di organizzazioni nigeriane, romene ed albanesi, che costringono al meretricio su strada giovani connazionali”.
Quindi la piaga del caporalato. “Nel territorio permane lo sfruttamento della mano d’opera clandestina, in particolare durante i cicli di raccolta stagionale di nocciole e olive presso le aziende agricole locali, favorito dalla forte presenza di cittadini extracomunitari”.