I tredici arrestati del blitz del 25 gennaio 2019
Viterbo – (sil.co.) – Operazione Erostrato, è stato fissato alle ore dieci del 22 febbraio presso l’aula di corte d’assise d’appello di Roma il processo di secondo grado per i “dieci” già condannati in primo grado di mafia viterbese. A partire dai boss Giuseppe Trovato e Ismail Rebeshi, per una riforma della sentenza di condanna per associazione di stampo mafioso inflitta l’11 giugno 2020 col rito abbreviato dal gup Emanuela Attura del tribunale di piazzale Clodio.
In appello, coi vertici dell’organizzazione criminale italo-albanese sgominata con il blitz della Dda del 25 gennaio 2019, sono ricorsi anche la compagna di Trovato, Fouzia Oufir, il pentito Sokol Dervishi, Gazmir Gurguri, Gabriele Leazza, Spartak Patozi, Shkelzen Patozi, Luigi Forieri e anche la commessa di Trovato, Martina Guadagno, l’unica assolta otto mesi fa dall’accusa di associazione di stampo mafioso e rimessa in libertà dopo la condanna a due anni e quattro mesi in primo grado per il solo reato di favoreggiamento.
Giuseppe Trovato e Ismail Rebeshi sono stati condannati rispettivamente a 13 anni e 4 mesi e a 12 anni di carcere.
Gli avvocati Tiziana D’Agosto e Giuseppe Di Renzo, che assistono Trovato, il titolare di tre compro oro 45enne originario di Lamezia Terme ritenuto uno dei vertici dell’organizzazione, contestano, in particolare, l’insussistenza per difetto degli elementi costitutivi del reato di associazione di stampo mafioso.
Giuseppe Di Renzo con Giovanni Labate (che difende uno dei presunti sodali)
“I continui richiami alle origini calabresi di Trovato, e i riferimenti a cognomi noti alle cronache giudiziarie degli anni 80, rappresentano millanteria pura – dicono i difensori – basti pensare che per un debito vantato e non onorato nei confronti del cugino, per il sostentamento durante la detenzione, Giuseppe Trovato si sarebbe dovuto rivolgere a uno come Luigi Forieri per far intervenire una imprecisata famiglia di ‘ndrangheta al fine di ottenere le somme”, fa notare il legale Di Renzo.
Il presunto boss non avrebbe messo paura a nessuno, secondo la difesa. “Un calabrese di poco conto”, lo avrebbero descritto alcune delle persone offese, senza saperne neanche il nome. “Una moltitudine di presunte persone offese sentite in sit rendono dichiarazioni sulla figura del Trovato senza alcun timore di alcun tipo. Tale circostanza lunga la dice circa lo stato di assoggettamento ed omertà ritenuto ‘dimostrato’ dal giudice” al quale sfugge, in riferimento allo stato di assoggettamento ed omertà, che la stragrande maggioranza delle presunte persone offese ha reso dichiarazioni nei confronti di Trovato senza alcuna remora, denunciando i torti subiti e parlando di scontri tra bande”.
Le armi di Trovato? Un ferro arrugginito, secondo la difesa. “Le pistole tanto osannate in sede di indagine, nella disponibilità del Trovato, sono un ‘ferro arrugginito’ dalle dubbie potenzialità”. Il suo unico fine? “Porre fine alla concorrenza sleale operata nei suoi confronti dagli altri imprenditori del settore dei compro oro”. Sottolinea l’avvocato Di Renzo: “E’ evidente che la tanto decantata ‘fusione’ tra Trovato (da solo, interessato ai compro-oro) e il gruppo ‘albanese’ (dedito allo smercio di stupefacenti e alla gestione dei locali notturni per stranieri), non ha mai trovato un fine o una organizzazione comune, limitandosi di contro alla semplice concorrenza nei singoli reati”.
Trovato anche lui vittima. Secondo il difensore Di Renzo avrebbe subito atti intimidatori, come rivela parlando con la compagna e poi col padre di uno dei componenti di una coppia di compro oro vittime di incendi. Le conversazioni intercettate, per il difensore, non lascerebbero spazio a dubbi. “Non penso – dice Trovato alla compagna – che mi so disegnato io il cazzo che l’ho pagato trecentocinquanta euro quel manifesto… e io che faccio? ci faccio io il cazzo, è qualche figlio di puttana che come vogliono male a te vogliono male a me”. Al padre della titolare di un compro oro: “A me è due anni che mi stanno facendo scherzetti… io ho perso trecentomila euro, c’è qualcuno che ce l’ha con tutti noi”.
Le nove condanne in primo grado per associazione di stampo mafioso:
– Giuseppe Trovato, 13 anni e e 4 mesi (14mila euro di multa). L’accusa aveva chiesto 20 anni (20mila euro di multa)
– Ismail Rebeshi, 12 anni (12mila euro di multa). L’accusa aveva chiesto 20 anni (20mila euro di multa)
– Spartak Patozi, 8 anni e 8 mesi (8mila euro di multa). L’accusa aveva chiesto 16 anni (20mila euro di multa)
– Luigi Forieri, 8 anni e 4 mesi. L’accusa aveva chiesto 12 anni e 4 mesi
– Gabriele Laezza, 8 anni (6mila euro di multa). L’accusa aveva chiesto 14 anni (16mila euro di multa)
– Shkelzen Patozi, 8 anni (4mila euro di multa), L’accusa aveva chiesto 14 anni (10mila euro di multa)
– Gazmir Gurguri, 7 anni e 4 mesi. L’accusa aveva chiesto 10 anni e 8 mesi
– Sokol Dervishi, 6 anni. L’accusa aveva chiesto 8 anni
– Fouzia Oufir, 5 anni e 4 mesi (6mila euro di multa). L’accusa aveva chiesto 10 anni e 8 mesi (10mila euro di multa)