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Impossibile sentire in aula il supertestimone del processo Landolfi-Arcuri…

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Andrea Landolfi e Maria Sestina Arcuri

Andrea Landolfi e Maria Sestina Arcuri


Ronciglione – “Vulnerabile a influenze suggestive” il supertestimone del processo Landolfi-Arcuri. Impossibile sentire in aula il teste chiave della procura. E’ il giovane che avrebbe assistito al litigio al pub tra Landolfi e Maria Sestina, cui la vittima avrebbe detto di voler lasciare la sera stessa Andrea e cui l’imputato avrebbe detto: “Salutala, tanto non la vedrai più”. 

Riprenderà lunedì 29 marzo il processo a Andrea Landolfi, il pugile romano 32enne accusato di avere ucciso la fidanzata 26enne Maria Sestina Arcuri, morta due giorni dopo essere precipitata dalle scale di casa della nonna del giovane, a Ronciglione la notte tra il 3 e il 4 febbraio 2019, dove la coppia stava trascorrendo il weekend col figlioletto di 5 anni dell’imputato. 

La novità è il deposito della perizia psichiatrica affidata alla dottoressa Cristiana Morera sul 33enne di Ronciglione, affetto da un deficit cognitivo, che poche ore prima della tragedia aveva incontrato la coppia al pub, avvicinando la giovane scossa per una presunta lite con Landolfi, la quale gli avrebbe detto di voler chiudere la relazione la sera stessa, andando a dormire in un bed&breakfast. 

Un interrogatorio, secondo la psichiatra, potrebbe nuocere alla sua serenità, procurandogli crisi d’ansia e attacchi di panico. Ma l’esito della perizia potrebbe risultare comunque utile alla valutazione, da parte della giuria popolare, dell’attendibilità di quanto riferito dal giovane, affetto da deficit cognitivo, nell’immediatezza dei fatti.  


“Parzialmente congrue le modalità d’interrogatorio”

A tal proposito alla psichiatra Morera è stato chiesto di valutare anche le modalità con cui il testimone è stato sentito a sommarie informazioni. “Sono state parzialmente congrue – conclude la dottoressa Morera – con le difficoltà evidenti rilevabili nel periziando in merito alle proprie capacità cognitive ed allo stato emotivo-affettivo”. 

“Da un lato – sottolinea – è apparsa evidente la volontà di fornire una condizione ambientale rassicurante, dall’altro le modalità colloquiali adottate sono apparse caratterizzate a tratti da informalità, da una limitata considerazione dei tempi di latenza necessari per le risposte, da sottolineature positive delle presunte capacità, dei comportamenti e delle modalità presentate dal periziando nel corso degli esami”.

“Il rinforzo positivo, materiale o immateriale, come è noto – spiega la psichiatra – per il suo significato di ricompensa gratificante produce la reiterazione e ripetizione di quel certo comportamento per ricevere la medesima gratificazione o anche qualcosa di ancora più importante. In un soggetto caratterizzato da evidente fragilità cognitivo-emotiva, come ravvisabile nel periziando, l’elicitazione di un possibile effetto di compiacenza ed acquiescenza costituisce fattore di rischio per un corretto funzionamento delle abilità concettuali già significativamente compromesse”. 


“Non presenta idoneità mentale a rendere testimonianza”

Considerato un teste chiave dell’accusa, in base alla perizia affidata dal pm Franco Pacifici alla psicologa Miria Brinchi, il 33enne avrebbe dovuto essere sentito in aula lo scorso 14 maggio. Ma la deposizione è saltata quando la corte d’assise, su richiesta dei difensori Daniele Fabrizi e Serena Gasperini, hanno chiesto e ottenuto dal tribunale una perizia psichiatrica per accertarne la capacità a testimoniare. Nel frattempo sono state acquisite nel, fascicolo del processo le dichiarazioni rilasciate due anni fa dal 33enne.

“Il periziando, sulla scorta dell’esame effettuato, in relazione al disturbo dello sviluppo presentato, alla strutturazione emotivo-affettiva della propria personalità, alla notevole componente di ansia, non presenta idoneità mentale a rendere testimonianza poiché appare compromesso il funzionamento mentale globale, e la sua capacità di rievocare eventi secondo rielaborazioni cognitivamente ed emotivamente valide e quindi lineari, strutturate e coerenti“, si legge nella relazione della consulente del tribunale. 

Il 33enne è risultato affetto da una disabilità intellettiva moderata-lieve. “Un disturbo del funzionamento intellettivo – si legge – il cui sintomo più importante è la compromissione di sviluppo del pensiero astratto cui si associano il difetto di autocoscienza, di autonomia, e di adattamento all’ambiente”.


“Vulnerabile a influenze suggestive interne e esterne”

Tale condizione psicopatologica si ritiene incida sulle capacità mnemoniche, sia sulla memoria a breve termine o di fissazione (cioè la capacità di richiamare alla coscienza esperienze di recente acquisizione), sia sulla memoria a lungo termine o di revocazione. Inciderebbe, inoltre, sulla sua capacità di comprendere i fatti di cui è partecipe e poi di riportarli secondo una visione complessa.

Relativamente alla capacità a testimoniare, la dottoressa Morera, pur sottolineando la “buona la capacità di discriminare tra realtà e fantasia”, rileva come “il periziando appare vulnerabile ad influenze suggestive, interne ed esterne, anche in considerazione della importanza della variabile temporale, nel senso che la capacità di ricordare con precisione un evento diminuisce con il passare del tempo e può essere ‘contaminata’ da informazioni successive e dal tipo di domande poste“.

Silvana Cortignani


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