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Appello per 10 a Roma, mentre a Viterbo sfilano gli ultimi testi di Erasmi, Pecci e Pavel

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Viterbo – Mafia viterbese, una due giorni intensa per le difese dei tredici arrestati nel blitz del 25 gennaio 2019 dell’operazione Erostrato della Dda di Roma.

Oggi saranno sentiti dal collegio del tribunale di Viterbo gli ultimi cinque testimoni dei tre imputati cui viene contestata la “sola” aggravante del metodo mafioso, che hanno scelto di essere processati col rito ordinario. La sentenza è prevista il 30 aprile.

Ieri si è tenuta davanti alla corte d’appello capitolina la terza udienza del processo di secondo grado per i dieci giudicati lo scorso 11 giugno col rito abbreviato, nove dei quali condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso. Lo scorso 22 marzo, il procuratore generale ha chiesto la conferma delle condanne di primo grado, lasciando però spazio a una rimodulazione al ribasso delle pene, a partire dai sei anni inflitti al collaboratore di giustizia Sokol Dervishi, ex braccio destro dei boss Trovato e Rebeshi. La sentenza è prevista il 5 maggio.


Mafia viterbese - Un attentato incendiario (nei riquadri, da sinistra in senso orario, Ionel Pavel, Emanuele Erasmi e Manuel Pecci)

Un attentato incendiario (nei riquadri Pavel, Erasmi e Pecci)


Davanti alla terna di magistrati viterbesi presieduta dal giudice Gaetano Mautone compariranno nuovamente gli imprenditori viterbesi Emanuele Erasmi e Manuel Pecci e l’operaio d’origine romena Ionel Pavel, ex tuttofare della banda di criminali italo-albanesi capeggiata dai boss Ismail Rebeshi e Giuseppe Trovato. Sono difesi dagli avvocati Giuliano Migliorati, Carlo Taormina, Fausto Barili e Michele Ranucci.

Tra i cinque testi in programma questa mattina anche un avvocato del foro di Viterbo, quello cui il boss d’origine calabrese Trovato avrebbe telefonato per scoraggiarlo a proseguire l’azione legale di un cliente (insoddisfatto di un trattamento estetico) contro Pecci, titolare di un salone di bellezza. Trovato ha raccontato della telefonata a un sodale, ma c’è da chiarire se fosse la verità  o una chiacchiera e cosa, nel caso, gli abbia detto. Soprattutto se, nella fattispecie, abbia speso e a che titolo il nome dell’imputato.

Nessun teste per Pavel, mentre saranno sentite tre persone a favore di Erasmi che al sodalizio criminale, secondo l’accusa, si sarebbe rivolto per recuperare un credito di 10mila euro da un imprenditore del Poggino. Lui, sentito in aula nell’udienza del 7 gennaio, ha negato di avere cercato gli uomini di Rebeshi e Trovato, ma di avere solo chiesto a un amico se conoscesse una “guardia del corpo” che lo accompagnasse dal debitore, il quale si rifiutava di ascoltarlo.

Silvana Cortignani


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