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Feto morto nel cassonetto, la sepoltura dopo otto anni

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Viterbo - Il cassonetto di via Solieri dove è stato ritrovato il feto - Nel riquadro l'avvocato Samuele De Santis

Il cassonetto di via Solieri dove è stato ritrovato il feto – Nel riquadro, l’avvocato Samuele De Santis


Viterbo – Bimba morta nel cassonetto, la sepoltura a distanza di otto anni. Condannato l’infermiere, è stato disposto il dissequestro del cadavere. Sarà affidato al comune per la tumulazione. Pena dimezzata, intanto, per Graziano Rappuoli: 7 anni e 3 mesi di reclusione per concorso in feticidio invece dei 14 anni di reclusione per omicidio volontario e soppressione di cadavere in concorso chiesti dall’accusa. 

Adesso, finito anche il processo a carico del complice della madre, la piccola vittima potrà avere un nome e degna sepoltura. Potranno tenersi, infatti, a distanza di otto anni, i funerali della bambina nata settimina il 2 maggio 2013, il cui corpo senza vita fu ritrovato tra i rifiuti al Salamaro. Lo ha stabilito ieri la corte d’assise, disponendo, in seguito alla sentenza, il dissequestro del cadavere della piccina e l’affidamento al Comune di Viterbo per la tumulazione. 

La madre, Elisaveta Alina Ambrus, aveva 24 anni, faceva la ballerina in un night club del Poggino e nove mesi prima aveva avuto un altro bambino, affidato alle cure dei genitori in Romania. Ripresa dalle telecamere di una pizzeria, si stava facendo accompagnare a Belcolle, in preda a un’emorragia, da Rappuoli, che le aveva procurato anche la ricetta del farmaco abortivo.

La donna, da anni in Inghilterra, è stata condannata in via definitiva nel 2018 a cinque anni, anche lei per feticidio. L’infermiere è stato assolto dall’accusa di occultamento di cadavere, mentre è stato condannato anche per esercizio abusivo della professione medica, per la ricetta falsa del Cytotec, reato che si prescriverà fra pochi giorni, prima dell’appello già preannunciato dal difensore Samuele De Santis.


“La ricetta dell’infermiere era inservibile”

E’ durata due ore l’arringa dell’avvocato Samuele De Santis, che ha assistito anche la madre. “Rappuoli non sapeva che la Ambrus avesse partorito quando l’ha accompagnata in ospedale, lo ha detto lei durante l’interrogatorio: ‘Altrimenti non mi avrebbe portata a Belcolle’. E non sapeva che in quel sacco ci fosse il feto”, ha detto ieri durante la discussione l’avvocato Samuele De Santis. 

“La Ambrus ha approfittato della sua debolezza – ha proseguito il legale – dopo aver tentato inutilmente di farsi dare il medicinale presentandosi in farmacia con un foglietto, lo ha supplicato in tutti i modi di darle la ricetta. E lui, pur di levarsela di torno, ne ha fatta una a proprio nome dal ricettario medico che portava in macchina assieme assieme agli strumenti per l’assistenza domiciliare, sapendo che era una ricetta inutile, perché così in farmacia non glielo avrebbero dato. Invece lei c’è riuscita, grazie alla complicità della sua collega di lavoro al night e coinquilina”, ha proseguito De Santis.


“Il corpo era ancora caldo, ma era morta”

Erano circa le 18 quando gli agenti di due volanti hanno ritrovato la piccola, gettata alle 14,20 dalla madre tra i rifiuti dentro la busta di un panificio, avvolta nella carta stagnola e in un asciugamano. Drammatico il racconto di uno dei poliziotti impegnati nelle ricerche. “Ho appoggiato la busta sul cofano della volante e l’abbiamo aperta con delicatezza, sperando che il bambino fosse ancora vivo. Era una femmina, già formata, coi capelli. Il corpo era ancora caldo. Ma era morta”, ha detto all’udienza del 28 settembre 2017. Dal momento dell’abbandono erano trascorse circa tre ore e mezza. L’allarme alle volanti è giunto alle 17,20.

“All’inizio ci hanno detto di cercare un pacchetto, un fagottino, che poteva essere tra i vicoli o nei secchioni tra il Sacrario o San Faustino – ha raccontato una poliziotta, spiegando che all’inizio non sapeva che si trattasse di un bambino – poi siamo corsi in una casa di via delle Piagge a verificare se ci fossero sangue o segni di un parto. Ci ha aperto la coinquilina della madre, ma niente, era tutto in perfetto ordine. Infine è arrivata la chiamata per via Solieri, dopo che la donna ha confessato. Sono stati attimi di grande concitazione. In quel momento tutti noi speravamo di trovare la bambina ancora in vita”.


Elisaveta Alina Ambrus

Elisaveta Alina Ambrus


“Il farmaco procurato dalla coinquilina”

Grande assente al processo, per la difesa, la coinquilina. “Lei sì concorrente nel reato. È stata lei ad andare in farmacia, riuscendo a farsi dare il Cytotec con la ricetta di un altro, senza nemmeno lasciare gli estremi di un documento. Era in casa al momento del parto, anche se ha detto che dormiva. Ed è stata per forza lei a ripulire, visto che la polizia non ha trovato nell’appartamento alcuna traccia del parto che sappiamo essere avvenuto in bagno. Ciononostante non è stato fatto neanche l’incidente probatorio per fissare le sue dichiarazioni e lei, dopo il fatto, si è resa irreperibile per non venire a testimoniare”, ha sottolineato De Santis.

“La scena era pulita – hanno detto in aula i poliziotti – per noi in quella casa trovata in perfetto ordine non ci aveva partorito nessuno, non c’era niente nemmeno nei secchi della spazzatura, abbiamo guardato ovunque, anche nella lavatrice. E non si sentiva odore di detergenti appena usati, di varechina o ammoniaca, ma solo puzzo di polvere e fumo”.


“Ha cercato prima un impiegato e un connazionale”

“Non si è indagato fino in fondo – ha ribadito più volte De Santis – Rappuoli non è il solo uomo in questa vicenda. Ce ne sono almeno altri due, non sappiamo a che titolo. La mattina del 2 maggio 2013 la Ambrus ha chiamato prima un impiegato dell’ispettorato del lavoro alle 7,31 e poi un connazionale alle 8,37. Solo dopo ha cercato Rappuoli, dicendogli che stava male e di portarla in ospedale”.


Il ricatto: “Dammi mille euro e sparisco”

L’infermiere sfruttato e ricattato, secondo la difesa. “Tra loro non c’è stato alcun accordo, nessuno scambio di messaggi. Tra il 30 aprile e il 2 maggio è solo lei a cercarlo, a tempestarlo di messaggi, lui non ha risposto neanche una volta”.  “Se ci fosse stato un accordo, avrebbe fatto la ricetta a nome della Ambrus o si sarebbe fatto dare lui il farmaco per poi consegnarglielo. Le ha fatto una ricetta inservibile ed è sparito”, ha ribadito il difensore.

Poi il ricatto: ” Dopo avere parlato con la polizia, in ospedale, la Ambrus gli ha mandato un messaggio: ‘Dammi mille euro e me ne vado, è meglio per me e per te’. Rappuoli e stato sfruttato e ricattato dalla Ambrus, non è un concorrente in un’azione premeditata insieme, ma è stato solo funzionale a quello che lei voleva, interrompere la gravidanza”.


“Non è il padre e non avevano una relazione”

Ultimo ma non ultimo: “Rappuoli non è il padre e tra lui e la Ambrus non c’era una relazione sentimentale, erano due estranei che si conoscevano per via del night club. Lei lo ha scelto perchè infermiere e perchè persona debole, su cui poter fare leva, essendo sola e disperata per una gravidanza di cui non poteva parlare con nessuno, perchè avrebbe perso il lavoro”, ha sottolineato De Santis.

“Siamo pienamente soddisfatti per l’assoluzione dall’accusa di occultamento di cadavere e molto fiduciosi nella futura sentenza della corte d’appello. Intanto è un primo passo verso una valutazione critica, sia fattuale che giuridica, su una vicenda che è molto complicata da un punto di vista giuridico e che assolutamente non merita e non può vedere il mio assistito comunque in concorso con la Ambrus. Aspetteremo le motivazioni e ricorreremo in appello”. 

Silvana Cortignani


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