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Boss Rebeshi, bocciato il ricorso contro l’arresto per mafia viterbese

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Ismail Rebeshi

Il boss albanese Ismail Rebeshi


Viterbo – (sil.co.) – Ichnos e Erostrato, droga in Sardegna e mafia nella Tuscia. Corretti i due arresti e i due procedimenti penali diversi per il boss albanese Ismail Rebeshi. Bocciato il ricorso contro la misura di custodia cautelare per i fatti di Viterbo. Adesso lo dice anche la cassazione. Tra le due vicende non c’è “connessione qualificata”.

Rebeshi, in cella dal 26 novembre 2018 per traffico di cocaina (operazione Ichnos), è stato poi raggiunto in carcere, il 25 gennaio 2019, dall’ordinanza di custodia cautelare per gli incendi e le intimidazioni messi a segno nel capoluogo tra il 2017 e il 2018 dai tredici arrestati del presunto sodalizio criminale italo-albanese messo in piedi con Giuseppe Trovato (operazione Erostrato).

Lo scorso 8 giugno, a tre giorni dalla condanna a 12 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso del processo di primo grado, l’avvocato Roberto Afeltra aveva chiesto l’immediata scarcerazione per decorrenza dei termini per via della contestazione a catena con l’arresto di novembre 2018 per Rebeshi.

Ma il 12 giugno, il giorno successivo alla sentenza, il gip Emanuela Attura del tribunale di Roma disse no. Come ha detto no successivamente anche il tribunale del riesame, lo scorso 28 ottobre.

Il 6 aprile, infine, è stata la volta della cassazione, che a sua volta ha bocciato il ricorso contro la misura cautelare del 10 gennaio 2019 sfociata nel blitz del 25 gennaio di due anni fa.

Relatore il magistrato viterbese Donatella Ferranti, l’udienza si è tenuta davanti ai giudici della IV sezione penale presieduta dal giudice Francesco Maria Ciampi.

La difesa di Rebeshi ha invocato la sussistenza del vincolo della continuazione tra i reati oggetto dei due procedimenti, quello per droga in Sardegna e quello per “mafia viterbese” della Dda di Roma, per i quali Rebeshi è stato condannato rispettivamente a 6 anni e 12 anni di reclusione in primo grado.


Roberto Afeltra

L’avvocato Roberto Afeltra


Secondo il difensore Roberto Afeltra doveva essere dichiarata la perdita di efficacia della misura per effetto della retrodatazione dell’ordinanza applicativa alla data di emissione dell’ordinanza precedentemente emessa dal gip del tribunale di Cagliari, il 16 novembre 2018, in quanto i fatti di cui all’ordinanza del 10 gennaio 2019 erano desumibili dagli atti di indagine della procura della repubblica di Cagliari.

Sia il gip Attura che il riesame hanno però ritenuto che non sussistessero i presupposti, trattandosi di fatti assolutamente diversi per titolo di reato – estorsione, danneggiamento associazione a delinquere di stampo mafioso commessi a Viterbo e violazione della legge stupefacenti commessi a Sassari e Olbia – e che non ricorresse l’ipotesi di connessione qualificata con gli atti del procedimento di Cagliari.

Per la difesa ci sarebbe stata violazione di legge, in quanto il tribunale avrebbe omesso di considerare, “come rilevabile dagli atti, in particolare dalla comunicazione di notizia di reato dei carabinieri di Viterbo fatta propria dalla Dda”, che i fatti per i quali indagava Roma erano stati comunicati agli inquirenti di Cagliari.

“Il ricorso è manifestamente infondato – si legge nelle motivazioni della sentenza della suprema corte – anche alla luce del principio fissato recentemente dalle sezioni unite secondo cui, in tema di pluralità di misure cautelari emesse in procedimenti pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, la retrodatazione del termine di durata può riconoscersi esclusivamente qualora, tra fatti oggetto dei due provvedimenti cautelari, sussista una delle ipotesi di connessione qualificata”.

Secondo gli ermellini, non è il caso del boss di mafia viterbese. 

“Risultano contestati al Rebeshi – spiegano – fatti di reato connotati da peculiarità tali da rendere significativamente diversi i fatti oggetto dei due interventi cautelari, in considerazione della diversità degli ambiti territoriali e criminali di riferimento del procedimento penale presso la procura di Roma, cui si riferisce l’ordinanza del gip del 10 gennaio 2019 di cui si chiede la retrodatazione, avente ad oggetto il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e la consumazione di numerosi reati di estorsione aggravata e il procedimento cui si riferisce l’ordinanza del gip di Cagliari, avente ad oggetto la violazione della normativa stupefacente che nulla ha a che vedere con il programma delittuoso associativo mafioso di cui il ricorrente è considerato partecipe“.


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