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Viterbo – Voglio immaginare che l’intervento di Maurizio Rumori sui cartelli che indicano i luoghi di riunione in casi di pericolo sia stata una divertente boutade. Altrimenti, se lamentare che l’uomo è rappresentato più alto della donna, che vi sia un solo bambino, che questi sia palesemente maschio e, soprattutto, che il quadretto rappresenti una famiglia solo eterosessuale e manchino i disabili mi sembrerebbe una forzatura del politicamente corretto che sfiorerebbe il ridicolo.
Sia la storia personale di Rumori che quella del sottoscritto per altri versi fanno propendere per l’idea che ambedue stiamo sorridendo di questi utili ma sinistri cartelli che evocano pericoli a cui senz’altro speriamo di sfuggire in futuro.
Voglio tuttavia far notare che la simbologia di queste forme di comunicazione pubblica risponde, anzi “deve” rispondere, a criteri di immediata riconoscibilità di oggetti “comuni”: certo non nel senso necessariamente di rispondere a degli stereotipi di carattere non inclusivo, ma di riconoscere con immediatezza certe condizioni più “diffuse” nell’imaginario collettivo della collettività.
Basterebbe guardare a come è rappresentata un’automobile nella segnaletica stradale (dove è il suv? e il cabriolet? E poi, quelle forme anni cinquanta…), o l’animale selvatico in libertà (perché un cervide? E allora, il lupo, l’orso, la volpe, la “spinosa”?), o ancora quel lavoratore sulla strada (perché solo uomo, perché con quel fisico asciutto e senza pancetta, e perché con la pala, se stanno solo tagliando la vegetazione?).
Anche la donna rappresentata sulla porta di un bagno pubblico è in realtà uno stereotipo, perché ha i capelli lunghi e, soprattutto, la gonna. E se il capello corto è stato normalizzato già dagli anni ’20 e poi da Twiggy, il pantalone è ormai un capo femminile quasi scontato…
Insomma, al di là di queste considerazioni giocate sul divertissement paradossale, a cui Rumori spero si presterà con un sorriso, è chiaro che la simbologia della comunicazione pubblica d’urgenza è sempre ridotta all’osso e deve essere di immediato accesso ad un comune sentire, anche quando questo non è del tutto inclusivo.
Chiaro quindi il motivo, nel cartello, il riferimento ad un nucleo familiare, rappresentato molto schematicamente.
Per inciso, in tutto il mondo, l’uomo è mediamente più alto della donna; in Italia, ad esempio, la media è 1,78 per l’uomo e 1,65 per la donna. Due valori che per chi ha “una certa” – ahimé – è altamente penalizzante…
Francesco Mattioli
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