Cronaca – È superiore ai 2,2 miliardi di euro il volume degli affari della criminalità organizzata italiana derivante dalle infiltrazioni nell’economia legale del settore turistico. La ricerca è stata condotta da Demoskopika ed è basata su dati e fonti autorevoli che l’Ansa ha visionato in anteprima.
Uno stabilimento
La situazione è aggravata anche dalla crisi economica scaturita dall’emergenza sanitaria in corso. La ricerca stima infatti che siano oltre 4mila 500 le aziende italiane a maggior rischio riciclaggio a causa della crisi di liquidità che la pandemia ha provocato.
Sono sei le regioni italiane che corrono rischi più elevati di infiltrazioni mafiose all’interno propri settori turistici. Si tratta di Lombardia, Lazio, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Le regioni che invece, secondo Demoskopica, corrono minori rischi di infiltrazioni sono Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Marche.
Ancora una volta si conferma la ‘ndrangheta la criminalità organizzata più potente del paese. Se il giro d’affari complessivo ammonta a 2,2 miliardi di euro, il 37 per cento degli introiti (circa 850 milioni) è della ‘ndrangheta. A seguire la camorra con il 33 per cento degli introiti (730 milioni), la mafia con il 20 per cento (440 milioni) e criminalità organizzata pugliese e lucana con il 10 per cento (220 milioni).
Se guardiamo invece al territorio italiano, gran parte dei proventi per la criminalità organizzata viene dal Mezzogiorno, con un giro d’affari di 825 milioni. Poi il centro con 515 milioni, il nord ovest con 490 milioni e il nord est con 370 milioni.
“La crisi del turismo fa gola ai sodalizi criminali che si sono attivati per acquisire imprese o per controllare porzioni significative del comparto”, ha commentato Il presidente di Demoskopika Raffaele Rio.
