Viterbo – Minacce al ristoratore con metodo mafioso, in aula l’avvocato che avrebbe fatto da tramite tra il boss Giuseppe Trovato e la presunta vittima per spingerla a rinunciare a azioni legali contro Manuel Pecci. “Nessuna minaccia da Trovato, era auspicabile far fare pace al ristoratore e Pecci”, ha detto. Tra i testimoni citati dai difensori Carlo Taormina e Fausto Barili anche la madre dell’imputato.
Pecci è il trentenne viterbese titolare con la famiglia di un centro estetico, tra i 13 arrestati nel blitz del 25 gennaio 2019 in quanto avrebbe usufruito dei servizi del presunto sodalizio criminale italo-albanese di stampo mafioso capeggiato dai boss Giuseppe Trovato e Ismail Rebeshi per risolvere il contenzioso sorto a causa di un trattamento estetico mal riuscito. Con l’artigiano Emanuele Erasmi e l’operaio romeno Ionel Pavel è a processo davanti al collegio presieduto dal giudice Gaetano Mautone.
Nel giro di due giorni, l’11 e il 13 dicembre 2017, il ristoratore sarebbe passato, secondo l’accusa in seguito alle minacce riportategli dal suo avvocato, dall’inviare una lettera per i danni a Pecci al chiedere scusa al boss Trovato rinunciando a proseguire nelle sue richieste.
Carlo Taormina, Manuel Pecci e Fausto Barili
L’11 dicembre 2017 presso il salone di bellezza è stata recapitata una lettera del legale con l’invito a sottoporre il ristoratore a una visita dermatologica per verificare se vi fossero danni permanenti in vista di un eventuale risarcimento da parte dell’assicurazione. Giorni prima la presunta parte offesa aveva avuto una animata discussione in negozio coi fratelli Pecci, che gli avevano detto che le macchie sulla pelle dopo il trattamento di epilazione definitiva potevano essere colpa sua perché si era esposto al sole.
All’ora di pranzo del 13 dicembre 2017 Manuel Pecci si sarebbe recato assieme al boss Trovato presso il locale della vittima per un chiarimento. Ma il ristoratore gli avrebbe risposto picche, facendo andare su tutte le furie Trovato che, riaccompagnando l’imputato al centro estetico, gli avrebbe preannunciato ritorsioni in quanto gli era stato mancato di rispetto. “Mi ha detto che voleva picchiare il ristoratore e mandarlo in ospedale, al che mi sono spaventato a morte”, ha detto Pecci durante l’interrogatorio del 7 gennaio scorso.
Giuseppe Trovato
Trovato avrebbe quindi contattato il legale del ristoratore, che quel giorno, fino quasi alle 17, è stato in udienza come viceprocuratore onorario al tribunale di Civitavecchia. “L’ho richiamato io durante la pausa pranzo, verso le 14”, ha detto ieri rispondendo alle domande dell’avvocato Taormina, spiegando di conoscere Trovato in quanto gli aveva seguito una causa andata a buon fine per un risarcimento danni relativi a un’auto dall’assicurazione.
“Inoltre frequentavamo lo stesso bar di piazza della Rocca per l’aperitivo ed eravamo entrambi d’origine calabrese. Era una persona cortese, a volte mi lasciava il caffè pagato. Sapevo anche che aveva dei compro oro, ma tutto il resto l’ho saputo dalle carte dell’inchiesta e mi sono meravigliato, in quanto non avevo avuto sentore che poteva essere coinvolto negli incendi e nelle azioni intimidatorie di cui, prima degli arresti, si leggeva sui giornali”.
“Il ristoratore, riferendomi della discussione avuta con Pecci al centro estetico, mi disse che non avevano trovato un accordo e che dovevo scrivergli una lettera. Una lettera standard, che non preludeva ad alcuna denuncia, ma il cui fine era solo mandare a visita medica il mio assistito per verificare se c’erano gli estremi per un danno permanente, visto che il salone era regolarmente assicurato”, ha sottolineato il legale.
“Dobbiamo fargli fare pace”
“Trovato al telefono è stato vago, ha accennato all’amico comune che aveva avuto problemi con le macchie e poi mi ha detto ‘sono amici da sempre, dobbiamo fargli fare pace’, dicendo che era stato irrispettoso nei suoi confronti durante un tentativo di metter pace. Conoscendo l’indole impulsiva del ristoratore, ho immaginato, ma non ho dato peso alla cosa, non ci ho trovato niente di male nel suo intervento. Aveva visto la lettera e pensava che sarebbe finita in una causa, per cui gli ho spiegato che non era per fare causa”, ha detto l’avvocato, negando di avere subito minacce da riportare al suo assistito.
“Trovato si faceva grande”
“Per me fargli fare pace era una soluzione auspicabile”, ha proseguito il legale, che ha chiamato a sua volta il ristoratore. Il quale gli ha spiegato cosa era successo: “Sono venuti al locale, abbiamo discusso. Pecci mi ha fatto incazzare e io gli ho detto che lo menavo se non se ne andava. Cosa devo fare?”. “Io gli risposi che si stava litigando per qualcosa che non c’era, che si stava esagerando, consigliandogli di aspettare di vedere se le macchie fossero andate via, come poi è successo”, ha detto l’avvocato, negando di avere fatto pressioni, ma solo di avere fatto il suo lavoro.
Fatto sta che la sera stessa, come ha fatto notare la pm Eliana Dolce, in sostituzione ieri del collega Fabrizio Tucci, il ristoratore ha telefonato a Trovato chiedendogli scusa e Trovato si è vantato al telefono con il sodale Spartak Patozi di avergli mandato a dire dall’avvocato che altrimenti avrebbe rischiato grosso. Nella conversazione captata dagli investigatori il boss dice: “Ho parlato col legale del ristoratore. Mi ha detto: ‘Non lo picchiare’. Io gli ho risposto: ‘Fagli capire che gente siamo e che si sappia regolare'”.
“Illazioni, Trovato si faceva grande – ha commentato l’avvocato, che in seguito agli arresti, saputo che il suo nome veniva tirato in ballo, ha chiesto lui di essere interrogato – io so solo che successivamente, forse il venerdì sera, ho incontrato Trovato al bar all’ora dell’aperitivo e in quell’occasione mi ha ridetto che dovevamo farli mettere d’accordo, perché erano amici da sempre, e fargli fare pace. Questo è quello che io ho percepito nelle due occasioni in cui ne abbiamo parlato, nessuna minaccia o altro”.
Tutti conoscevano tutti
Tutti conoscevano tutti, secondo la testimonianza della madre di Manuel Pecci. Il ristoratore era amico d’infanzia del fratello maggiore dell’imputato, e quindi di Manuel stesso, e aveva sempre frequentato casa loro. Trovato era cliente da 8-9 anni del salone e del centro estetico. L’avvocato del ristoratore conosceva Trovato, suo ex cliente e conterraneo, nonché Pecci di vista, frequentando gli stessi locali del centro storico del capoluogo e avendo amici in comune.
“Mio figlio è tornato trasformato”
“Per noi, poco pratici di cose legali, la lettera dell’11 dicembre era già una denuncia. E siccome è arrivata dopo lo spiacevole epidosio della discussione in mezzo al negozio, a fronte dell’amicizia che ci legava da sempre, ci siamo rimasti male. Il 13 dicembre all’ora di pranzo Manuel mi ha detto che sarebbe andato al locale per provare a trovare una soluzione in modo da passare il Natale in pace, ma con Trovato non aveva appuntamento, lui era passato in macchina e sono andati. Manuel è tornato dopo circa tre quarti d’ora”.
“Mio figlio è uscito sorridente ed è tornato col viso trasformato. Era impaurito: ‘Trovato mi ha detto: ‘Adesso lo ammazziamo di botte’. Mamma sono andato con una persona e ho scoperto che era un’altra’. L’atteggiamento, la voce, mi hanno messo paura’. Da quel giorno Trovato è scomparso”, ha spiegato.
“Siamo una famiglia che lavora, io personalmente da 50 anni. Sono orgogliosa dei miei figli e di come hanno portato avanti questo periodo duro. Ma anche di come nessuno in questa piccola città ci abbia voltato le spalle, nonostante questa triste vicenda giudiziaria, a partire dai clienti che mi sento di ringraziare con tutto il cuore per averci permesso con la loro costante presenza di andare avanti”, ha concluso la donna, chiedendo al collegio di poter esprimere il suo pensiero.
Al termine dell’udienza è stato fissato un nuovo calendario: il processo riprenderà non a fine aprile, ma il 21 giugno per sentire i testi della difesa di Erasmi e la discussione del pm. Si tornerà quindi in aula il 25 giugno, poi si vedrà.
Silvana Cortignani