Una delle simulazioni del perito Giuseppe Monfreda (nel riquadro Andrea e Sestina)
Ronciglione – Una tragica fatalità oppure un delitto? Secondo l’accusa, corroborata dalla ricostruzione al laser scanner illustrata in aula dal colonnello Paolo Fratini del Ris, Andrea Landolfi, accusato di omicidio volontario e omissione di soccorso, durante un litigio perché lei voleva lasciarlo, avrebbe sollevato di peso e lanciato Maria Sestina oltre il parapetto delle scale di casa della nonna, in via Papirio Serangeli a Ronciglione, la notte tra il 3 e il 4 febbraio 2019. Femminicidio.
Secondo la difesa, corroborata dalla ricostruzione al laser scanner dell’ingegnere Giuseppe Monfreda, che concorda con la versione dell’imputato, Andrea avrebbe perso l’equilibrio in seguito a una leggera spinta di Sestina, mentre si trovava all’inizio della prima rampa, aggrappandosi al braccio sinistro della vittima e trascinandola con sé lungo la scala fino al rialzo del camino al pianoterra, sotto la secondo rampa.
“Durante la caduta Sestina ha scavalcato Andrea, cadendo supina sulle scale, sbattendo la testa e la parte bassa della schiena sui gradini. Le lesioni sono compatibili con un impatto violento verso una superficie rigida, quale ad esempio il rivestimento dei gradini”, dice Monfreda.
Per il perito di parte, la consulenza del Ris consulenza “è affetta da più errori metodologici, in primis la pg ha utilizzato un modello monodimensionale, che non può tenere conto di azioni di contatto agli arti, né evoluzioni di rotazioni del corpo”. Lui ha utilizzato dei manichini antromorfi.
Gli ambienti ricostruiti dal perito di parte Giuseppe Monfreda
L’appartamento è sviluppato su due piani. Al primo, si trova una zona sala da pranzo-cucina e bagno, al secondo un bagno, una camera da letto e altri vani accessori.
Dal piano primo al piano secondo si accede con una scala in gradini rivestiti in marmo, costituita da due rampe, a 90 gradi, congiunte fra di loro da un giro di gradini a piè d’oca. I gradini (in tutto 14) non sono di larghezza regolare. Gli ultimi gradini terminano su piano rialzato dove è presente il camino. Gli spazi sono molto ridotti, la pedata (ovvero la profondità del gradino) è virtualmente aumentata sfruttando la sporgenza di circa 2 centimetri del rivestimento marmoreo. Negli ultimi 5 gradini a scendere il parapetto è assente.
Alla base della scala, sull’ultimo gradone c’è un camino a focolare aperto. Al momento dei rilievi, e presumibilmente il giorno del tragico evento, sul gradone c’erano una scatola di cartone contenente un’aspiracenere, un vaso in vimini contenente un sacchetto di carbonella e delle piantine.
Nel piano “zero” ovvero quello del soggiorno, adiacente alla rampa di scale c’era una cassapanca leggermente distaccata dal muro. Sul muro perpendicolare alla scala, una mensola con dei ganci sui quali erano appese 4 tazze in ceramica.
Il soffitto della zona sopra il gradone dove è ubicato il camino ha una altezza interpiano pari a 2,55 metri.
Una delle simulazioni al laser scanner del perito Giuseppe Monfreda
Mediante lo scanner laser 3d è stata ricostruita tutta la scena dove si è sviluppato il moto di caduta dei due ragazzi. Preliminarmente alla scansione sono stati posizionati gli arredi così come sono stati rinvenuti il 4 febbraio, al momento in cui l’appartamento è stato posto sotto sequestro.
In particolare sono stati posizionati: la cassapanca in legno, lo stendibiancheria, i quadri, le mensole, e le tazze. “Poiché durante l’evento dinamico nulla di ciò è stato perturbato, i corpi dei due coinvolti dovevano avere una traiettoria libera da impatti con le suppellettili”, ha detto il perito, spiegando la premessa delle varie simulazioni.
Sestina era alta 1,59 metri per 60 chili, Andrea 1,85 metri per 68 chili. Si è quindi temuto conto delle lesioni riportate dalla 26enne: lo sfondamento del cranio in sede occipitale e l’ecchimosi orizzontale nella fascia lombosacrale.
La posizione di partenza descritta da Landolfi nelle spontanee dichiarazioni rilasciate nell’udienza del 29 marzo 2021 è di Sestina sul pianerottolo, lui un gradino più giù con il piede sinistro sul pianerottolo e con il destro sul penultimo gradino.
“L’ipotesi del lancio – dice Monfreda – non è veritiera, né per la conformazione dei luoghi né per le forze da applicare, in quanto non compatibili, sebbene il Landolfi fosse dotato di muscolatura idonea in quanto pugile professionista”.
E ancora: “Nessun essere umano anche se dotato di possenti doti muscolari, avrebbe potuto spingere Sestina verso il parapetto, quindi farla precipitare dal primo piano e farla giungere a terra senza perturbare le suppellettili e gli arredi presenti”.
Il gradino scheggiato e la stoffa dei pantaloni di Sestina sul muro
In occasione dei rilievi, la sezione merceologica dei Ris ebbe modo di accertare che dei segni presenti sul muro erano imputabili allo sfregamento degli indumenti di Sestina, come è possibile vedere nella foto sopra, eseguita dai Ris con i marker applicati prima dell’asportazione del campione di tessuto.
Durante l’accertamento fotografico effettuato dal Roni dei carabinieri di Viterbo, inoltre, gli stessi ebbero modo di fotografare gli scalini, da cui, secondo il consulente degli avvocati Daniele Fabrizi e Serena Gasperini: “Risulta evidente che il terzo gradino (dal piano inferiore) presenta una scheggiatura fresca con la sezione di frattura di colore biancastro”.
“L’unica dinamica dimostrabile coerente con le tracce rinvenute (tracce di tessuto sul muro e danneggiamento del gradino), e assenza di coinvolgimento di arredi e suppellettili è quella che vede cadere dalle scale entrambi i giovani, nella configurazione nella quale Maria Sestina si trovi uno-due gradini sopra ad Andrea Landolfi ed entrambi cadano verso il fondo delle scale. In questa configurazione – conclude Monfreda – Maria Sestina proiettandosi in avanti, supera ovvero scavalca compiendo una rotazione, offrendo la schiena ed il capo verso i gradini, cagionandosi le lesioni descritte in autopsia”.
Una delle simulazioni al laser scanner del perito Giuseppe Monfreda
Il limite del solaio nella ricostruzione dell’accusa.
“Il muro che si trova di fronte al parapetto della scala dove sarebbe stata lanciata la Arcuri – dice Monfreda nella sua relazione – termina ad un’altezza da terra di circa 2,70 metri, collegandosi questo con il soffitto del pianoterra”.
“Nell’ipotesi di moto parabolico – prosegue – la traiettoria del solo centro di massa verrebbe a trovarsi ad una distanza 40 centimetri rispetto all’estradosso del solaio. In tale distanza, qualora considerassimo l’ingombro del corpo di Maria Sestina (seppur in posizione raccolta, peraltro poco verosimile) ci sarebbe una netta interferenza con la parte terminale del corpo (testa o arti inferiori)”.
“Se fosse stata lanciata una palla, sarebbe andata come dice il Ris, peccato che non fosse una palla ma un corpo”, ha sintetizzato al termine dell’esame di tre ore e mezza cui è stato sottoposto nell’udienza di mercoledì l’ingegnere Monfreda, puntando un’ultima volta il dito sul modello monodimensionale utilizzato dal Ris nelle simulazioni col laser scanner.
Silvana Cortignani




